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Il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, durante l'udienza del processo per i fondi della Santa Sede Il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, durante l'udienza del processo per i fondi della Santa Sede

Processo vaticano, scambio di lettere tra il Papa e Becciu su vicende Londra e Marogna

Nella cinquantesima udienza del processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede, il promotore di Giustizia Diddi ha depositato un carteggio tra Francesco e il cardinale, in cui quest’ultimo chiedeva al Pontefice di scagionarlo dalle accuse, ritrattando il suo pronunciamento negativo sull'acquisto dell'immobile di Londra e sull'erogazione di somme alla manager sarda per la liberazione di una suora rapita e confermando di aver autorizzato lui le due operazioni

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

Due lettere del Papa e una del cardinale Angelo Becciu, in cui il porporato chiedeva a Francesco di scagionarlo dall’accusa di averlo “imbrogliato”, dichiarando che era stato lui stesso ad autorizzare l’allora sostituto per le vicende Londra e Marogna, e domandava al Pontefice di ritrattare le sue precedenti affermazioni in cui ribadiva “il pronunciamento negativo” per entrambe le operazioni. È il materiale depositato oggi dal promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, nell’Aula dei Musei vaticani durante la cinquantesima udienza del processo per la gestione dei fondi della Santa Sede. Il carteggio è avvenuto nello stesso periodo della nota telefonata del cardinale al Papa che Becciu ha registrato il 24 luglio, con l’ausilio dell’amica Maria Luisa Zambrano e all’insaputa del Pontefice (nel periodo, tra l’altro, di convalescenza di Francesco dopo l’operazione al colon).

Le parole del promotore Diddi 

La documentazione è emersa dal telefonino sequestrato alla Zambrano nell’ambito delle indagini della Guardia di Finanza di Sassari. Nella stessa inchiesta, trasmessa su rogatoria, si faceva “allusione a questa corrispondenza ma senza trovarla”, ha detto Diddi. “Ho chiesto alla difesa di Becciu se erano intenzionati a produrla, ma si sono sempre giustamente riservati di depositarla. Mi sono mosso io con la Sovrana Autorità”, ha aggiunto il promotore, rendendo noto di aver ricevuto dal Papa a inizio mese la copia delle lettere e l’autorizzazione a metterle a disposizione. Nonostante l'opposizione di alcune difese, il carteggio è stato ammesso agli atti dal Tribunale vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone.

Una immagine dell'udienza
Una immagine dell'udienza

La prima lettera a firma del Papa

Il contenuto è stato letto integralmente e proiettato sul muro dell’aula. La prima lettera è firmata dal Papa e reca la data 21 luglio 2021. Si tratta di una risposta ad uno scritto del 20 luglio di Becciu, in cui il cardinale, in vista del processo che sarebbe iniziato pochi giorni dopo, il 27, chiedeva al Papa di confermare che lui stesso aveva avallato l’operazione di compravendita dell’immobile di Sloane Avenue, su proposta dell’onorevole Giancarlo Innocenti Botti. Contestualmente Becciu domandava al Papa la conferma del segreto pontificio sulla ‘vicenda Marogna’, la manager sarda che si era proposta come intermediaria per la liberazione di una suora colombiana rapita dai jihadisti in Mali. Operazione per la quale la donna avrebbe percepito somme dalla Santa Sede, spese poi in beni di lusso.

"Pronunciamento negativo" su Londra

“La sua lettera mi ha sorpreso”, scrive il Papa, affermando di non voler entrare “nelle finalità sottese alle sue affermazioni ed alle sue conseguenti ‘strategie’ processuali”. “In spirito di verità” il Pontefice chiarisce anzitutto che già da quando Becciu gli presentò l’ipotesi di acquisto dell’immobile di Londra “tale proposta mi parve subito strana per i contenuti, le forme ed i tempi scelti; al punto che, non disponendo di altri elementi di valutazione, suggerii che si procedesse ad una previa consultazione del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e di padre Juan Antonio Guerrero Alves, prefetto della SPE, per gli approfondimenti di rispettiva competenza. Occorreva, infatti, chiarire i contenuti e le prospettive di tale operazione”. L’“originaria perplessità”, scrive Francesco, si rafforzò ulteriormente “quando compresi che l’iniziativa in questione era, tra l'altro, indirizzata ad interferire, con effetti ostativi, con le indagini dell'Ufficio del Promotore di Giustizia”. Da qui il pronunciamento “in senso negativo”.

L'intervento degli avvocati della difesa
L'intervento degli avvocati della difesa

La conferma del segreto su Marogna

Sulla conferma del segreto pontificio in relazione alla “vicenda del Mali ed a quella della Slovenia”, dove era registrata la società di cooperazione internazionale di Marogna, il Papa rileva due “differenze di fattispecie”: “La prima concerne attività istituzionali svolte da persone competenti e di indubbia professionalità nell’ambito dei rispettivi ruoli; la seconda, come Lei sa bene, caratterizzata da estemporanei ed incauti affidamenti di risorse finanziarie distratte dalle finalità tipiche e destinate, secondo le tesi accusatorie, a soddisfare personali inclinazioni voluttuarie”. “Comprenderà bene come non sia possibile l’apposizione di alcun segreto pontificio”, scrive il Papa a Becciu. “Rimetto a Lei la valutazione di quale prospettazione vada oggettivamente a beneficio della Santa Sede”.  

Due allegati 

Il cardinale risponde il 24 luglio, ringraziando il Papa “per la telefonata di stasera”, quella registrata: “L’ho sentita come un vero Padre disposto ad ascoltare la pena di un figlio”. Riepilogando le accuse a suo carico, il cardinale scrive: “Dovrei citarla come testimone nel processo, ma non mi permetterei di farlo”. Tuttavia dice di aver bisogno di due dichiarazioni del Papa “che confermino come siano avvenuti i fatti”.

Si tratta di due allegati in cui il porporato cerca dal Papa la conferma che era stato lui a dare il placet per “procedere per la liberazione di suor Gloria Narvàez Argoti” e che autorizzò l’allora sostituto “a recarsi a Londra per contattare un’agenzia specializzata in intermediazione”. Becciu chiedeva pure che il Papa confermasse “di aver approvato la somma necessaria per pagare gli intermediari e quella fissata per il riscatto”. Quanto a Londra, Becciu si appellava al Pontefice perché affermasse che aveva ritenuto “la proposta interessante”.

In sostanza Becciu domanda al Papa di annullare quanto affermato nella lettera del 21 luglio, apponendo sul testo una nota: “Prego non tener conto di questa lettera che ritengo nulla”, con firma e data, così da poterla esibire in tribunale. Circa la liberazione della suora, Becciu afferma di sentirsi “legato al Segreto di Stato per ragioni di sicurezza internazionale” e scrive al Papa: “Mi dica Lei però se devo ritenerlo tale o se mi scioglie da esso e mi rende libero di rispondere a qualsiasi domanda che mi verrà fatta in Tribunale”. Com’è noto, Francesco ha poi dispensato il cardinale dal segreto così da permettergli di testimoniare il 7 aprile dell’anno scorso.

Il comandante della Gendarmeria, Gianluca Gauzzi Broccoletti, durante l'esame
Il comandante della Gendarmeria, Gianluca Gauzzi Broccoletti, durante l'esame

La seconda lettera del Papa

Ma non finisce qua. La terza lettera depositata da Diddi è ancora a firma del Papa e datata 26 luglio 2021. Il Papa fa intuire che non avrebbe voluto scriverla pensando di aver già chiarito la sua “posizione negativa” sulle dichiarazioni che Becciu “intende farmi sottoscrivere”: “Evidentemente e sorprendentemente, sono stato da Lei frainteso”, afferma. Il Pontefice ribadisce che sull’opposizione del vincolo di segretezza, “l’affidamento di denaro ad un intermediatore, per gli aspetti opachi emersi secondo la tesi accusatoria, non può essere coperto da Segreto di Stato per ragioni di sicurezza, né suscettibile di apposizione del segreto pontificio”. “Mi duole comunicarle – aggiunge - di non poter dar seguito alla Sua richiesta di dichiarare formalmente ‘nulla’ e quindi di ‘non tener conto’ della lettera che le avevo scritto”.

Il comandante della Gendarmeria testimonia in aula

A conclusione dell’udienza, sono stati ascoltati come testimoni il gestore finanziario Antonio Mauceri, il comandante della Gendarmeria vaticana Gianluca Gauzzi Broccoletti e il commissario Stefano De Santis che ha completato il controesame. Gauzzi, in particolare, ha confermato la “visita” di lui e De Santis a casa del cardinale Becciu, il 3 ottobre 2020, quando diventava “intensa” la campagna mediatica contro il porporato. Con Becciu parlarono per circa “un’ora e mezzo” in particolare dell’accusa di aver finanziato testimoni in Australia del processo per abusi su minori a danno del defunto cardinale George Pell. Ma mentre su questa e altre vicende, Becciu si mostrava “distaccato”, ha affermato il comandante, quando invece gli parlarono di alcune “carte dalla Slovenia” che dimostravano il diverso utilizzo dei soldi da parte della Marogna, “il cardinale si piegò sulle ginocchia e mettendosi le mani sul viso, disse: ‘Se esce questa cosa, sarà un grave danno per me e per i miei familiari”. In altre due circostanze, sempre sul caso Marogna, Becciu “disse che qualora questa cosa fosse stata pubblicata ‘mi avrebbero ucciso’”, ha detto Gauzzi, sottolineando che il cardinale aveva tuttavia “espresso la volontà di rifondere la somma utilizzata da Cecilia Marogna con una sua dazione volontaria su un conto corrente Ior”. Il comandante ha assicurato inoltre che mai disse a Becciu di tenere segreto l’incontro.

Dichiarazione spontanea di Becciu

In una dichiarazione spontanea, il cardinale, dicendosi “amareggiato” dalle parole di Gauzzi, ha affermato che proprio il capo della Gendarmeria gli ripeté di mantenere riservato l’incontro: “Mi disse anche che il truffato ero io e non era giusto che mi facessi carico di pagare spese personali fatte da Marogna. Non è vero che mi sono scaldato solo per la questione Marogna. Certamente mi sono mostrato preoccupato perché era un segreto che dovevamo mantenere”. Queste nuove dichiarazioni, ha concluso il cardinale, sono “una nuova ferita che si aggiunge”.

Il commissario De Santis testimonia in aula
Il commissario De Santis testimonia in aula

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09 marzo 2023, 19:29