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Studenti nella provincia di Aleppo, a nord della Siria Studenti nella provincia di Aleppo, a nord della Siria  

Caritas internationalis: revocare le sanzioni unilaterali per la Siria

Il Segretario generale Aloysius John, tra i partecipanti alla riunione online del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale su Iraq e Siria, illustra alcuni progetti con cui l'organismo è impegnato nella regione mediorientale dove si sommano diverse problematiche: guerra, crisi economica, pandemia

Delphine Allaire e Antonella Palermo

Una cinquantina di organismi di carità cattolici, rappresentanti degli episcopati locali e delle Istituzioni ecclesiali e Congregazioni religiose che operano nei due Paesi mediorientali e in quelli limitrofi, oltre ai nunzi apostolici dell’area, partecipano alla riunione che si tiene oggi alle 16 in modalità online. I lavori saranno aperti da un videomessaggio del Papa. Tra gli interventi dei portavoce delle agenzie cattoliche, ci sarà quello del dottor Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis: 

Ascolta il servizio

Aloysius John spiega le ragioni del confronto odierno:

R. - Lo scopo principale di questo incontro è quello di far conoscere l’azione portata avanti in Siria e in Iraq, testimoniare la sofferenza di queste popolazioni alla vigilia del Natale e dire ciò che la Chiesa e in particolare la Caritas stanno facendo per venire incontro alle necessità della popolazione. Ad esempio, in Siria a causa della guerra e con l’inverno alle porte, scarseggiano già i beni primari, come il cibo, i servizi igienici e l’acqua potabile. In Iraq è la stessa cosa. Sono state messe in campo delle azioni a lungo termine che consistono nella messa in opera di programmi di sviluppo per aiutare la popolazione a vivere dignitosamente. Per esempio ad Aleppo circa 12 membri della Caritas hanno unito le loro forze per mettere in atto un progetto di tre anni e, attraverso uno stanziamento di 4 milioni di euro, stanno aiutando la popolazione prima di tutto fornendo i servizi necessari, poi progressivamente coinvolgeranno la popolazione in attività economiche che le permetteranno di avere delle piccole risorse. Queste azioni, a lungo termine, sono già in atto in Siria, mentre in Iraq il problema non è risolto perché la situazione dei poveri è sempre la stessa ed è per questo motivo che abbiamo messo insieme questi due Paesi

La situazione è allarmante in Siria e in Iraq da diversi anni. Le testimonianze sul posto parlano di un degrado costante. È questo ciò che state riscontrando in questo momento?

R. – La Siria oggi deve confrontarsi su tre dimensioni: in primo luogo c’è la guerra e la violenza che vanno avanti e la popolazione che vive nella paura. Molte persone sono fuggite. Poi c’è il problema economico causato dall’embargo che è stato imposto da fuori, che impedisce alla popolazione di trovare addirittura i mezzi per vivere, perché i salari in questo momento sono veramente irrisori. Non ci sono più soldi, non c’è più liquidità. Infine, ci sono tutte le difficoltà legate al Covid-19, perché la popolazione è particolarmente esposta a causa delle condizioni in cui vive.

Possiamo fare un bilancio delle azioni umanitarie che fino ad oggi sono state portate avanti dagli organismi cattolici presenti sul posto? Riscontrate difficoltà tali in questo campo da dover chiedere un coordinamento di tutti gli organismi cattolici?

R. - Per quanto riguarda la Caritas, posso dire che c’è un buon coordinamento a livello di membri. Ad esempio in Siria ci sono 22 membri che contribuiscono in questo senso. Altri 7 membri sono in Libano e monitorano da vicino la situazione. Poi ci sono altri organismi: l’Oeuvre d’Orient e altre organizzazioni. La Chiesa coordina le risorse della Caritas e quelle delle altre organizzazioni. Incontriamo delle difficoltà, come le sanzioni, è un’enorme problema che ci impedisce di aiutare la popolazione, perché è difficile portare del denaro all’interno o comprare dei beni. Vogliamo chiedere di far cadere immediatamente queste sanzioni unilaterali per alleviare le sofferenze della popolazione. Penso che sia arrivato il momento di farci sentire.

La Santa Sede ha sempre avuto un’attenzione particolare verso il Medio Oriente. Perché questa assistenza è più che mai cruciale?

R. - Perchè il Medio Oriente è la culla dei cristiani e, dopo tutto quello che sta accadendo, i cristiani stanno andando via. Ma la nostra attenzione, il nostro aiuto, non è solo per i cristiani: guidati dalla compassione per ogni persona, i cristiani mostrano che la Chiesa ha un ruolo importante proprio attraverso quello che fanno per tutti. La Chiesa è presente in modo capillare e attraverso le parrocchie è molto vicina alla popolazione. 

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10 dicembre 2020, 08:00