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RD Congo. I grandi interessi che destabilizzano il Nord Kivu

Intervista di Vatican News a padre Gaspare Di Vincenzo, missionario comboniano a Butembo, nella parte orientale dell’ex Zaire. La popolazione, dice, vive in una condizione di insicurezza, di confusione, di disagio: in tale situazione, c’è chi riesce a sfruttare più facilmente le ricchezze minerarie locali

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Una preghiera per la pace “gravemente minacciata” nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove “divampano” i conflitti, “alimentati anche da fuori, nel silenzio complice di tanti”, instabilità portate avanti anche “da coloro che si arricchiscono vendendo le armi”. Sono passati più di sei mesi dalle parole di Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata nel dicembre scorso in San Pietro per la comunità cattolica congolese a Roma e in Italia, e la situazione nell’est dell’ex Zaire non è cambiata. L’Onu ha denunciato come negli ultimi otto mesi, circa 1.300 civili siano stati uccisi nei combattimenti in corso in tutto il Paese africano: l'Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha parlato di violenze equiparabili a crimini contro l'umanità e di guerra.

La denuncia di Onu e Msf

Medici Senza Frontiere ha registrato, riferisce in una nota, una “nuova impennata” di violenze negli ultimi due mesi, che ha costretto più di 200.000 persone a fuggire dalle proprie case nella provincia dell'Ituri: oggi, calcola Msf, la Repubblica Democratica del Congo è il secondo Paese al mondo dopo la Siria per sfollati interni. Le Nazioni Unite hanno inoltre sottolineato come negli ultimi mesi le operazioni militari e gli attacchi di rappresaglia contro i civili da parte dei gruppi armati abbiano sfollato oltre 500 mila persone tra Nord e Sud Kivu: 400.000 civili solo nel Nord Kivu, dove proseguono le violenze. A Vatican News lo testimonia padre Gaspare Di Vincenzo, missionario comboniano a Butembo, a 50 km a sud di Beni, dove si registrano le maggiori tensioni.

L'intervista a padre Di Vincenzo

R. - Gli scontri continuano e la popolazione innocente è vittima di queste violenze. Ci sono circa 200 gruppi armati che si affrontano qui nel Nord Kivu e la gente ne soffre, viene uccisa o deve scappare dalle proprie terre e rifugiarsi in città, soprattutto a Butembo.

Perché questi gruppi armati attaccano la popolazione civile?

R. - Da quello che riusciamo a capire, questi gruppi armati sono sostenuti da grandi multinazionali per mantenere una situazione di incertezza, di confusione, di disagio, perché in tali condizioni si possono sfruttare tutte le ricchezze minerarie della regione. 

È chiaro che si mantiene l’insicurezza per mantenere le posizioni. Le multinazionali si servono dei Paesi vicini per destabilizzare qui la situazione, per realizzare un progetto ormai di lunga data di ‘balcanizzazione’ di tutta la regione del Nord e del Sud Kivu e dell’Ituri.

Quali sono le condizioni di vita della popolazione?

R. - La popolazione vive male, perché vive in un disagio totale ormai, specialmente nel territorio di Beni. Le derrate alimentari scarseggiano e i prezzi sono lievitati perché le terre che si coltivavano per la sopravvivenza sono state abbandonate.

Le autorità locali come stanno reagendo a questa nuova ondata di violenza in un territorio appunto già instabile?

R. - L’unico provvedimento è stato quello della rimozione del sindaco di Beni da parte del governatore del Nord Kivu.

Lei ha nominato la provincia dell’Ituri. Lì l'Unicef denuncia stupri, uccisioni, mutilazioni, anche sui bambini. Ne avete avuto notizia? Si sono verificati fatti così gravi anche nel Nord Kivu?

R. - Gli stessi fatti si verificano anche nel Nord Kivu. Il vescovo di Bunia, in Ituri, ha denunciato queste cose: monsignor Dieudonné Uringi ha denunciato che è sempre in atto il progetto di ‘balcanizzazione’, come lo è la destabilizzazione, con questi che sono a tutti gli effetti crimini di guerra, di genocidio.

Papa Francesco ha più volte pregato per una pace che è “gravemente minacciata” nell’est del Congo Kinshasa, parlando di conflitti alimentati pure da coloro che si “arricchiscono vendendo armi”, di instabilità portate avanti “anche da fuori, nel silenzio complice di tanti”…

R. - È vero quello che ha detto il Pontefice perché il commercio delle armi porta molti benefici alle grandi potenze, mantenendo il caos in queste terre.

Quali sono le ricchezze naturali della vostra zona?

R. - L’oro, il cobalto, il nichel, i diamanti e il coltan, che è essenziale specialmente per la produzione di smartphone e telefoni e che è molto richiesto e ambito: qui c’è l’80% della produzione mondiale.

Come unirsi alla preghiera di pace del Papa per la Repubblica Democratica del Congo?

R. - La nostra preghiera è affinché si fermino i progetti delle grandi potenze, lasciando tranquillo tutto il Congo.

Com’è impegnata la Chiesa locale per fermare le violenze e fornire un aiuto anche alla popolazione, in questo momento in cui tra l’altro è in corso l’11.ma epidemia di ebola e prosegue l’emergenza coronavirus?

R. - La Chiesa è impegnata da un lato nella denuncia, perché è l’unica a farlo con i vescovi e noi missionari. Dall’altro è l'unica che qui a Butembo accoglie chi scappa da Beni, che è l’epicentro delle violenze perché è lì che si trovano le maggiori ricchezze minerarie. Abbiamo accolto 500 famiglie e distribuiamo alimenti per questa popolazione. C’è da dire che il coronavirus ha generato una situazione insostenibile, con le chiese e tutti i luoghi di culto chiusi: le parrocchie che provvedevano alla raccolta alimentare per aiutare chi è nel bisogno adesso non riescono a farlo. Ora, grazie a degli aiuti che stiamo ricevendo da benefattori in Italia, compriamo riso e fagioli e li distribuiamo a questa gente, che tra l’altro è accolta da famiglie di Butembo.

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Distribuzione di riso e fagioli agli sfollati riparati a Butembo
12 giugno 2020, 08:50