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Coronavirus: Fase 2, in Liguria ripartono i cantieri edili Coronavirus: Fase 2, in Liguria ripartono i cantieri edili 

Primo maggio: sfida mondiale per sostenere il lavoro travolto dal Covid19

Festa del lavoro funestata dalla pandemia. Le indicazioni della Chiesa, dei Sindacati e dell’Organizzazione internazionale del lavoro per un ripresa economica sostenibile. Intervista all’ economista Leonardo Becchetti: puntare allo smart working e a scelte consapevoli dei consumatori, che premino le aziende migliori

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Una Festa del lavoro, quest’anno, funestata dalla pandemia del Covid19 e orientata alla riflessione sul lavoro sostenibile e in sicurezza. “Una sfida mondiale che richiede una risposta globale” dichiarano l’Organizzazione internazionale dei datori di lavoro (Ioe) e la Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc). “Dobbiamo agire ora in modo rapido e responsabile”, sollecitano in una nota congiunta, perché “milioni di aziende rischiano di essere costrette a chiudere le attività”.

Soluzioni innovative per favorire la resilienza

“Dobbiamo trovare – scrivono – soluzioni innovative per le masse di lavoratori e per le imprese che saranno colpite, attraverso la resilienza del mercato del lavoro, il supporto e l’adattamento, per limitare la ricaduta della disoccupazione e la perdita di reddito a causa del Covid19”, come documentano tutti gli indici economici ad oltre tre mesi dall’epidemia, in breve divenuta pandemia. Secondo le ultime previsioni dell’Onu quasi la metà della forza lavoro globale rischia di perdere mezzi di sussistenza.

Economia globale guardi all’economia reale

 I rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori ricordano che l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono il riferimento centrale “per la gestione di questa pandemia e per l'individuazione di soluzioni sostenibili a breve, medio e lungo termine, per individui, comunità, nazioni e regioni”. Per questo chiedono che il Fondo monetario internazionale (Fmi), l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse), il G7, il G20, la Banca Mondiale e le Banche per lo sviluppo regionale sostengano “misure mirate, efficienti e a prova d’impatto” per le economie che hanno bisogno di affrontare le conseguenze della pandemia sulla salute, l’economia, l’occupazione. Servono quindi interventi in tutti gli ambiti lavorativi - sottolineano Ioe e Ituc - inclusi quelli dei lavoratori autonomi, occasionali e non contrattualizzati e per tutte le imprese, specie le piccole e medie. “L’economia globale ha bisogno di politiche urgenti che raggiungano l’economia reale”.  Una speranza piena di incognite.

I sindacati italiani chiedono lavoro in sicurezza

In Italia, tra i primi Paesi e i più colpiti dalla pandemia, i sindacati Cgil, Cisl e Uil - promotori del tradizionale concerto del primo maggio in piazza San Giovanni a Roma, trasformato in un grande evento digitale - hanno scelto quest’anno, vista l’incertezza generale sulla ripresa delle attività, il tema del “Lavoro in sicurezza per costruire il futuro”, su cui si è aperto un aspro dibattito nel Paese, tra forze politiche, mondo dell’impresa e lavoratori.

La Chiesa: serve dignità, parità e sostenibilità 

E, grande “preoccupazione nel cuore” esprimono anche i vescovi italiani in un messaggio per la Festa del lavoro, intitolato “Il lavoro in un’economia sostenibile”, quando “l’emergenza seguita alla diffusione del Covid19 – scrivono – ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà di fragilità”. Emergenza che “ci ha fatto comprendere quanto è importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità”, per “ridare forza e dignità al lavoro”, curando anzitutto la ferita dei “profondi divari territoriali”, perché “non esiste una sola Italia del lavoro, ma ‘diverse Italie’, con regioni e zone vicine alla piena occupazione – dove il problema diventa spesso quello di umanizzare il lavoro vivendo il riposo della festa – e regioni dove il lavoro manca e costringe molti a migrare”.

Un virus - sconosciuto, inaspettato, per ora incurabile - il Covid19, che sta suscitando paura e disorientamento tra persone di ogni età, ceto e ruolo sociale nel mondo intero. Come reagire? Lo abbiamo chiesto all’economista Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Tor Vergata a Roma.

Ascolta l'intervista a Leonardo Becchetti

R. – Dobbiamo innanzitutto costruire delle società più resilienti: il Covid è stato un grandissimo campanello d’allarme. Dobbiamo creare valori più sostenibili: quindi, quando noi creiamo valore dobbiamo stare attenti all’aspetto dell’ambiente, della salute e della dignità del lavoro. Sono tutte cose fattibili, sono cose possibili, per esempio aumentando la digitalizzazione e la dematerializzazione dell’economia, riducendo l’esposizione ai rischi ambientali – ricordiamoci che l’inquinamento uccide in Italia 219 persone al giorno - secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità - anche senza il Covid19. Quindi dobbiamo costruire un’economia diversa, fondata sulla circolarità e sulla sostenibilità e fondata su una maggiore dignità del lavoro. Tutto questo non possiamo aspettarcelo dalla task force o solamente da un leader illuminato, ma dobbiamo costruirlo tutti insieme: proprio come si esce tutti insieme dalla crisi del coronavirus, quindi anche con i nostri sforzi di distanziamento sociale, così solo tutti insieme possiamo costruire un mondo diverso. Fondamentale, il ruolo degli stili di vita e del voto col portafoglio dei cittadini, che consumano e possono fare scelte e premiare le imprese migliori.

In questa drammatica emergenza, la riscoperta, quasi il rilancio del telelavoro, detto anche smart working o ‘lavoro agile’. Bisognerà farne tesoro anche nel dopo-Covid-19? Perché finora, a dire il vero, il mondo delle imprese, ma anche del terziario, ha fatto una grande resistenza, come se lavorare da casa equivalesse in qualche modo a lavorare meno e a rendere meno. E’ così?

R. – Assolutamente no. Bisogna solo riorganizzare il mondo di lavorare, ma gli studi dimostrano che lo smart working aumenta la produttività del lavoro, se gestito bene; lo smart working riduce i rischi di salute e ci rende ambientalmente più sostenibili, e infine ci rende anche più ricchi di tempo, perché la capacità di conciliare vita di lavoro e relazioni – lo stiamo sperimentando in questi giorni – è molto, molto maggiore. Io credo che dovrà essere visto veramente come qualcosa dei tempi primitivi, l’idea che il lunedì mattina tutte le persone che vivono in una città si alzino, prendano l’automobile e vadano al lavoro. E’ una cosa che non deve più accadere. Avremo orari sfalzati, orari differenziati ma dovremo avere la possibilità tutti di avere un numero congruo di giorni in cui si può lavorare da casa, conciliando vita di lavoro e affetti.

In un quadro di globalità, come si comporterà il mondo della finanza davanti alla crisi economica inedita che viviamo e che ci aspetta anche in futuro? Qui l’elemento umano ha preso il sopravvento rispetto alle transazioni virtuali, agli indici di Borsa?

R. – La finanza in questo momento già sa, già ha incorporato i rischi delle società future e quindi premia, sceglie - a parità di altre questioni - aziende che sono meno esposte a questi rischi, quindi che sono già più proiettate sul digitale, che sono già nell’economia nuova sostenibile. Quindi, la finanza sta giocando un ruolo rilevante in questo momento, ed è importante che sia affiancata in questa azione – lo ripeto – dai comportamenti dei cittadini. Il cambiamento dipende anche da noi: se noi con le nostre scelte premiamo tutte quelle aziende che sono più sostenibili, quindi che sanno coniugare la qualità dei prodotti con la dignità del lavoro e la tutela dell’ambiente, il mondo domani sarà già cambiato. Quindi, fondamentale è il ruolo del mercato, il ruolo della domanda, il ruolo dei consumatori.

In qualche modo, di positivo in questa situazione c’è che la persona torna al centro….

R. – La persona deve tornare al centro. La cosa importante che abbiamo fatto in questi giorni è capire che dovevamo fermarci per aiutare la parte più fragile della nostra popolazione per evitare il rischio che gli ospedali si intasassero. Quindi tutta questa nuova fase ci porta ad un grande ripensamento del nostro sistema sociale, del nostro modello di sviluppo. Quindi io credo che questo ci dovrebbe aiutare a ripartire, costruendo un sistema diverso.

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01 maggio 2020, 08:00