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Camerun: missionario, viviamo con la paura di un attacco di Boko Haram a settimana

Rientrata almeno temporaneamente l’emergenza dei profughi costretti a scappare dalla Nigeria, nell’Estremo Nord del Camerun continuano gli sconfinamenti dei Boko Haram. I miliziani colpiscono civili, militari e centri sanitari. Intervista di Vatican News al missionario fratel Fabio Mussi, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua

Giada Aquilino - Città del Vaticano

“Un attacco a settimana, con una strategia studiata”. Così fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, nell’Estremo Nord del Camerun, descrive le ultime azioni degli estremisti islamici di Boko Haram, che sconfinano dalla Nigeria fino a località camerunesi come Fotokol o Blangoua. A partire dal 2009, con le loro violenze hanno provocato quasi 30 mila morti. “La situazione attuale è molto cambiata da un mese a questa parte”, racconta il missionario. “I profughi arrivati nel mese di febbraio, 40 mila persone, perlopiù a Goura, sono rientrati in Nigeria o si sono suddivisi in piccoli gruppi nei vari villaggi; ma, rispetto all’emergenza precedente, si sono create altre situazioni critiche, perché i Boko Haram hanno cominciato ad agire in modo molto più violento e quasi regolare” nelle zone di confine (Ascolta l'intervista a fratel Fabio Mussi).

Attacchi contro civili, militari e centri sanitari

I miliziani, racconta fratel Mussi, “agiscono in due modi”. Con blitz mirati in piccoli villaggi oppure “com’è avvenuto qualche settimana fa a Darak, l’isola più importante sul Lago Ciad, attaccano in massa villaggi e basi militari: in quell’occasione sono entrati in azione in 200, di notte, prendendo di sorpresa l’esercito e la popolazione, compiendo razzie e uccidendo una cinquantina di persone tra militari e civili. Loro rubano, oltre ad alimenti e mercanzie, anche armi e divise militari”. 

Nel mirino, quindi, una popolazione già stremata e le forze di sicurezza: attaccano perché “non hanno più risorse per mangiare e in alcuni casi compiono azioni contro i centri sanitari e portano via le medicine, perché ne hanno bisogno; ci sono stati anche episodi di sequestri di medici o infermieri, prelevati con la forza per curare qualche miliziano e poi, fortunatamente, rilasciati”. La situazione, spera il coordinatore della Caritas locale, potrebbe migliorare nelle prossime settimane: “essendo iniziata la stagione delle piogge, le strade sono meno praticabili e gli spostamenti più difficili” anche per gli estremisti. Ma rimane la preoccupazione per un altro fronte di destabilizzazione. Da oltre un anno il Camerun cerca di superare la crisi nelle zone anglofone del Nord Ovest e del Sud Ovest, dove violente spinte indipendentiste hanno già causato 1.850 morti.

Vaccinazioni, progetti agricoli e scuole

In questo quadro, procede l’impegno della Caritas. Terminata l’ampia campagna di vaccinazioni contro la meningite che, da 35 mila dosi iniziali, ha raggiunto quasi 55 mila persone, per il 70% bambini e ragazzi sotto i 15 anni, ora la Caritas di Yagoua si concentra su altri progetti, grazie anche al sostegno della Fondazione Pime di Milano. “In collaborazione con le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali - racconta il coordinatore - lavoriamo per far ripartire la struttura produttiva agricola e commerciale della zona con dei sostegni puntuali, assistendo circa 6.000 persone: per esempio, fornendo sementi, attrezzi agricoli, aiuti per le attività agricole o commerciali, per rilanciare l’economia e dare più serenità alle popolazioni”. Al contempo è cominciata la prima fase di “realizzazione di circa 30 aule scolastiche, perché abbiamo avuto un numero elevato di richieste d’iscrizione nelle nostre scuole cattoliche della diocesi di Yagoua”. “Da 8.000 bambini delle elementari, siamo arrivati a 9.500 e in più - aggiunge - stiamo cercando di aprire un nuovo istituto di scuole superiori qui a Yagoua”, puntando a dare “un’occupazione e nuovi scopi ai bambini e ai ragazzi” di tutta la diocesi.

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05 luglio 2019, 14:37