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Carcere (immagine di archivio) Carcere (immagine di archivio)

Pasqua in carcere, don Palmese: stare con i detenuti è annunciare il Vangelo

Il sacerdote, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Napoli, non ha dubbi: la gioia del Signore Risorto in carcere si comunica stando accanto ai detenuti, senza abbandonarli. Molte le iniziative negli istituti di pena per far sentire meno la lontananza dagli affetti

Roberta Barbi – Città del Vaticano

L’annuncio gioioso della Risurrezione è un gesto legato all’esserci per qualcuno, non la vuota parola che recita “non preoccuparti, ce la faremo”. Don Tonino Palmese, noto prete anticamorra e da un po’ di tempo anche Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Napoli, non ha avuto dubbi su come preparare i detenuti a questa Pasqua: “Metterli in contatto con la realtà di Dio e degli uomini, che naturalmente non sono due dimensioni separate - spiega a Vatican News - e quindi mentre ci si confronta con la Parola, si partecipa alle celebrazioni anche con il canto, si fanno incontri, ad esempio con le vittime di reato e i loro familiari. In questo incontro tra vittime e colpevoli, entrambi capiscono il vero significato del sepolcro vuoto”.

Ascolta l'intervista con don Tonino Palmese:

La luce del Signore illumina il buio delle celle

I suicidi in carcere sono purtroppo un tema di attualità: non molti giorni fa proprio nella città di don Tonino, Napoli, si è svolto un presidio di sensibilizzazione su questo tema cui ha partecipato anche la Pastorale carceraria dell’Arcidiocesi, proprio nel periodo che precede la Pasqua, che ci ricorda la vittoria del Signore sulla morte terrena: “Si può provare a invertire la tendenza iniziando a fare due cose - afferma il Garante - innanzitutto incontrando il mondo dei detenuti: visitare i carcerati non è solo un’opera di misericordia relegata al pio esercizio, ma un’occasione per salvarsi insieme”. L’altra proposta è aprire di più agli istituti della messa alla prova e dell’affidamento: “In questo modo i detenuti possono espiare la loro colpa mostrando ciò che sanno fare. Essere rinchiuso a fare nulla oltre a essere anticostituzionale, è anche antievangelico!”.

Don Tonino Palmese (foto d'archivio)
Don Tonino Palmese (foto d'archivio)

La gioia della festa e la lontananza dagli affetti

Ogni momento di festa in carcere diventa motivo di sofferenza e a bruciare più che mai sono la lontananza dai familiari e la solitudine: “A Napoli da qualche anno, durante la Settimana Santa e la Pasqua, molti istituti si aprono all’esterno e offrono momenti per stare insieme - racconta don Tonino - magari non ci si ritrova attorno a un tavolo con la propria famiglia, ma con il cappellano, il garante, i volontari, qualche magistrato… E sono occasioni utili che non servono a far dimenticare la propria casa, ma aiutano a pensarci non con rabbia, bensì con nostalgia”. Stare accanto, esserci, dunque, è il modo che don Tonino Palmese individua per annunciare a chi è dentro la Pasqua di Risurrezione: “La presenza è quella che spesso fa nascere un sorriso e dove c’è un sorriso c’è la speranza, la speranza di vivere in un mondo che possa accettarli, abitato da fratelli, fratelli tutti”.

La memoria: carezza ma anche pugno

La Santa Pasqua quest’anno è giunta al termine di un mese molto intenso, in cui si è celebrato anche il trentennale dall’uccisione di don Peppe Diana da parte della camorra e la XXIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Occasioni importanti di memoria - le definisce il Garante - e la memoria per i detenuti può essere una occasione utile da sfruttare per far capire che si è cambiati e si sceglie ora di stare dalla parte del bene. Può essere una carezza ma anche un pugno, di quelli positivi che hanno la funzione di scuotere dal torpore dell’indifferenza”.

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01 aprile 2024, 08:00