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Don Peppe Diana con l'uniforme dell'Agesci Don Peppe Diana con l'uniforme dell'Agesci

Don Diana, Agesci: sul suo esempio ci impegniamo a "cambiare il territorio"

Trent’anni fa moriva il parroco di Casal di Principe, educatore scout, ucciso dalla camorra mentre si preparava a celebrare la Messa. Tante le iniziative che ha in programma l’Associazione guide e scout cattolici italiani sia nella cittadina campana che in tutta Italia. I presidenti del Comitato Nazionale: "È parte della nostra storia. Da lui l'invito ad essere segno di contraddizione"

Roberta Barbi – Città del Vaticano

“Sento il bisogno di esprimere, ancora una volta, il vivo dolore in me suscitato alla notizia dell'uccisione di don Giuseppe Diana, parroco della diocesi di Aversa, colpito da spietati assassini mentre si apprestava a celebrare la Santa Messa”. Diceva questo, al termine del consueto Angelus domenicale in piazza San Pietro, Giovanni Paolo II domenica 20 marzo 1994, il giorno dopo il delitto del religioso, ucciso dalla camorra,  invitando tutti a pregare per un sacerdote che sarebbe poi stato ricordato tra i più alti testimoni dell’impegno civile, della lotta alla criminalità organizzata e della costruzione della giustizia sociale. “Voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra e morto, produca frutti di sincera conversione, di operosa concordia di solidarietà e di pace”.

Profetiche furono queste parole del Vangelo di Giovanni riportate dal Papa; anche don Peppe le pronunciava spesso, tanto che ora sono scritte sulla sua lapide e costituiscono una delle sue eredità più grandi: “Mai stancarsi di essere seme che produce frutto”, riprende infatti Francesco Scoppola, presidente del Comitato nazionale dell’Agesci (Associazione Guide e Scout cattolici italiani), assieme a Roberta Vincini che ricorda come la promozione della giustizia e della legalità e il rispetto della democrazia tanto cari a don Diana siano “parte del patto costitutivo dell’Agesci”.

Ascolta l'intervista con Roberta Vincini e Francesco Scoppola:

Educare a prendere parte: così l’impegno diventa azione collettiva

I presidenti ricordano, quindi, come l’Agesci sia stata presente fin dall’inizio nel ricordo di don Diana, nella prima marcia a dieci anni dalla morte e poi al ventennale, quando i familiari di don Peppe fecero entrare gli scout in casa propria a testimonianza di quanto il sacerdote facesse parte della loro grande famiglia. Una grande famiglia che attraverso l’educazione mina a sconfiggere anche quell’infiltrazione mafiosa che don Peppe combatteva e che purtroppo ancora oggi è realtà in alcune terre: “L’Agesci non vuole solo educare a partecipare, ma anche a contribuire a render il mondo un posto migliore – afferma Roberta Vincini a Vatican News – è così che l’impegno personale diventa azione collettiva in grado di cambiare il territorio. Non dimentichiamo che un paio di anni prima della morte di don Peppe, il giudice Borsellino, all’indomani dell’attentato a Falcone, ci disse: pensate a educare i giovani e noi pensiamo ad arrestare i padri”.  

Un modello per i giovani, ma anche per i capi educatori

I ragazzi che frequentano i gruppi scout oggi non erano neppure nati quando don Diana è vissuto, eppure una figura come la sua parla ancora ai ragazzi ma anche agli adulti che si impegnano nell’educarli: “Come diceva don Peppe dobbiamo essere ‘segno di contraddizione’, donare se stessi nel servizio gratuito e gioioso – sottolinea Scoppola – i ragazzi hanno bisogno di due cose: testimoni che siano credibili e contenti di stare con loro. Il nostro metodo educa con la parola, ma soprattutto con la testimonianza”. Indimenticabile, poi, la lettera simbolo che Diana scrisse contro la camorra e che venne diffusa in tutte le parrocchie della diocesi nel Natale del 1991, intitolata simbolicamente Per amore del mio popolo: “Quella lettera è importante perché formata da due parti: innanzitutto ‘per amore del mio popolo’ colloca immediatamente il proprio impegno in una dimensione territoriale – continua Scoppola – e poi quel ‘non tacerò’, che significa che si è inseriti in un territorio che deve essere esso stesso motore del cambiamento; un cambiamento possibile solo se parte da una riflessione culturale che porta all’azione. Quella che don Peppe chiamava irrequietezza e che a Casal di Principe è diventata ribellione”.

Le iniziative in programma

I presidenti del comitato Agesci raccontano che quest’anno a Casal di Principe è stato riaperto il gruppo scout, che assieme all’esperienza di Casa Don Diana, alla cooperativa Al di là dei sogni e al "Comitato don Peppe Diana" portano avanti le opere iniziate dal sacerdote e ne tengono viva la memoria. “Sono segni di speranza – prosegue il presidente – quando don Diana venne ucciso tutto si fermò, ma solo per un momento: poi c’è stato un rinvigorimento della coscienza civile verso l’impegno diretto”. Così oggi circa 500 giovani in uniforme parteciperanno alle celebrazioni in onore di don Diana: “Ai più piccoli, i lupetti e le coccinelle, sarà raccontata la sua storia di uomo semplice che si è fatto sentinella per il suo territorio – spiega Vincini – gli adolescenti, esploratori e guide, porteranno su un lenzuolo bianco che ricorda quelli che vennero esposti in occasione del funerale di don Peppe, le loro idee per lasciare un segno nel proprio territorio; i più grandi invece presenteranno la loro Carta per la Campania del futuro”. Domani, mercoledì 20 marzo, l’Agesci parteciperà anche alla veglia con i familiari vittime della mafia e giovedì 21 marzo circa 1500 scout scenderanno nelle strade di Roma per la manifestazione "Roma città libera" in occasione della XXIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

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19 marzo 2024, 09:00