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Basilica ucraina di Santa Sofia a Roma Basilica ucraina di Santa Sofia a Roma 

Ucraina, il rettore di Santa Sofia: preghiamo per il nostro Paese e per il popolo russo

Promossa dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, alle 18 di mercoledì 26 gennaio si terrà la celebrazione dei Vespri nella basilica dove quattro anni fa si recò in visita Papa Francesco. Interverrà anche il vescovo ausiliare Ambarus. Don Semehen: la guerra è una cosa brutta, tanto più nel 2022 e nel cuore dell'Europa. Il nostro pensiero è per tutti coloro che potrebbero essere coinvolti in una azione militare

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Il desiderio del Papa espresso all'Angelus di domenica scorsa, di pregare per la pace, mercoledì 26 gennaio - guardando in particolare alla situazione di tensione in Ucraina - è stato prontamente raccolto dalle comunità di ucraini in Italia. Promossa dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma, alle 18 si terrà la celebrazione dei Vespri nella basilica di Santa Sofia, a Roma. Interverranno il vescovo Benoni Ambarus, il direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano monsignor Pierpaolo Felicolo, il rettore della basilica di Santa Sofia don Marco Jaroslav Semehen. 

Pregare nella 'casa' degli ucraini a Roma

Quello organizzato nella basilica di Santa Sofia sarà un momento di preghiera che vedrà anche la partecipazione dei cappellani e dei referenti delle diverse comunità etniche - come si legge nel comunicato del Vicariato - e seguirà un momento di adorazione eucaristica. E' un luogo dove lo stesso Papa Francesco si recò in visita esattamente quattro anni fa, il 28 gennaio 2018, considerato una vera e propria casa da circa 14 mila ucraini nella diocesi di Roma, e 200 mila in tutta Italia. Un punto di riferimento per tutti gli ucraini in diaspora sotto il regime sovietico, e in particolare da quando, nel 1946, la Chiesa greco-cattolica fu soppressa e incamerata nella Chiesa ortodossa. La comunità greco-cattolica ucraina a Roma si ritrova abitualmente in due luoghi di culto principali: la sede della missione con cura d’anime dei Santi Sergio e Bacco e la basilica minore di Santa Sofia. "Abbiamo scelto quest’ultima perché più grande", precisa il vescovo Ambarus. Si tratta di una comunità formata soprattutto da donne, che lavorano come badanti, che hanno le loro famiglie, i mariti e i figli in Ucraina, e sono tutti terrorizzati da quello che sta accadendo ai loro confini, senza considerare la situazione di guerra del Donbass che va avanti già da diversi anni. Compiamo così un gesto di vicinanza spirituale alla comunità ucraina presente a Roma - sottolinea il presule - come segno di vicinanza a tutto il popolo ucraino. Il nostro grido a Dio e a tutti è per la pace. Ogni guerra è una sconfitta per tutti".

Condividere le ansie del cuore geografico dell'Europa

L’aumento delle tensioni "minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste", con queste parole si è espresso il Papa; alla sua voce si unisce il vescovo Ambarus che lancia anche un invito a tutte le comunità cristiane di Roma, affinché durante le diverse celebrazioni di mercoledì 26 facciano una preghiera per l’Ucraina. "A Roma la presenza della comunità ucraina si sente, è viva e vivace - aggiunge monsignor Felicolo - tocchiamo con mano la loro ansia e la loro preoccupazione per questa situazione che dura da tempo". Preoccupazione condivisa dal rettore don Marco Jaroslav Semehen che - spiega a Vatican Newsha accolto con grande gioia e gratitudine l'inizitiva del Papa:

Ascolta l'intervista a don Marco Jaroslav Semehen

Rettore: preghiamo per l'Ucraina, ma anche per il popolo russo

Don Marco ricorda che il Santo Padre ha molto a cuore l'Ucraina per la quale ha chiesto diverse volte di pregare. "Sebbene non siamo là, noi siamo molto preoccupati per le famiglie, per le nostre case, siamo preoccupati per tutto il Paese. Questa preghiera di domani qui nella nostra basilica è come toccare con mano le sofferenze della popolazione che durano da troppo tempo. Speriamo che la preghiera comune ci porti il frutto sperato", afferma. Il sacerdote spiega che "la gente ucraina viene da una forte incertezza, comprensibile come sentimento umano, dalla paura che inizi la guerra. La guerra è una cosa brutta - scandisce - soprattutto se pensiamo che ci troviamo nel 2022, nel cuore geografico dell'Europa. Dall'altro lato, proprio questa preoccupazione fa crescere la fede e la speranza, affidando nelle mani del buon Dio quello che sta succedendo e che potrà succedere". Poi, aggiunge una importante sottolineatura: "Chiediamo la pace non solo per il popolo ucraino ma anche per il popolo russo e per tutti coloro che potrebbero essere coinvolti nel conflitto militare". 

L'Ucraina ha bisogno anche di sostegno umanitario

La situazione socio-economica nel Paese è aggravata ulteriormente da questa crisi geopolitica, come conferma il Rettore di S. Sofia: "Tutto è concatenato ed è precipitato: la guerra nel Sud, che ha portato una instabilità economica soprattutto nella parte orientale. A questo bisogna aggiungere anche i danni della pandemia. Quindi, oltre alla preghiera, chiediamo anche un sostegno economico per la gente che soffre molto". La giornata di preghiera si pone alla fine della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani: cosa dice questa concomitanza? "Spero che per l'Ucraina pregheranno tutti, è infatti un Paese con una presenza forte delle ortodossie e del cattolicesimo di ambedue i riti. Quindi mi aspetto - conclude don Marco - che i cuori saranno uniti per una medesima causa". 

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25 gennaio 2022, 16:56