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Persone migranti all'isola di Lesbo, Grecia (Epa / Vangelis Papantonis) Persone migranti all'isola di Lesbo, Grecia (Epa / Vangelis Papantonis)

Rapporto Caritas - Migrantes: un invito a “Conoscere per comprendere”

Giunto alla XXIX edizione, lo studio presentato oggi mostra ancora una volta la portata sociale ed economica del fenomeno migratorio. Lavoro, scuola, sanità sono alcuni dei temi analizzati, con un’attenzione in prospettiva al legame migrazione e pandemia. La riflessione sugli aspetti principali del testo, con Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana

Andrea De Angelis e Luca Collodi - Città del Vaticano

“L’auspicio è che la corretta e completa comunicazione orienti le scelte della politica e non viceversa”. Si può riassumere in questa frase il senso del titolo del XXIX Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes. “Conoscere per comprendere” è dunque un invito ed un dovere, rivolto non solo alla classe dirigente, ma più in generale all’opinione pubblica. “Nella narrazione dell’immigrazione lo spazio concesso ai suoi protagonisti - persone migranti e cittadini stranieri - risulta minimo (7% nel 2019, quasi dimezzato rispetto all’11% del 2018), mentre ampio risalto è dato al dibattito politico sull’immigrazione (47,1%)”, si legge nel Rapporto. Minoritario appare anche “il rilievo concesso ai soggetti confessionali (4,4%), in gran parte afferente alla Chiesa cattolica (80,6%), che invece potrebbero contribuire ad un approccio più misurato e completo ai fenomeni della mobilità”.

I numeri del fenomeno migratorio

Le persone migranti nel 2019 sono aumentate. Ancora una volta. Una crescita che ha portato il numero di migranti internazionali ad essere pari al 3,5% della popolazione mondiale. In mezzo secolo, dunque a partire dagli anni Settanta, il numero di immigrati nel mondo è più che triplicato: da 84 a 272 milioni di persone. “L’India rimane il paese con il maggior numero di emigrati all’estero (17,5 milioni), seguita da Messico e Cina (rispettivamente 11,8 milioni e 10,7 milioni), mentre - si legge nel Rapporto - gli Stati Uniti sono il principale paese di destinazione con 50,7 milioni di immigrati internazionali, seguito dall’Arabia Saudita con 13,1 e dalla Russia con 11,9. Di tutte le persone che si spostano a livello globale, i migranti per motivi di lavoro sono stimati in un numero pari a 164 milioni, mentre la popolazione di migranti forzati, invece, si avvicina agli 80 milioni di individui, dunque circa la metà rispetto al primo gruppo.

La pandemia 

I dati del Rapporto, riferendosi al 2019, possono solo prevedere quanto accadrà in futuro vista l’emergenza sanitaria legata al coronavirus. “Questa edizione del Rapporto Immigrazione si colloca in un contesto che - si puntualizza nello studio - riesce solo parzialmente a fotografare gli effetti della pandemia sulla mobilità umana”. Tuttavia “gli spunti che sono emersi dai dati relativi al 2019 sono ricchi di stimoli e di tendenze, che possiamo esaminare in relazione ai diversi ambiti trattati dal Rapporto, compendiandoli con i risultati di vari monitoraggi nel frattempo realizzati dalle nostre reti per stimare proprio l’impatto del Covid in differenti ambiti: la povertà, il lavoro, la scuola, la salute dei migranti e delle persone fragili”.

Monsignor Russo: “Il Rapporto favorisce l’incontro”

Alla presentazione del Rapporto, dopo il saluto iniziale di monsignor Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, sono intervenuti monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei; Stanislao Di Piazza, sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle politiche sociali con delega all’immigrazione e alle politiche di integrazione; Igiaba Scego, scrittrice. A moderare è stato Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana, mentre i dati sono stati presentati da Manuela De Marco, dell’ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana. Nella prefazione al rapporto, monsignor Russo sottolinea come esso rappresenta “un segno di speranza per il nostro mondo, poiché contribuisce alla crescita di una cultura più matura e meno guidata da preconcetti, meno incline a difendersi e più aperta, più consapevole e disponibile all’incontro, più capace di autocritica e condivisione”. "Conoscere per comprendere è un invito del Santo Padre ed è un impegno - ha detto il segretario generale della Cei nel suo intervento - ancora più necessario in tempo di pandemia. Essa infatti "ha precarizzato ancora di più la condizione di tanti migranti. Occorrono risposte immediate che mettano al centro l'umanità che ci unisce, nessuno - ha aggiunto - può essere considerato semplicemente un numero, ma una persona, con una dignità ed uno sguardo al futuro che non deve interrompersi precocemente".  

Lavoratori di Serie B 

"I dati degli anni scorsi sono confermati, i numeri sono in aumento compresi quelli degli sfollati interni, a cui non a caso il Papa quest’anno ha dedicato la Giornata dedicata a migranti e rifugiati”. Così Oliviero Forti, nell'intervista rilasciata a Luca Collodi. Il responsabile immigrazione di Caritas Italiana, moderatore della presentazione odierna, sottolinea però come lo stesso non avvenga in Italia, anche “per l’assenza di canali legali d’ingresso”, ed è “importante rimettere in piedi questi strumenti, specie per esigenze di lavoroRestando sul tema del lavoro. 

Ascolta l'intervista ad Oliviero Forti

Forti evidenzia come “non ci siano cambiamenti positivi, i cittadini stranieri sono impiegati per lo più in mansioni di profilo medio-basso, nonostante abbiano una formazione spesso medio-alta. Un ritardo questo che dovrà essere recuperato”. “Il differenziale salariale rispetto ai lavoratori italiani – prosegue – a volte arriva al 30%, il che vuol dire guadagnare un terzo in meno dei colleghi e questo vale ancora di più, purtroppo, per le donne”. “Due o tre euro l’ora per lavorare nei campi – denuncia Forti – vuol dire stare sotto la soglia di sopravvivenza”.

Il contesto europeo

Soffermandosi poi sul continente europeo, il Rapporto 2020 evidenzia come siano 82 milioni le persone migranti a risiedere in Europa, un decimo in più rispetto al 2015. Oltre la metà (42 milioni) sono nate nel Paese di residenza. Come già registrato da tempo, è la Germania ad avere il maggior numero di immigrati residenti: circa 13 milioni. Un terzo in più del Regno Unito (sopra i 9 milioni) e Francia, terza in questa graduatoria con 8 milioni. Seguono Italia e Spagna che rispetto alla Germania hanno il 60% in meno di persone migranti: entrambe sono intorno ai 5 milioni.

I numeri in Italia

Anche quest’anno aumenta in maniera minima il numero di stranieri nello Stivale: 47mila residenti in più ed appena 2.500 titolari di permesso di soggiorno. Inoltre le nascite sono calate di mille unità. Diminuiscono anche le nuove cittadinanze di circa il 14%. Gli stranieri residenti in Italia risultano 5.306.548, pari all’8,8% della popolazione. La maggior parte è rappresentata da cittadini provenienti dalla Romania, pari ad oltre un quinto del totale. Venendo ai permessi di soggiorno, la maggior parte di essi è a lunga scadenza per quasi due terzi del totale (il 37% sono di breve durata). Si conferma la prevalenza di quelli familiari (pari al 48,6% del totale), seguiti da quelli lavorativi (41,6%), mentre solo il 5,7% sono collegati all’asilo ed alla protezione internazionale, infine l’1,5% a motivi di studio.

Covid e sicurezza 

Restando in Italia, il Rapporto interviene su due questioni che hanno caratterizzato il dibattito politico degli ultimi mesi: il possibile legame tra l’emergenza coronavirus e l’arrivo di persone migranti e la modifica dei cosiddetti decreti sicurezza. Sul primo punto, “nessun allarme sanitario in Italia è legato alla presenza di immigrati sul territorio nazionale”. Secondo l’indagine, la prevalenza di casi positivi è analoga a quella della popolazione generale e con una distribuzione geografica dei casi che mostra un gradiente Nord-Sud conforme a quello osservato nel Paese. Venendo al secondo atto, “prendiamo inoltre atto, con - si legge - viva soddisfazione, del recente via libera (6.10.2020), del Consiglio dei Ministri al decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, contenente modifiche dei c.d. decreti sicurezza. Molte delle raccomandazioni contenute nel Rapporto hanno sottolineato l’importanza di favorire i percorsi di regolarità dei cittadini migranti in Italia, attraverso un ampio riconoscimento della convertibilità in motivi lavorativi del permesso di soggiorno detenuto ad altro titolo, al fine di invertire la tendenza all’approccio securitario da un lato, o assistenzialistico dall’altro, adottando definitivamente una strategia di potenziamento dei percorsi di integrazione”.

Giustizia e cittadinanza

Nel Rapporto Caritas Migrantes si mette in risalto come “i cittadini stranieri siano fra le principali vittime di reati collegati a discriminazioni”. Si avverte dunque “la necessità di migliorare la normativa italiana in materia di reati legati alla discriminazione razziale e, con essa, le procedure di denuncia e quindi di riconoscimento della violazione, includendo anche i nuovi mezzi di comunicazione social come luoghi virtuali nei quali sempre più spesso si registrano episodi di intolleranza, anche rafforzando il ruolo delle istituzioni di polizia competenti, spesso prive di risorse e di strumenti sufficienti”. Infine l’annosa questione dello Ius Soli. “Oggi il 64,4% degli alunni stranieri è nato in Italia, ma - si legge nel Rapporto - non ha la cittadinanza”. Caritas e Migrantes chiedono “di intervenire a modificare una vecchia legge, superando gli ostruzionismi politici, che legano i minori ad un fenomeno a sua volta ostaggio della politica”.
 

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08 ottobre 2020, 12:30