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Il pranzo “stellato” a Rebibbia: un Natale speciale per 400 detenute

La sesta edizione dell’iniziativa “L’Altra Cucina… per un Pranzo d’Amore”, ha coinvolto, oltre al carcere femminile di Roma, 11 case circondariali italiane da Palermo a Torino e oltre 2000 detenuti, grazie all’impegni di chef stellati, star del cinema, della tv e della musica e 600 volontari di Rinnovamento nello Spirito Santo e Prison Fellowship Italia

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Il 18 dicembre è stata una festa di Natale anticipata per oltre duemila detenute e detenuti di 12 carceri italiane, da Eboli a Roma, da Aversa a Milano, coinvolte nell’iniziativa “L’Altra Cucina… per un Pranzo d’Amore”, promossa da Prison Fellowship Italia Onlus, Rinnovamento nello Spirito Santo Fondazione Alleanza Onlus del RnS. In questa sesta edizione sono stati coinvolti ben 600 volontari, quasi il doppio dello scorso anno, e come sempre testimonial del mondo dello spettacolo, della musica, del teatro, della tv, del giornalismo e dello sport, che hanno servito i pasti, cucinati da chef stellati, con i giovani e meno giovani volontari.

Il menu dello chef Francesco Apreda

Nel carcere femminile di Rebibbia, dove Vatican News è entrato, 400 detenute, la maggioranza in refettorio e alcune nelle loro celle, hanno gustato il menu preparato da Francesco Apreda, executive chef del ristorante Idylio dell’Hotel Pantheon di Roma. Lasagna con broccoli romani, ricotta e tartufo nero come primo, medaglkioni di vitello al pan di spezie e castagne di secondo e per dolce una torta al cioccolato, cannella e arancia. “Cerchiamo di dare un po’ di convivialità, di far vivere una giornata speciale alle detenute – ci dice Apreda, molto emozionato per la sua prima esperienza in carcere - perché nei giorni di festa è bello stare a tavola insieme”.

Lo chef Apreda saluta il vescovo Palmieri
Lo chef Apreda saluta il vescovo Palmieri

La volontaria di 75 anni che ha cucinato per i figli delle detenute

A poca distanza dai suoi fornelli taglia il pane Francesca Laurenti, 75 anni, volontaria di Prison Fellowship Italia Onlus insieme alla figlia Paola, “che fa la volontaria in qualsiasi cosa che fa” ci dice, e che l’ha coinvolta per la prima volta in questa avventura. “Mi sono abbracciata con una detenuta che fa servizio in cucina – ci racconta - ho lavorato quest’ estate in una casa per figli di detenute, 24 ore al giorno, ma non sentivo la stanchezza. Quando escono, più che i volontari, dovrebbero essere le istituzioni ad aiutarle”.

Volontarie tagliano il pane nella cucina di Rebibbia
Volontarie tagliano il pane nella cucina di Rebibbia

Lexi dalle Filippine: "esco e faccio la scuola alberghiera"

Tra le detenute in servizio in cucina c’è anche Lexi, 39 anni, di origini filippine, in Italia da 12, e a Rebibbia da un anno. Le resta ancora uno e mezzo di pena. “E’ bello preparare il pranzo per le altre sezioni, e stare tutti insieme a pranzo - dice sorridendo -  Quando esco voglio fare la scuola alberghiera, intanto qui ho preso il diploma di assistente familiare. Quando una persona sbaglia, non si dovrebbe essere chiusi con lui, ma aperti, dargli una nuova opportunità, perché non c’è nessuno che è perfetto. Tutti sbagliamo, ma qui dentro ho imparato tante cose e ho potuto riflettere sugli errori che ho fatto, per diventare migliore”.

Monsignor Palmieri ai volontari: valorizzate la vostra umanità

Si avvicina l’ora del pranzo, e arriva anche monsignor Gianpiero Palmieri, vescovo ausiliare del settore Est della diocesi di Roma, che raduna i trenta volontari per una preghiera.Oggi siamo chiamati a valorizzare il nostro bagaglio di umanità - dice prima di recitare con loro il Padre Nostro e la sequenza “Vieni Santo Spirito”  - la nostra capacità di empatia, di stare insieme agli altri, consapevoli di tutto quello che abbiamo vissuto e che la vita ci ha insegnato, senza sentirci migliori di nessuno. Siamo privilegiati solo per il fatto che incontriamo un pezzo di umanità che non è accessibile ad altre persone. Chiediamo al Signore di darci questo tratto umano, che non giudica, ma che accoglie”.

Volontari servono il pranzo nel refettorio di rebibbia
Volontari servono il pranzo nel refettorio di rebibbia

Chi esce deve sentire che la società li aspetta per ricominciare

Monsignor Palmieri, prima di benedire i volontari, ricorda che Papa Francesco quando visita un carcere ripete sempre “io non so perché voi siete lì e io sono qui”. “Qui a Rebibbia  - racconta - ci sono persone che io conosco, nel ramo maschile, che hanno vissuto questo slittamento e non sono capaci di capire fino in fondo perché un impulso o la vita, li ha spinti a fare del male”. Lo incontriamo subito dopo e risponde così alle nostre domande sul valore dell’iniziativa.

Ascolta l'Intervista a monsignor Palmieri

R. - Ha senso davvero essere vicini sempre alle persone, in modo particolare a chi è detenuto in carcere e tanto più nel momento in cui esce. La cosa importante è aiutare le persone a custodire la speranza, il desiderio di ricominciare. Un desiderio che finché le persone sono detenute è vissuto qui dentro nella profondità del proprio cuore, in una situazione che è lunga e dura da sopportare, in cui i sentimenti si mescolano. Quello della propria indegnità ma insieme a questo il desiderio di ricominciare, la speranza, tanto più che quando si esce dal carcere è necessario che i primi passi, spesso molto incerti, possano essere accompagnati. Chi esce dal carcere non deve sentire che lo aspetta il vuoto e neppure che aspetta soltanto la propria famiglia, ma sentire invece che c'è tutta una società che aspetta, incoraggia, sostiene e spinge a ricominciare.

Lexi parla con l'attore Graziano Scarabicchi
Lexi parla con l'attore Graziano Scarabicchi

Il ministero della tenerezza di Papa Francesco sta aprendo il cuore delle nostre comunità cristiane?

R. - Sicuramente è necessario sentire che come comunità cristiana questa della prossimità è davvero un dovere della vicinanza alla vita delle persone. Papa Francesco ci ha aiutato a riscoprirlo fin dal primo magistero dalla finestra del suo ufficio del palazzo apostolico. Durante l'Angelus Il Papa ha parlato della necessità della Misericordia, una necessità che abbiamo tutti e quindi del dovere di stare vicino alle persone che vogliono ricominciare e ancora di più a quelle a cui questa speranza si è spenta.

Anche chi magari potesse essere tentato dal giudizio deve sempre ricordare anche altre parole di Francesco: che la persona non va giudicata per il suo errore...

R. - Il nostro giudizio si ferma sempre all'esterno. Per quanto le azioni di una persona siano state orribili, dolorose, abbiano prodotto dei danni rimane sempre il mistero più profondo del cuore di quella persona. Rimane il fatto che il santuario dello spirito per un cristiano significa riconoscere che Dio non abbandona nessuno dei suoi figli anche quelli che hanno fatto molto del male e che il confine tra buoni e cattivi non è come nei film western, ma che la realtà è molto più complessa e molto più sfumata e che si può essere da una parte all'altra della barricata con una facilità sorprendente. E allora è proprio l'atteggiamento di chi non giudica di chi vede nel proprio cuore la radice di quei mali che talvolta hanno così devastato il cuore degli altri da spingerli a fare il male questa consapevolezza aiuta a non giudicare.

Salvatore Martinez e alcune detenute
Salvatore Martinez e alcune detenute

Martinez: perchè l'80% di chi è in carcere è recidivo?

Le detenute cominciano ad entrare nel refettorio, dove le accoglie, accanto alla direttrice della sezione femminile, Maria Carmela Longo, Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo. A lui chiediamo un bilancio di questi sei anni di Pranzi d’Amore:

Ascolta l'Intervista a Salvatore Martinez

R. - C’è un dovere di misericordia che non si sconta. Bisogna continuamente pagare questo prezzo, vorrei dire, ed è la correzione di una giustizia talvolta erronea, talvolta ingiusta, insopportabile, talvolta tardiva che ci chiede di rimediare con un dovere di misericordia. È in qualche modo la nostra coscienza sociale, sopita, tormentata che ha bisogno di riscattarsi. Ecco perché entrare insieme in carcere giornalisti, attori, cantanti chef stellati con le loro brigate, significa che in qualche modo riparare ai nostri errori perché se c'è qualcuno che sbaglia bisogna anche considerare le condizioni entro cui questo avviene e pertanto una certa civiltà nell'errore nella quale oggi ci troviamo finisce col popolare sempre di più le carceri senza poi dimenticare che l'ottanta per cento della popolazione carceraria torna ad essere recidiva segno che il carcere non redime. Allora riassaporare la fraternità dare gusto alla solidarietà è un investimento sociale estremamente importante per questo si entra in carcere da credenti e da cittadini insieme per raccontare un altro Natale che significa un'altra possibilità di vivere di vivere insieme.

I volontari quest’anno sono cresciuti da 300 a 600. Si crea così un legame che può proseguire?

R. - Direi di sì ed è interessante registrare che i giovani soprattutto chiedono di entrare per adempiere a questo servizio e prendersi cura delle detenute e dei detenuti ma vorrei sottolineare che anche i magistrati avvocati lo stesso personale Penitenziario indossa il grembiule e si pone al servizio e questo è anche un modo per far capire che non c'è bisogno di porre dei ponti da un luogo di detenzione alla società civile. dobbiamo piuttosto abbattere i muri e di sperimentare in modo concreto tangibile la possibilità di vivere insieme di stare insieme in pace.

Il comico Nino Taranto nel Pranzo d'Amore a Rebibbia
Il comico Nino Taranto nel Pranzo d'Amore a Rebibbia

L'attore Somma: sarebbe bello portare qui il mio teatro 

Accanto a lui l’attore Sebastiano Somma si prepara a servire a tavola, per la prima volta, anche se ricorda di essere entrato più volte in un carcere maschile con la Nazionale di calcio attori. “Ho scoperto che le detenute aspettano proprio tutto l'anno questo momento – ci dice -  quindi c’è anche un senso di piacevole responsabilità nel sapere che comunque questo momento di condivisione, queste due tre ore insieme a grandi chef che si mettono a disposizione, può dare loro gioia e speranza. La speranza di poter rientrare in un contesto sociale dignitoso, umano, fatto di abbracci, d'amore, di speranze. Se possibile di speranza nel mondo del lavoro, perché ancora manca un po' nel nostro paese, riuscire a creare in maniera continua un percorso di integrazione alla fine della pena. Ho avuto esperienze in Puglia con un progetto che si chiama senza sbarre, fatto da don Riccardo Agresti, che serve proprio a inserire nel mondo del lavoro le persone alla fine della pena. Loro devono sapere che presto possano ritornare in libertà ed essere reintegrati nel mondo del lavoro”.

Letto il discorso del Papa alla polizia penitenziaria

Sebastiano leggerà anche il discorso di Papa Francesco alla polizia penitenziaria del 14 settembre di quest’anno, e dei suoi momenti con i detenuti ricorda “ quando uno di loro mi regalò un oggetto fatto in carcere che conservo ancora. C’è in queste occasioni proprio la voglia di condividere queste piccole cose, di mangiare qualcosa assieme”. La mia speranza, conclude “è di poter portare un po’ di normalità un po' di più durante l'anno, non soltanto a Natale. Mi piacerebbe portare anche il mio mestiere, il teatro, che crea emozioni. Ci sono registi che lo fanno è auspicabile anche perché il mio mestiere è lanciare dei messaggi e creare condivisione”.

Loredana Errore canta con Letizia
Loredana Errore canta con Letizia

Palmieri: Dio dice bene di noi anche quando sbagliamo

Arriva il momento del pranzo. E monsignor Palmieri sale sul palchetto dei musicisti per recitare con tutti il padre Nostro e dare la sua benedizione. “La benedizione – ricorda - è una cosa bellissima perché è Dio che dice bene di noi. Quando tutti dicono male di noi, Dio continua a dire bene di noi, anche quando sbagliamo, anche quando facciamo qualcosa di molto storto, Dio continua a benedirci e dice: ‘sei mio figlio, sei libero davvero e nessuno ti può togliere dal cuore la speranza. Ti amo, sei mio figlio, e lo sarai fino all’ultimo dei tuoi giorni. E voglio che le strade si riaprano, che la vita ricominci’”. Tutte le persone che sono qui, conclude “vi dicono che c’è una società che non vi condanna, ma che vi aspetta per ricominciare”.

Il grido con Teresa De Sio: è la vostra voglia di libertà

Arianna Ciampoli presenta la cantante Loredana Errore, che dopo un suo brano intona “E la luna bussò” di Loredana Bertè. Una detenuta, Letizia, sale sul palco accanto a lei e continua il brano con una perfetta intonazione. Saluta tutti gli ospiti anche Anna Maria Palma, chef de “la prova del cuoco”, che ha cucinato a Rebibbia lo scorso anno. “Quest’anno – racconta - ho fatto un corso per un gruppo di 16 ragazze che ho portato al diploma di aiuto cuoche”. Momenti di commozione che si trasforma in sorriso e anche risata quando prende il microfono il comico Nino Taranto, con una serie di battute a raffica. La giornata prosegue così, in amicizia, con Teresa De Sio che chiede alle detenute di farsi forza e di gridare con lei, dopo le sue canzoni, la loro voglia di libertà, mentre le volontarie e le altre star, come Pupi Avati, Francesco Castiglione, Maria Soave, Graziano Scarabicchi e Simona Di Bella,  si siedono a tavola accanto a chi ha bisogno di parlare, almeno a Natale, con qualcuno che non sia la compagna di cella.

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Momenti del Pranzo d'Amore nel femminile di Rebibbia
18 dicembre 2019, 19:20