Cerca

L'isola di Clipperton L'isola di Clipperton 

Dal Vaticano a Clipperton, il viaggio dei radioamatori sull'isola dimenticata

Parte domani da San Diego la spedizione che per due settimane vedrà esperti di collegamenti radio provenienti da tutto il mondo trasmettere dall'atollo del Pacifico orientale. Un luogo remoto, ora dominio pubblico francese, a lungo conteso con il Messico, teatro nel passato di una storia tragica. Per la prima volta in una spedizione di questo tipo sarà esposta la bandiera della Santa Sede e sarà depositato anche il nanobook con il libro di Papa Francesco contenente la Statio Orbis del 2020

Michele Raviart - Città del Vaticano

Quando, il 17 luglio del 1917, i marinai della nave da guerra statunitense "Yorktown" si avvicinano all’isola di Clipperton, sperduto atollo nell’oceano Pacifico orientale, quello che cercano, in piena Prima Guerra mondiale, è una base navale tedesca. Quello che trovano, invece, sono tre donne, otto minori e il cadavere di un uomo. Si tratta degli ultimi sopravvissuti della guarnigione inviata nel 1906 dal Messico - la spiaggia di Acapulco dista 1.280 chilometri ed è la terraferma più vicina - per ribadire le pretese del presidente Porfirio Diaz sull’isola, contesa alla Francia e alle compagnie americane e britanniche di fosfati che si erano lì stabilite per commerciare il guano prodotto dai circa 110 mila uccelli che tuttora abitano questo remoto anello di terra, lungo 12 chilometri, con al centro un lago salmastro di origine vulcanica e circondato per centinaia di miglia solo dal mare e dagli squali.

I dimenticati di Clipperton

I superstiti erano quanto rimaneva di una spedizione originariamente composta da nemmeno un centinaio di persone, principalmente soldati messicani con le loro mogli, i loro figli e i loro domestici. Si erano stabiliti su quell’isola disabitata e contesa e per sopravvivere avevano realizzato qualche orto, delle serre e un piccolo allevamento di maiali, sebbene dipendessero per il loro sostentamento dall’arrivo, ogni quattro mesi, di un battello proveniente dalla madrepatria. Complice lo scoppio della rivoluzione messicana nel 1910, gli ordini assegnati a quegli uomini divennero sempre più rari e meno chiari e loro sempre più lasciati soli al loro destino, fino a venire completamente dimenticati. Nel febbraio del 1914 un uragano distrugge le coltivazioni, due mesi dopo il battello dei rifornimenti manca l’appuntamento con l’isola per la prima volta. A giugno la speranza prende la forma della nave americana Cleveland, che rimpatria il grosso della guarnigione, ma non il capitano e governatore Ramon Arnaud che ostinatamente sceglie di non salire su una nave nemica e di presidiare Clipperton. Con lui rimangono undici uomini fidati e le loro famiglie. Saranno decimati dallo scorbuto, mentre Arnaud e l’unico altro soldato rimasto moriranno in mare nel tentativo di trovare soccorso in una nave apparsa all’orizzonte. Nel 1917 a Clipperton l’unico uomo rimasto assieme alle donne e ai bambini è il guardiano del faro Victoriano Alvarez, che soffre di disturbi mentali e si dichiara re dell’isola. Il suo regno è segnato dagli abusi, dalle violenze e da due omicidi. Il 16 luglio del 1917 le sopravvissute guidate dalla vedova del capitano Arnaud decidono di porre fine al terrore e lo uccidono. Il corpo trovato dalla Yorktown, incredibilmente arrivata il giorno seguente l’omicidio dopo anni di isolamento, è il suo, nell’ultimo atto di una tragedia che si conclude con il salvataggio delle donne e dei bambini e con il loro ritorno in Messico.

Da San Pietro all’Oceano Pacifico

“Nessuno si salva da solo”, aveva detto Papa Francesco in una piazza San Pietro vuota e battuta dalla pioggia all’umanità colpita dalla pandemia. La storia dei “dimenticati di Clipperton” lo ribadisce in maniera brutale ed è significativo che quelle stesse parole universali, a oltre cento anni da quegli avvenimenti, sbarcheranno ora fisicamente sull’isola, incise in un nanobook che contiene il volume “Perché avete paura?”, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, che raccoglie al suo interno il testo e le immagini della Statio Orbis del 27 marzo 2020. A portarlo a Clipperton sarà l’avvocato Francesco Valsecchi, dal 1991 di fatto l’unico radioamatore autorizzato a trasmettere dalla Santa Sede con il nominativo HV0A. Valsecchi sarà infatti uno dei sedici radioamatori che domani, 11 gennaio, partiranno da San Diego, negli Stati Uniti, per raggiungere l’isola e trasmettere per gli appassionati di tutto il mondo.

Ascolta l'intervista integrale a Francesco Valsecchi

Il giro del mondo dei radioamatori

“Tra gli obiettivi più ambiti di tutti i radioamatori del mondo c'è quello di riuscire a collegare almeno una volta nella vita tutti i 340 Paesi che sono riconosciuti validi dalla comunità radioamatoriale”, spiega Valsecchi ai media vaticani: “Sono tutti gli Stati del mondo, che sono poco meno di 200, più circa 140 isole che sono considerate ‘country’, cioè Paesi da collegare”.  I radioamatori nel mondo sono infatti circa tre milioni - più della metà si trova negli Stati Uniti - e scambiarsi i segnali con i Paesi della terraferma è relativamente facile, al netto delle condizioni geopolitiche attuali per cui, ad esempio, oggi è praticamente impossibile connettersi con la Corea del Nord. Collegarsi con alcune delle isole più remote è invece più difficile. “Non ci sono abitanti, non ci sono residenti”, continua Valsecchi, “quindi periodicamente i radioamatori organizzano una spedizione. Montano le tende, le antenne generatori, le radio e tutto ciò che logisticamente serve per mettere on air quel territorio, consentendo a tutti i radioamatori del mondo di potersi collegare almeno una volta con quest'isola e di registrarla quindi tra il numero dei Paesi collegati”. Francesco Valsecchi è uno dei pochi radioamatori italiani ad aver ricevuto la “cartolina” dell’avvenuto contatto da tutti i 340 territori del mondo. Per farlo ha impiegato 24 anni, perché “se un radioamatore non coglie l’attimo, quella finestra in cui un team è presente su un isola può aspettare anche dieci anni”. Tanto infatti è passato dall’ultima spedizione a Clipperton, a cui parteciperanno, oltre a Valsecchi, sedici radioamatori statunitensi, un tedesco, un brasiliano e un kirghizo, oltre a tre scienziati francesi che faranno le loro rilevazioni sul clima dell’isola.

Sopravvivere sull’isola della Passione e dei granchi

Clipperton - che deve il suo nome a un filibustiere inglese che passò di lì i primi anni del Settecento e che secondo le leggende ci seppellì un tesoro mai ritrovato - fu infatti mappata per la prima volta nel 1711 da due mercanti-esploratori francesi il giorno di Giovedì santo di quell’anno. Per questo è chiamata anche “isola della Passione” - altri appellativi sono appunto quelli di“isola del tesoro”, “isola tragica”, “isola del guano”, ma anche “isola dei granchi” a causa della presenza di 16 milioni di crostacei. Ora è un possedimento pubblico francese, dopo che Parigi vinse nel 1931 l’arbitrato con Città del Messico, su decisione del re d’Italia Vittorio Emanuele III, cui vent’anni prima era stata affidata la mediazione del contenzioso e che ritenne valide le pretese di Parigi, che formalizzò il possesso di questo territorio nel 1858. L’isola è oggi disabitata ed è meta di missioni scientifiche, come quella che accompagnerà i radioamatori, e della marina francese, che ci sbarca almeno una volta anno per sostituire la bandiera nazionale. I radioamatori, dopo una traversata di sei giorni dagli Stati Uniti resteranno a Clipperton per quindici giorni. “Ci sarà' un discreto sforzo per portare il materiale e poi montare le tende e il campo base”, spiega ancora Valsecchi. “Il primo giorno porteremo anche i due piccoli frigoriferi dove stiveremo il cibo d'emergenza e ogni giorno dalla nave, che stazionerà lì a 2-300 metri di distanza, partirà un gommone che ci porterà da mangiare. Se succede che il tempo è brutto o che le onde sono alte, noi dobbiamo essere autosufficienti”, continua il radioamatore.

L’obiettivo è raggiungere i 150 mila contatti

A turni di 8-10 ore, i radioamatori si siederanno poi davanti a un tavolino con una radio davanti e inizieranno a chiamare e a cercare di collegare il maggior numero possibile di apparecchi nel mondo. Lo faranno parlando al microfono, utilizzando il codice Morse e attraverso gli strumenti digitali. ”Verranno montati due campi”, racconta Valsecchi, “uno, il principale, dove sicuramente ci sarà anche il WiFi e un altro a 500 metri di distanza, dove saranno installate antenne su altre frequenze per evitare che si interferisca troppo. Faremo anche collegamenti moonbounce, attraverso cui verrà inviato il segnale sulla luna e da qui rimbalzato sulla Terra”. L’obiettivo, sottolinea, è di mettere a registro circa 150 mila collegamenti in tutto il mondo, il numero di riferimento per spedizioni di questo genere.

Un’avventura con spirito missionario

Per la prima volta in un’attività radioamatoriale di questo tipo sarà presente la bandiera della Città del Vaticano, che sarà esposta da Valsecchi assieme a quella italiana. Inoltre come è già avvenuto nella spedizione artica alle isole Svalbard nel 2022 e con il lancio dello “Spei Satelles” nello spazio lo scorso anno, anche a Clipperton sarà depositato il nanobook con le parole del Papa. “È un gesto personale, perché a queste attività sono estranei i riferimenti religiosi”, spiega ancora Valsecchi, “ma io la faccio volentieri e cercherò poi di condividere questa scelta con qualcuno dei membri strada facendo, perché sono orgoglioso di portare qualcosa di molto importante della Santa Sede e del Santo Padre su un pezzo di terra così remoto e così lontano da tutto e da tutti”. “Quando mi è stata chiesta questa piccola iniziativa”, racconta, "per me non è stata piccola, ma è stata grandissima. Sento veramente un peso, quasi uno spirito missionario. Ho preso la scatoletta con il nanobook e l'ho messa subito nel posto più sicuro, che è la tasca dei pantaloni che porto e con cui partirò. Quindi perderò prima altre cose, ma non questa. Poi cercherò un posto il più possibile meno invasivo per depositare questo microchip, probabilmente sull'unico piccolo promontorio che c'è nell'isola alto una trentina di metri”. Uno scoglio di roccia lavica dove, ormai in rovina, ci sono i resti del faro del re di Clipperton e dove ora si potrà simbolicamente leggere quanto detto del Papa: “In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi”.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

10 gennaio 2024, 11:46