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2023.08.08 Cortile del Pappagallo

Il Cortile del Pappagallo in Vaticano e il giardino “virtuale” di Pio IV

Sembrava un passaggio tra i cortili di San Damaso e del Maresciallo, poco appariscente, sempre in ombra, finché durante un sopralluogo la scoperta: a un'altezza di circa 20 m ci sono resti di pitture antiche. Il lavoro di restituzione grafica degli architetti ha disvelato e permesso di ricomporre l'originaria decorazione pittorica: strutture da giardino popolate di graziosi volatili, specie pappagalli, contro un cielo azzurro, risalenti alla metà del XVI secolo

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

Quando Papa Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici di Marignano, si affacciava alle finestre dei suoi appartamenti, nel cuore del Palazzo Apostolico, vedeva solo un muro nudo. Inoltre il sole attraversa per poche ore la corte stretta e quadrangolare del cortile del Pappagallo. Il Pontefice non poteva volgere lo sguardo verso l’orizzonte azzurro delle colline, né scorgere il verde dei Giardini Vaticani che lui stesso aveva abbellito e dove aveva costruito, nel 1558, la Casina che porta il suo nome, conosciuta anche come Villa Pia. Ebbe un’idea: chiamare un artista e chiedergli di dipingere quei muri anonimi, così da cambiare la sua visuale. Sono passati i secoli e se oggi attraversiamo il cortile, per passare dal Cortile del Belvedere a quello del Maresciallo, di primo impatto vediamo gli stessi muri giallastri. Non si fa caso ad alcuni frammenti azzurri, losanghe, linee rossastre e sagome giallo oro che stanno molto in alto, a un’altezza di circa 20 metri.

Frammenti di pittura ancora visibili nel Cortile
Frammenti di pittura ancora visibili nel Cortile

La scoperta

Durante un sopralluogo, gli architetti del Governatorato vaticano, volgendo verso l’alto lo sguardo, scoprirono casualmente su quei muri dei lacerti di intonaci dipinti. Erano decorazioni policrome che creavano l’illusione di pergolati e loggiati abitati da uccelli e altri animali.

P.M. Letarouilly (1882) pianta del Palazzo Vaticano presso la Basilica
P.M. Letarouilly (1882) pianta del Palazzo Vaticano presso la Basilica

La restituzione “virtuale”

Le ricerche d’archivio hanno rivelato una sostanziale povertà di notizie fino al XX secolo, in occasione di rifacimenti delle facciate nel cortile che, sostanzialmente, con interventi di scialbatura, hanno contribuito ancora di più alla loro distruzione e quindi al loro oblio. In un disegno del pittore Biagio Biagetti, nel 1934, ora conservato negli archivi dei Musei Vaticani, questa decorazione, benché evanescente, si nota nella sua impostazione generale e in alcuni particolari.

Rilievo del fronte meridionale del Cortile eseguito da Biagio Biagetti (Musei Vaticani)
Rilievo del fronte meridionale del Cortile eseguito da Biagio Biagetti (Musei Vaticani)

Infine Marcella Morlacchi, con la tecnica del rilievo diretto, ha restituito le intere facciate partendo dal disegno di Biagetti e mediante il confronto con i frammenti superstiti, offrendo una visione completa degli affreschi, sia nei colori che nelle decorazioni.

Studio di ripristino della decorazione del Cortile
Studio di ripristino della decorazione del Cortile

Voli di uccelli variopinti

Gli affreschi si dipanano su tre fasce o registri sovrapposti. In quello inferiore ci sono soprattutto tralci carichi d’uva e piccoli mammiferi esotici come delle scimmiette. Nel secondo, un’architettura leggera, tipica dei giardini, con graticci, finte prospettive e coperture a pagoda. Sul terzo c’è il parapetto di una balconata lungo i quali corrono a cadenza regolare gli stemmi e il nome di Pio IV. Ancora più su, a chiudere la composizione, dei grandi vasi a imitazione di quelli di bronzo, lavorati a sbalzo. Ovunque si estende il fondo azzurro del cielo. Inquadrati da cornici dorate, liberi nello spazio o appollaiati lungo le cornici marcapiano, ci sono volatili di varie specie, soprattutto pappagalli, da cui il nome del Cortile che conserva quindi la traccia di queste decorazioni. L’occhio di questa corte che guarda il cielo non è molto grande, e possiamo cedere alla suggestione che fosse chiuso da una rete, in modo da creare una voliera dove allevare degli uccelli e godere del loro volo.

Restituzione degli affreschi sul lato ovest, Marcella Morlacchi
Restituzione degli affreschi sul lato ovest, Marcella Morlacchi

Un cielo azzurro, simile a quello di Michelangelo

Il fondo è completamente dipinto d’azzurro a simulare un cielo smagliante. Questo elemento colpisce ancora oggi nei pochi frammenti rimasti ed è impossibile non fare un confronto con quello del Giudizio Universale della Cappella Sistina. Michelangelo per dipingere quel cielo usò grandi quantità di lapislazzuli, ottenendo questo colore intenso. È un cielo che sicuramente colpisce chiunque lo ammiri. E ancora, lasciandoci trasportare dalle suggestioni, possiamo pensare che anche Pio IV ne fosse rimasto talmente colpito da chiedere all’autore delle pitture del Cortile di farlo uguale.

Restituzione degli affreschi sul lato est, Marcella Morlacchi
Restituzione degli affreschi sul lato est, Marcella Morlacchi

Il misterioso pittore del Cortile

L’architetto del Governatorato, Maria Mari, autrice del volume edito nel 2016 dalla Libreria Editrice Vaticana “Il Cortile del Pappagallo. Hortus Conclusus”, propone l’attribuzione dei dipinti al grande protagonista del manierismo Taddeo Zuccari che, con il fratello Federico e la sua bottega, prestò la sua opera nel palazzo vaticano fin dal tempo di Papa Giulio II e che continuò con ancor più fervore sotto Pio IV. Tra le sue opere ci sono i dipinti nella Sala dei Chiaroscuri o dei Palafrenieri nelle Stanze Vaticane del Palazzo Apostolico (1556), gli affreschi nella Sala Regia e nel Casino di Pio IV (1561). Tale attribuzione si basa sulla constatazione che, dal 1564 - data assegnata al Cortile del Pappagallo - nei documenti d’archivio raccolti nei fondi Camerali appaiono continuativi e cospicui pagamenti allo Zuccari. Inoltre nell’Archivio di Stato di Roma ci sarebbe un documento che attesterebbe la stima del lavoro svolto, più di 700 scudi “perché oltre la gran spesa, che ci è speso in giornate d’homini considerato la grande scomodità et pericolo con il grande perdimento de tempo a condurre detta pictura al termine che al presente si trova”. Il documento allude all’altezza delle impalcature e al fatto che gli affreschi non furono portati a termine. Il documento non dà indicazioni sull’ubicazione dell’opera, però molti indizi convergono sul nostro Cortile e che fu eseguito da una bottega, ovvero da una squadra di pittori.

Stato attuale degli affreschi superstiti nel Cortile
Stato attuale degli affreschi superstiti nel Cortile

I confronti

Scene simili sono molto diffuse nel '500. A Roma e nei dintorni si possono menzionare quelli più simili al nostro Cortile, come a Palazzo Altemps, a Villa Giulia e a Villa Farnese a Caprarola. Questa iconografia si ripete sostanzialmente simile e si trova normalmente in ambienti di passaggio, come corridoi e ambulacri e nelle volte delle logge. Il Cortile del Pappagallo mostra la novità di essere disteso su una parete verticale e su muri esterni. Il fine è però lo stesso: quello di dare, con la tecnica pittorica del trompe-l'œil, l’illusione di uno spazio aperto che renda luminoso uno spazio in ombra.

Caprarola, Palazzo Farnese, Cortile, Probabiilmente della scuola di Antonio Tempesta, 1579-1581
Caprarola, Palazzo Farnese, Cortile, Probabiilmente della scuola di Antonio Tempesta, 1579-1581

Immagini di giardini

Il tema del giardino, nell’arte, ha sempre attratto committenza e artisti. Mostra una natura idilliaca e mai minacciosa. Un luogo di ristoro, dove ammirare la bellezza di una natura addomesticata dal lavoro dell’uomo. In epoca romana, rappresenta quell’età dell’oro tanto desiderata, cantata da poeti come Virgilio od Ovidio. Sotto l’impero di Augusto il giardino simboleggia pace e prosperità, come nell’Ara Pacis, nel fregio inferiore, dove si riscontra un vero e proprio alfabeto floreale simbolico.

Ara Pacis Augustae,  9 ..C., Museo dell'Ara Pacis, Roma
Ara Pacis Augustae, 9 ..C., Museo dell'Ara Pacis, Roma

E ancora nella Villa di Livia, oggi visitabile a Palazzo Massimo a Roma, c’è la vista stupefacente delle quattro pareti di una stanza completamente dipinte con piante, alberi da frutto, fiori e uccellini. E lo stesso nella casa del bracciale d’oro a Pompei.
 

Affresco del Viridarium della Villa di Livia o di Prima Porta,  40  - 20 a.C.., Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, Roma
Affresco del Viridarium della Villa di Livia o di Prima Porta, 40 - 20 a.C.., Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, Roma

 

L'Hortus conclusus

Nel Cantico dei Cantici (4,12) lo sposo così elogia la sposa:

Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.

In latino il giardino recintato si chiama hortus conclusus. Influssi importanti dei modi e delle colture proprie dei giardini derivano dall’Arabia e arrivano in Italia attraverso la Sicilia.
Appare nel Medioevo sia in ambito religioso, nei monasteri, sia in ambito cortese, basti ricordare la descrizione che ne fa Boccaccio nel Decamerone. Nell’arte, si riveste di significati simbolici pregnanti, che riportano al Paradiso. Ritroviamo bei giardini fioriti in molte iconografie e soprattutto nelle Annunciazioni e in generale nelle figurazioni della Vergine. Il muro che recinge lo spazio verde allude alla castità di Maria e lo stesso molti generi di animali e fiori sono riconducibili alla Madre del Signore.

Leonardo da Vinci, Andrea del Verrocchio, Annunciazione, 1472, Galleria degli Uffizi
Leonardo da Vinci, Andrea del Verrocchio, Annunciazione, 1472, Galleria degli Uffizi


Nel tempo, dal Rinascimento in poi, evidentemente questi significati vengono attenuandosi, diventando sede di simboli più ampi e vaghi, dove sacro e profano si mescolano in atmosfere esotiche che ritroviamo, nel Cortile del Pappagallo, nei pappagallini e nella scimmietta. Inoltre, in questo cortile del Palazzo Apostolico le architetture descrivono più logge e balconate che un vero e proprio giardino recintato, tra l’altro rappresentato in modo preciso nell’iconografia con alti muri, mentre qui tutto è pervaso da un senso di leggerezza e apertura verso un illusorio spazio aereo, ugualmente ai confronti che decorano altri sontuosi palazzi cinquecenteschi d’Italia.

Necessità di restauro


Con le nuove tecnologie, ad esempio con proiezioni sulle facciate, è possibile ricreare virtualmente gli affreschi, tuttavia l’intervento che si auspica, sottolinea Maria Mari, è il restauro e il consolidamento di quel poco che rimane e il possibile recupero di altri lacerti dipinti.
 

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09 agosto 2023, 09:13