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L' ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou, nuovo nunzio apostolico in Burundi L' ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou, nuovo nunzio apostolico in Burundi 

Parolin ordina il nuovo nunzio in Burundi: voce del Papa al servizio della pace

Nella Basilica di san Pietro, alla vigilia della solennità di Cristo Re, il cardinale segretario di Stato ha presieduto l’ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou, 59 anni, originario del Benin, finora incaricato dell’organizzazione dei viaggi apostolici internazionali

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Porterai la voce del Papa a tutto il Burundi, che ha vissuto nel recente passato “sanguinosi conflitti”, e dove “le conseguenze dell’instabilità socio-politica si fanno sentire pesantemente sul livello di vita delle popolazioni, che soffrono per la povertà e l’insicurezza alimentare”. Una voce che è sempre “al servizio della pace, a difesa degli ultimi e per un dialogo sincero e generoso tra tutte le parti”, in modo che prevalgano “la concordia e la volontà di perseguire con sapienza e coraggio il bene comune”. Sono le parole con le quali il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha concluso sabato sera 20 novembre l’omelia della Messa per l’ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou, che Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Burundi, con il titolo della diocesi di Vico Equense.

Il servizio nelle nunziature e nella varietà delle Chiese locali

Nato a Dékanmè, in Benin, 59 anni fa, monsignor Datonou è stato ordinato sacerdote nel dicembre 1989, e dopo essersi laureato in Utroque Iure, é entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel luglio 1995. Per circa 15 anni, come ha ricordato il cardinale Parolin, il nuovo vescovo ha prestato servizio nelle nunziature apostoliche in tre continenti ed ha poi lavorato per un decennio in Segreteria di Stato. “Partito dalla tua patria, il Benin, hai avuto modo di conoscere popoli, culture e tradizioni diverse” e “hai fatto esperienza della ricchezza e varietà delle Chiese locali”, ha proseguito il segretario di Stato vaticano, rivolto al nuovo nunzio apostolico, che, ultimamente, collaborava all’organizzazione e alla realizzazione dei viaggi apostolici del Papa.

Il cardinale Pietro Parolin e il nuovo vescovo all altare per la consacrazione eucaristica
Il cardinale Pietro Parolin e il nuovo vescovo all altare per la consacrazione eucaristica

L’autorità di Dio non è quella dei potenti della terra

Nella Messa vespertina della solennità di Cristo Re dell’Universo, il celebrante ha invitato a riflettere “sulla concezione dell’autorità sviluppata lungo i secoli nei più diversi regni e potentati della terra e su quella che invece impersona Gesù, con il suo esempio e il suo insegnamento”. Già nella prima lettura il profeta Daniele descrive gli imperi come quattro bestie che “salivano dal mare”, mentre l’autorità di Dio è rappresentata dalla figura “di uno simile a un figlio d’uomo”, che viene “con le nubi del cielo”.

Gesù, l’autorità nella sua verità e purezza

“Ogni autorità – ha sottolineato Parolin - trova la sua legittimità quando si prefigge di servire al bene di una comunità”, ma spesso “i poteri di questo mondo hanno posto l’accento sulla forza e la sopraffazione, diventando strumento di asservimento e di accrescimento ad ogni costo del potere personale di qualcuno”. Invece Gesù “ci mostra l’autorità nella sua verità e purezza, non contaminata dal disordinato desiderio di dominio”. In Cristo l’autorità “si sacrifica per il bene di tutti, rimane sottoposta alla verità, e si riconosce come un’espressione dell’amore che la nutre e la muove”. Così “non genera oppressione e repressione, ma libertà e responsabilità”.

Vescovi chiamati alla testimonianza di verità e carità

Anche i successori degli apostoli, i vescovi, ha spiegato il segretario di Stato “sono chiamati ad impersonare una forma di autorità, che sull’esempio di Cristo testimoni in ogni circostanza la verità e la carità”. Nel vescovo, il potere di santificare, insegnare e governare il popolo di Dio, “si trasforma in servizio offerto, in occasione provvidenziale per far discendere i doni di Dio sul suo popolo, con una predilezione per i poveri, gli afflitti, i malati ed i perseguitati”.

Un momento dell'ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou
Un momento dell'ordinazione episcopale di monsignor Dieudonné Datonou

Il nunzio apostolico secondo san Giovanni Paolo II

Come nunzio apostolico, monsignor Dieudonné ha ricevuto dal Papa, per Parolin, “il compito di portare il profumo di questo modo di esercizio dell’autorità, che non viene da questo mondo, ma proviene da Dio, che è amore misericordioso”. Il cardinale ha poi ricordato quello che San Giovanni Paolo II aveva detto ai nunzi apostolici in occasione del loro Giubileo, il 15 settembre 2000, invitandoli ad essere “uomini in pace e uomini di pace”. Il nunzio infatti, ha sottolineato il responsabile della diplomazia vaticana,  “promuove la comunione tra le Chiese particolari e quella universale per assicurare che le legittime differenze di cultura e tradizione, lungi dall’opporsi all’unità, rivelino invece la multiforme bellezza della Chiesa”.

“Un orizzonte amplissimo” di servizio

I nunzi apostolici, chiariva ancora san Giovanni Paolo II sono “rappresentanti del Papa presso i Governi nazionali o presso le Istituzioni sovranazionali”, ma in primo “testimoni del Suo ministero di unità presso le Chiese locali”. Altro compito dei nunzi

“è il servizio alla piena unità di tutti i cristiani” unito “alla ricerca e al consolidamento di un'armonica relazione con tutti i credenti in Dio, e di un dialogo sincero con gli uomini di buona volontà”. Davvero “un orizzonte amplissimo” di servizio, ha commentato il cardinale Parolin.

Il motto: “Come ho fatto io, fate anche voi”

In conclusione, il celebrante ha ricordato al nuovo vescovo che già con la scelta del motto episcopale “Ut ita et vos faciatis”, “Come ho fatto io, fate anche voi”, parole di Gesù all’Ultima Cena, dimostra di essere “ben consapevole della radicale novità portata da Cristo” nel concetto di autorità, legata al servizio. Gesù infatti disse: “Io sono re” solo dopo la condanna del Sinedrio, “non essendo allora più possibile alcun fraintendimento sulla natura della sua regalità”.

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21 novembre 2021, 15:33