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Monsignor Mario Grech e Papa Francesco Monsignor Mario Grech e Papa Francesco 

Monsignor Grech: accolgo il cardinalato a servizio della sinodalità

La gratitudine del Segretario generale del Sinodo dei Vescovi per la nomina ricevuta dal Papa si esprime nell'auspicio di poter contribuire ad aiutare l'umanità ad incontrare Cristo e a scoprirci fratelli. Nella nostra intervista anche l'annuncio della convocazione, all'inizio di dicembre, del Consiglio generale che comincerà a preparare i temi dell'Assise in programma nel 2022

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Monsignor Mario Grech è maltese. Benedetto XVI lo ha nominato vescovo di Gozo nel 2011. Lo scorso 15 settembre ha assunto l'incarico di Segretario generale del Sinodo dei Vescovi. Il suo ministero pastorale si è sempre distinto per i rinnovati appelli alla compassione e alla solidarietà concreta verso i più vulnerabili. La nostra intervista parte proprio dallo spirito con cui ha accolto la nomina a cardinale:

Ascolta l'intervista a monsignor Mario Grech

R. - E’ stata una grande sorpresa. Tuttora, sono passati pochi giorni, non posso credere che sono stato ritenuto degno di questo ministero. Io vengo da una parrocchia molto molto piccola e da una diocesi altrettanto piccola, e perciò, in un certo senso, non capisco perché, dalla periferia della Chiesa, il Papa mi ha chiamato. D’altronde, io riesco a capire che le piccole cose contano agli occhi di Dio, agli occhi del Santo Padre e agli occhi della Chiesa. Forse questo potrà darmi anche una chiave interpretativa: che nella vita le piccole esperienze, i piccoli passi sono importanti, alcune volte più dei passi grandi. Le cose che magari ai nostri occhi sembrano insignificanti – come sono io – possono anche contribuire per il bene della Chiesa e il bene dell’umanità.

Può raccontarci che parole le ha rivolto Papa Francesco ricevendola in udienza?

R. - Non abbiamo parlato del cardinalato, su questo aspetto non c’è stata una comunicazione verbale, ma i suoi gesti, il suo sorriso mi hanno detto molto. I suoi occhi lucidi, con una visione penetrante mi hanno comunicato tutto quello che desideravo ascoltare dal Santo Padre. In realtà, abbiamo parlato degli impegni che ho nel mio ufficio. Questo conferma che il Santo Padre mi ha chiamato a questa dignità proprio perché sono il Segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

Ecco, lavorare al Sinodo e, in particolare sul tema della sinodalità, come si incrocia con la porpora cardinalizia?

R. - La nostra missione è importante e non c’è bisogno che il titolare sia cardinale. Ma, allo stesso tempo, il fatto che il Santo Padre mi abbia chiamato a questo rivela quanto sia importante non la mia persona ma l’ufficio che egli mi ha affidato. Vuol dire che non sono io che ho ricevuto il titolo ma il Sinodo. Infatti, quando ho incontrato l’altro giorno lo staff del Segretariato, ho specificato proprio questo: io sono diventato cardinale perché sono con voi. La sinodalità per il Santo Padre ha un valore alto.

Qui scatta l’associazione con l’enciclica Fratelli tutti, in cui proprio la dimensione del ‘noi’ diventa imprescindibile…

R. - D’accordissimo. Infatti, due settimane fa, sempre allo staff di lavoro, ho sottolineato questo: se il Papa con la sua nuova enciclica ci ha chiamato a questa fraternità mondiale, il Sinodo e la sinodalità sono strumenti che aiutano la comunità ecclesiale proprio per diventare più fratelli e sorelle.

Come vi state preparando al Sinodo 2022? Come la pandemia sta incidendo sulla organizzazione dell’assise?

R. - Il Sinodo vuol dire che tutti vanno ascoltati. Sinodo vuol dire che il cerchio più grande è chiamato per diffondere ciò che lo Spirito sta dicendo alla Chiesa. Purtroppo, a causa della pandemia, non è possibile radunare i gruppi, sia a livello di Santa Sede, sia a livello di Chiese particolari. Abbiamo questo limite. Tuttavia, abbiamo iniziato a discutere su come possiamo, nonostante queste difficoltà, cominciare le preparazioni. Posso comunicare che all’inizio di dicembre sarà convocato il Consiglio generale della Segreteria del Sinodo, composto dai Vescovi eletti dal Sinodo precedente, sui Giovani. Con loro cominceremo a formulare i temi che saranno elaborati nei documenti in preparazione per il Sinodo 2022. Il tema della sinodalità, ribadisco, sta molto a cuore al Papa – basta ricordare il discorso che egli ha fatto nel 50° anniversario del Sinodo nel 2015 – e personalmente lo considero il lascito che Papa Francesco consegnerà alla Chiesa. Quando parliamo di sinodalità, parliamo della Chiesa. Io credo molto che la riflessione, partecipata da tutta la Chiesa, potrà aiutarci a guardare in una luce nuova la nostra amata Chiesa.

Tornando alla sua nomina, quali responsabilità specifiche secondo lei derivano dall’assumere il cardinalato quando si lavora in Curia?

R. - E’ un altro motivo, un’altra conferma per la missionarietà. Così io ho recepito questo dono. Una chiamata rafforzata per diventare più evangelizzatori. Non c’è altro senso per la nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo se non quello di impegnarci per proclamare il Vangelo, per aiutare l’uomo di oggi a incontrare Gesù Cristo. Io mi auguro che, con la grazia di Dio e con tutto quello che arriverà con questa dignità cardinalizia, con semplicità sarò aiutato ad aiutare gli altri a fare esperienza dell’amore del Signore. Confesso che la chiamata a diventare cardinale mi crea un po’ di tensione. Mi spiego: ci sono le aspettative della gente, l’immaginario attorno alla figura del cardinale, cominciano a chiamarci con titoli ‘strani’… ‘eminenza’. Stona alle mie orecchie. Dall’altra parte, il Santo Padre ha il suo modo di concepire il cardinalato. Dunque, in questa tensione - tra ciò che la gente si aspetta e come io cerco di vivere questa nuova missione - ho paura che, all’inizio, avvertirò una forma di disagio, ma in senso positivo. Mi auguro, comunque, che questo aiuterà tutti noi ad avere uno sguardo più evangelico nel mondo di oggi.

Insomma, lo spirito di servizio prevale su tutto…

R. - Direi proprio di sì, certo.

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31 ottobre 2020, 08:00