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Matrimonio in assenza di fede, documento della Commissione Teologica

Il testo prende in esame la reciprocità tra fede e sacramenti, che oggi si trova in crisi nella pratica pastorale, analizzando in particolare le conseguenze di questa situazione sul matrimonio sacramentale. Intervista con il teologo gesuita Gabino Uríbarri Bilbao

Nel corso del suo nono quinquennio - che è stato eccezionalmente prorogato di un anno a causa della celebrazione del 50° anniversario della sua fondazione - la Commissione Teologica Internazionale ha approfondito lo studio del rapporto tra la fede cattolica e i sacramenti. Questo studio è stato diretto da una specifica sottocommissione presieduta da Padre Gabino Uríbarri Bilbao. I dibattiti sul tema in questione, da cui è stato tratto il documento "Reciprocità tra Fede e Sacramenti nell'economia sacramentale", si sono svolti tra il 2014 e il 2019. Il testo, approvato dalla maggioranza dei membri della Commissione Teologica Internazionale, è stato poi sottoposto all'approvazione del suo Presidente, il cardinale Luis F. Ladaria Ferrer,  Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Papa Francesco ha dato il suo parere favorevole il 19 dicembre 2019. Nell'intervista, padre Gabino Uríbarri Bilbao spiega in sintesi i contenuti del documento: 

R. - Nella prima Sessione Plenaria della CTI, iniziato il suo nono quinquennio, nel dicembre 2014, è stato approvato per votazione che allo studio vi fosse anche il tema relativo al rapporto “Fede e sacramenti”. Ci è costato parecchio individuare una metodologia e trovare una direzione per l’argomento da trattare, per l’ampiezza delle tematiche implicate: teologia sacramentale generale, fondamento biblico, incidenza pastorale, diversi sacramenti da studiare, varietà di situazioni continentali. Ci sono volute ben 11 bozze prima arrivare al documento finale.

Il documento, in cinque capitoli, vuol mettere a fuoco il fatto che la reciprocità tra fede e sacramenti si trova oggi in crisi nella pratica pastorale. Il cuore del documento, il capitolo 2, consiste in una argomentazione teologica nella quale si rende conto della reciprocità tra fede e sacramenti. Vi si articolano tre tesi fondamentali: 1) La rivelazione di Dio e la storia della salvezza possiedono un tenore sacramentale, per l’importanza massima dovuta all’incarnazione; 2) tale rivelazione sacramentale è ordinata alla comunicazione della grazia divina alla persona umana: è dialogale; 3) perciò, la fede cristiana, come risposta a una rivelazione sacramentale, è di carattere sacramentale. Su tale base, nel capitolo terzo si prendono in considerazione i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana e, nel capitolo quarto, il matrimonio. Il testo si chiude con un capitolo di sintesi, più breve, nel quale si recupera la reciprocità essenziale tra fede e sacramenti secondo la prospettiva cattolica.

La reciprocità tra fede e sacramenti è un tema discusso da anni specialmente in relazione al matrimonio. Sia Benedetto XVI che Francesco hanno posto domande sulla validità di tanti matrimoni celebrati in chiesa per abitudine o tradizione ma senza vera fede. I due Pontefici hanno indicato questa come una possibile via per rivedere alcuni criteri relativi ai processi di nullità. Il documento che cosa chiarisce al riguardo?

R. - Non solo i Papi Benedetto e Francesco. Le assemblee sinodali sulla famiglia (1980, 2014, 2015) e sull’Eucaristia (2005) hanno chiesto, con una percentuale che sfiora il 100% dei voti, una chiarificazione a proposito di una situazione pastorale non risolta: la celebrazione di un sacramento, il matrimonio, senza fede. Noi cerchiamo di illuminare questo problema complesso dal punto di vista della teologia dogmatica, ciò che è il primo passo. La regolamentazione canonica della celebrazione e della validità del sacramento del matrimonio si deduce dalla verità dogmatica dello stesso. Se la dottrina che proponiamo viene accettata, ai canonisti toccherà strutturarne la traduzione giuridica nei processi di nullità. Ciò nonostante, desidero sottolineare che il nostro documento ha inteso tener presente la saggezza che il diritto canonico raccoglie, quale scienza sacra. In questo contesto, voglio evidenziare che la giurisprudenza del Tribunale della Rota Romana ha già emesso sentenze nella linea del nostro documento. E cioè, considerando il fatto che la mancanza di fede può pregiudicare l’intenzione di celebrare un matrimonio naturale (per esempio: sentenza coram Stankiewicz, 19 aprile 1991).

Può spiegare perché l’assenza di fede mette in dubbio la validità del matrimonio sacramentale?

R. - La dottrina cattolica sostiene che il matrimonio è una realtà naturale, che appartiene all’ordine della creazione (cf. Gn 2,24). Gesù Cristo ha elevato questa realtà naturale a sacramento. Perciò, affinché si dia un matrimonio sacramentale, deve darsi anche un matrimonio naturale. Per la Chiesa, il matrimonio naturale ricomprende le stesse caratteristiche del matrimonio sacramentale. I beni del matrimonio naturale, che fanno sì che si tratti di un vero matrimonio, sono gli stessi beni del matrimonio sacramentale. E sono: l’indissolubilità, la fedeltà e la procreazione.

Seguendo Benedetto XVI, partiamo dal fatto che la fede determina le concezioni antropologiche in ogni ambito della vita, compreso ciò che si riferisce al matrimonio. La domanda che ci poniamo è se l’assenza consistente di fede, propria di coloro che si possono chiamare “battezzati non credenti”, pregiudica la loro comprensione del matrimonio. Soprattutto, tenendo presente che in molti luoghi la comprensione socialmente condivisa circa il matrimonio, compresa quella legalmente stabilita, non si regge sull’indissolubilità (per sempre), la fedeltà (l’esclusività e il bene del coniuge) e la procreazione (aperta alla discendenza). Argomentiamo cioè che nel caso dei “battezzati non credenti” l’intenzione di contrarre vero matrimonio naturale non risulta garantita. Senza matrimonio naturale non c’è realtà che possa essere elevata a matrimonio sacramentale: non c’è matrimonio sacramentale.

Il testo della Commissione rifiuta sia l’automatismo secondo il quale ogni matrimonio tra battezzati è sacramento, sia lo “scetticismo elitista” secondo il quale qualsiasi grado di assenza di fede vizierebbe l’intenzione e invaliderebbe il sacramento. Qual è allora la via giusta da percorrere e come applicare alla concretezza delle situazioni delle coppie queste indicazioni?

R. - Noi compiamo un passo per chiarificare una questione che necessita un ulteriore approfondimento. Nel rituale del matrimonio si dice: «I pastori, guidati dall’amore di Cristo, accolgano i fidanzati e in primo luogo ridestino e alimentino la loro fede: il sacramento del matrimonio infatti suppone e richiede la fede» (Praenotanda § 16). Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si definisce così il matrimonio: «Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento» (§ 1601). Tra le due affermazioni si dà una tensione non risolta: nella prima si menziona la fede come requisito (suppone e richiede), nell’altra no.

Quello che si prospetta è un compito delicato per i pastori e per tutti gli agenti implicati nella pastorale matrimoniale, nell’aiutare i futuri coniugi a crescere nella propria fede verso ciò che significa il matrimonio. Si può sempre pregare per gli sposi, ma non sempre sarà opportuno celebrare il rito. Nel suo documento intitolato La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio (1977), la Commissione Teologica Internazionale ha già detto che la mancanza di fede, intesa come disposizione a credere, compromette la validità del sacramento, specialmente se non si dà desiderio della grazia e della salvezza (§ 2.3). San Giovanni Paolo II, per parte sua, dopo una lunga e graduata disquisizione, affermò: «Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati, il pastore d’anime non può ammetterli alla celebrazione» (Familiaris consortio, 68). Ci riferiamo pertanto, per così dire, a casi estremi: mancanza totale di fede, rifiuto di ciò il sacramento significa.

È compito dei pastori condurre il discernimento in ogni caso concreto. Noi abbiamo inteso evitare qualsiasi tipo di casuistica. Se non si percepisce, per mancanza di fede, l’intenzione di contrarre un matrimonio naturale, non si dovrebbe celebrare il rito sacramentale. Dobbiamo essere ben coscienti del fatto che la Chiesa facilita molto l’accesso al sacramento del matrimonio, per un verso, e però ha del matrimonio, per altro verso, un concetto altissimo, che comporta esigenze molto elevate. Anche a questo proposito si dà una tensione.

L’argomento della mancanza di fede come motivazione per dichiarare la nullità di un matrimonio può presentare delle difficoltà: come si fa ad accertare la mancanza di fede? Come si fa a misurare la fede?

R. - Misurare la fede non è possibile. La liturgia dice: “[…] dei quali tu solo hai conosciuto la fede” (Preghiera eucaristica IV). Ciò non significa che la fede non abbia necessariamente una traduzione esterna visibile: la fede si manifesta mediante la confessione di fede, per esempio, o per mezzo della carità. Tuttavia, sì, è possibile giudicare circa l’intenzione, che si unisce alla fede. Noi argomentiamo a partire dall’intenzione, nel caso dei battezzati non credenti, descritti secondo una tipologia precisa: si tratta di quei battezzati rimasti come bambini che non hanno poi mai aderito personalmente alla fede e di quei battezzati che coscientemente hanno rinnegato la fede e la rifiutano.

Quali sono gli sviluppi che il documento apporta sui sacramenti dell’iniziazione cristiana?

R. - In riferimento ai tre sacramenti [dell’iniziazione] sottolineiamo che la ricezione di un sacramento comporta sempre un carattere missionario. Non si riceve un sacramento solamente per se stessi, bensì anche per gli altri: per fortificare la Chiesa come Corpo di Cristo e per essere testimoni di Gesù Cristo Risorto. Insistiamo anche sulla necessità di processi catecumenali previ, quale preparazione per la ricezione del sacramento; su ciò che accade nella ricezione stessa, come dono della grazia e momento di comprensione personale del significato del sacramento; e sulla necessità di catechesi successive la ricezione dei sacramenti, ispirati dalle catechesi mistagogiche dei Padri della Chiesa. Sottolineiamo che la figura della fede che si precisa per ciascun sacramento è diversa. Nel Battesimo occorre assicurare la presenza dell’elemento dialogale che caratterizza la storia della salvezza e la relazione con Dio. Ciò non comporta problemi per il Battesimo degli adulti. Per i bambini, occorre assicurare la presenza di persone prossime, genitori, padrini, nonni, qualche familiare, che garantisca il proposito di una educazione cristiana.

Nel caso della Confermazione insistiamo sulla maturità richiesta per una inserzione più adulta e responsabile nella comunità cristiana, sia in rapporto al suo versante interno di costruzione comunitaria, sia in rapporto alla missione verso l’esterno. Accentuiamo l’importanza della relazione personale con il Signore mediante la preghiera.L’Eucaristia è il sacramento della fede per antonomasia. In essa la fede si esercita e si alimenta. Si richiede una maggior adesione personale al credo e una coerenza basilare con la vita cristiana.La nostra intenzione è molto distante dal porre barriere ai sacramenti. Al contrario, vorremmo che il documento aiuti a stimolare la pastorale e la pratica sacramentale. Prendere sul serio la sacramentalità della storia della salvezza esige un minimo di fede per evitare che la celebrazione dei sacramenti decada in vuoto ritualismo, in magia o in una privatizzazione della fede che non corrisponde più alla fede ecclesiale.

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03 marzo 2020, 12:01