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Momento in Aula, dell'Incontro sulla Protezione dei minori nella Chiesa Momento in Aula, dell'Incontro sulla Protezione dei minori nella Chiesa  

Le dolorose testimonianze di cinque vittime di abusi

Storie di dolore, di silenzi e di violenza subita, ma anche voglia di ridare credibilità alla Chiesa, attraverso l'impegno e la responsabilità dei suoi membri. E' quanto emerso dalle cinque testimonianze, tra cui quella di una donna, ascoltate all'apertura dell'Incontro in corso fino al 24 febbraio in Vaticano

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

Giungono dai diversi continenti le cinque testimonianze pre-registrate fatte ascoltare oggi subito dopo la preghiera che ha aperto nell’aula nuova del Sinodo, in Vaticano, l’Incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”. In tutte risuona forte il ringraziamento per la possibilità di poter essere ascoltate, per il contributo ad una Chiesa migliore che potrà derivare da questo appuntamento in Vaticano e un grazie per l'appoggio e l'aiuto ricevuto dal Santo Padre.

Ma altrettanto forte e senza sconti risuona, nelle parole di ciascuna delle vittime, non solo il dramma che deriva dall'abuso sessuale e dalle "conseguenze tremende" che esso provoca nella vita quotidiana, nella famiglia, nei rapporti sociali e nei riguardi "perfino di Dio"; ma anche la richiesta ferma ai vescovi e alla Chiesa tutta di non "assentire" senza agire, ma di assumersi pienamente la responsabilità di quanto accade e di collaborare con la giustizia perchè questo "tumore" non solo venga estirpato, ma anche curato con "trattamenti" specifici.

Ascolto delle vittime e loro cura

Come "cattolico", dice un uomo che porta la sua testimonianza dal Sud America, "la prima cosa che ho pensato è stata: vado a raccontare tutto a Santa Madre Chiesa, dove mi ascolteranno e mi rispetteranno. La prima cosa che hanno fatto è stata di trattarmi da bugiardo", "questo è uno schema che esiste in tutto il mondo", "e questo deve finire". Come riparare dunque? Il primo bisogno indicato è "far guarire le vittime", "credere loro e accompagnarle"; e poi "collaborare con la giustizia". Rivolgendosi direttamente ai vescovi presenti nell'aula quest'uomo chiede di "ascoltare quello che il Papa vuole fare" non limitandosi ad "assentire con un cenno del capo". "Lo chiedo allo Spirito Santo" - dice - che "aiutiate a ristabilire la fiducia nella Chiesa" e che "coloro che non vogliono ascoltare lo Spirito Santo e che vogliono continuare a coprire, se ne vadano dalla Chiesa per lasciare il posto a quelli che invece vogliono creare una Chiesa nuova".

Una Chiesa nuova e responsabile

E' una storia di violenza, umiliazioni e costrizioni subite quella raccontata dall'unica donna tra i testimoni di oggi. Proviene dall'Africa: incinta tre volte e altrettante volte costretta ad abortire. La sua è una "vita distrutta" dalla quale emerge un messaggio ai vescovi che è un appello all'amore vero, che è solo - afferma - quello gratuito: "quando si ama qualcuno si pensa al suo futuro e al suo bene", dunque preti e religiosi si comportino da "responsabili" da "persone avvedute".

Ascoltare le vittime, "imparare" ad ascoltarle: è ciò che chiede il sacerdote che testimonia di abusi subiti da un altro prete. Lui, proveniente dall'est dell'Europa, al 25.mo della sua ordinazione, in tanti anni non è stato mai creduto, nè compreso e questa è la "ferita" profonda che si porta dentro. Eppure la parola finale della sua breve testimonianza è "perdono" e ancora una volta gratitudine alla Chiesa e a quanti in essa hanno comunque avuto modo di aiutarlo.

Una leadership di visione e di coraggio

"Ferita" è la parola chiave anche della quarta vittima di abusi la cui voce risuona nell'aula vaticana. Quest'uomo originario degli Stati Uniti  fa riferimento alla "perdita totale dell'innocenza della sua giovinezza" come alla "ferita" peggiore subita dopo l'abuso da parte di un sacerdote. Nelle sue parole tutto il dolore che ancora si stratifica ed emerge "nelle relazioni famigliari" a causa della "disfunzione e della manipolazione" subita da un "uomo malvagio", un sacerdote cattolico. Ai vescovi che lo ascoltano in questa occasione, chiede di manifestare una "leadership di visione e di coraggio" per lavorare ad una "guarigione", ad una "soluzione" e ad una "Chiesa migliore".

Torna il mancato ascolto, torna la complicità di quanti - provinciali e superiori maggiori - hanno coperto l'abuso, torna la richiesta di "azioni severe che realmente rimettano in riga gli abusatori", anche nell'ultima testimonianza resa oggi da parte di un uomo asiatico. Il silenzio può uccidere, afferma, confessando quanta fatica faccia a vivere, "a stare insieme alla gente" e ad "avere rapporti con le persone". Se il desiderio è di "salvare la Chiesa" da quella che definisce una delle "bombe ad orologeria nella Chiesa d'Asia", la strada indicata è ancora una volta quella della giustizia e della verità e all'uditorio dice: "Non dobbiamo permettere che le amicizie abbiano la meglio, perché questo distruggerà un’intera generazione di bambini". 

La reazione del card. Tagle all’ascolto delle testimonianze delle vittime

“Non è facile ascoltare le testimonianze. Ho sentito tante testimonianze, ma mai potrò dire: “Sono abituato”, no, mai. Le testimonianze aprono anche le mie ferite. Tante volte noi non affrontiamo le nostre ferite, però in questo momento le testimonianze sono profezie a livello personale, a livello di fede. Per me è un momento difficile però è un momento di grazia, di rinnovamento".

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21 febbraio 2019, 11:21