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Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita 

Mons. Paglia: dobbiamo restare umani davanti alla tecnologia

Assemblea plenaria della Pontificia accademia per la Vita riunita in Vaticano sul tema della “roboetica”: “non lasciamoci soverchiare da una prospettiva tecnologica”

Michele Raviart – Città del Vaticano

Il rapporto tra uomo e tecnologia e le sue implicazioni etiche è al centro dell’Assemblea generale della Pontificia accademia per la vita. “Roboetica. Persone, macchine e salute” è il tema del workshop, in corso in questi giorni in Vaticano. Scienziati filosofi e giuristi discuteranno delle implicazioni etiche e antropologiche della robotica nell’età contemporanea, in particolare nel campo della salute e della medicina.

“Non consegnare la vita alla logica della tecnica” sono state le parole di Papa Francesco rivolte ai partecipanti dell’Assemblea, che hanno come obiettivo quello di ribadire il predominio dell’uomo sulla scienza. Spiega mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita

R. – Negli ultimi decenni – pochissimi decenni – si è sviluppata una nuova prospettiva tecnologica che sfocia in una delicata frontiera. Se fino ad ora la tecnica era al servizio dell’umano, oggi il rischio è che la tecnica prenda il sopravvento e si sostituisca in qualche modo all’umano. In questo senso, abbiamo sentito l’urgenza di riflettere su questo cambiamento che in realtà è davvero un cambiamento epocale, perché tocca il senso stesso della vita umana. Ed in effetti, se fino ad ora abbiamo assistito, purtroppo impotenti di fatto, alla devastazione della creazione, con l’inquinamento climatico, l’inquinamento dei mari, la distruzione dell’ambiente, ora il rischio è che tutto ciò avvenga in quello che – possiamo chiamare – l’umano, fin quasi ad annullarlo, fin quasi a passare dall’essere protagonisti ad essere protesi. Ecco perché abbiamo ritenuto importante, su suggerimento anche dell’esortazione del Papa a percorrere le nuove frontiere che riguardano la vita, radunare i maggiori esperti su questo tema per discutere e per comprendere quanto sia importante non lasciarsi soverchiare da una prospettiva tecnologica, ignorando la responsabilità di restare nella cabina di regia.

Papa Francesco ha rivolto un messaggio in occasione di questo Convegno, e uno dei punti che ha toccato è quello del concetto di intelligenza artificiale utilizzato come improprio…

R. – Il termine “intelligenza” qui rischia di essere equivoco. Noi sappiamo già molto poco dell’intelligenza “naturale”, e trasferire questo termine nell’ambito dell’artificiale rischia di essere molto pericoloso, perché parlare di intelligenza artificiale vuole appunto dire che si può mettere da parte tutta la complessità di ciò che vuol dire l’umano: non solo la creatività nella strumentazione, ma pensiamo a tutta la dimensione degli affetti, dell’amore, della preghiera, del perdono, dell’arte. Ecco, tutto questo richiede una riflessione attenta. Quest’anno ci siamo fermati ad esaminare il tema della robotica unendolo – appunto – a etica: la “roboetica”, perché comprendiamo che senza valori etici universali rischiamo di farci male.

Implicazioni etiche: uno dei campi è quello della medicina e della salute. Possiamo fare degli esempi? Quali sono queste implicazioni?

R. – In questo settore sono affascinanti le possibilità che si possono avere. Si prospettano, e sono già in atto, dei vantaggi enormi, incredibili. Pensiamo anche agli esoscheletri, alla capacità di una macchina di aiutare chi ha grossi handicap a stare in piedi a camminare. Pensiamo all’enorme possibilità della chirurgia attraverso i robot, che sbagliano meno degli uomini, meno dei chirurghi. Pensiamo alla possibilità di avere nozioni sulla storia della salute; negli individui, difficilmente è possibile a un medico di famiglia. Questi sono tutti elementi che mostrano quanto sia importante la prospettiva tecnica nell’ambito della medicina e soprattutto della chirurgia - ma penso anche alla telemedicina - che possono ridurre le disuguaglianze tra popolazioni ricche e povere. La Pontificia Accademia per la Vita sa bene che proprio per difendere e promuovere la vita, questa dimensione della robotica è quanto mai utile e dobbiamo guardare con favore ad essa. Perché l’agire tecnico è frutto della creatività, di un potere che Dio ha dato all’uomo. Quindi non dobbiamo aver paura di questo ma, come accade in tutti i mezzi; faccio un esempio banale: il progresso scientifico può arrivare ovviamente alla fissione dell’atomo, ma se poi diventa nucleare, siamo in una dimensione drammatica. Ecco perché ritengo che mettersi attorno a un tavolo sia quanto mai importante per promuovere la tecnica perché aiuti l’uomo, ma per mettere anche paletti laddove questa tecnica possa portare disastri incalcolabi.

In quali campi della bioetica si rischia di superare questi paletti?

R. – Soprattutto nell’ambito per esempio della genomica, nell’ambito della manipolazione delle materie cerebrali, dell’ingegneria genetica. Davvero i rischi sono enormi. E cioè dimenticando di essere creature, e pensando di diventare creatori. Non dimentichiamo che la dimensione del mistero e quindi anche del limite, è indispensabile anche nella prospettiva scientifica, oltre che da altre prospettive. C’è poi la questione della politica o della giurisprudenza: pensiamo a cosa vuol dire per esempio il controllo dei big data o anche il controllo facciale. Possiamo davvero tornare indietro a una moderna schiavitù ben più sofisticata e terribile di quella del passato. Ecco perché questa prospettiva tecnologica non va demonizzata né lasciata a sé stessa, ma ancora una volta, se vogliamo che la tecnica sia davvero umana, noi dobbiamo restare umani.

Ascolta l'intervista a mons. Vincenzo Paglia su uomo e tecnologia

 

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26 febbraio 2019, 13:29