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Gabriella Gambino, sottosegretario per la sezione Vita del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita Gabriella Gambino, sottosegretario per la sezione Vita del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita 

Protezione minori, Gambino (Dicastero Vita): vittime attendono una risposta decisa

Gabriella Gambino, docente di bioetica e sottosegretario del Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha lavorato nel comitato organizzatore dell’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”. “Mi auguro che i partecipanti condividano paure, dubbi e difficoltà”, spiega in questa intervista

Fabio Colagrande - Città del Vaticano

Nei lavori preparatori dell’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa” che si apre oggi in Vaticano sono state coinvolte, fra gli altri, Gabriella Gambino, sottosegretario per la Sezione Vita, e Linda Ghisoni, sottosegretario per la Sezione Fedeli Laici, del Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita. Durante la conferenza stampa di presentazione del meeting è stato sottolineato il contributo ‘femminile’ da loro apportato sul tema del contrasto e della prevenzione degli abusi commessi da chierici, anche a livello educativo. Abbiamo chiesto a Gabriella Gambino, docente di Bioetica ed esperta sui temi della vita, del matrimonio e della famiglia, cosa si deve attendere il popolo di Dio da questo incontro.

Ascolta l'intervista a Gabriella Gambino

R. – Il Meeting, in questo momento è senz’altro l’apice di un’azione pastorale di grande responsabilità, come ha detto il Santo Padre, da parte della Chiesa. Un’azione che però è iniziata già da tempo e che ora vuole imporre una svolta concreta ed effettiva all’operato dei vescovi responsabili della questione degli abusi sui minori.

Quanto è stato impegnativo lavorare all’organizzazione di questo incontro, e quali aspetti l’hanno colpita di più, proprio nella fase organizzativa?

R. – Sicuramente è stato molto impegnativo perché il problema degli abusi sui minori sottende una pluralità di questioni e una complessità di fattori che andavano considerati e tenuti tutti insieme. Quindi questa è stata una difficoltà già in sé, una complessità. Ma la cosa che mi ha colpita è stata la grande capacità di lavoro collegiale della Commissione, di vero reciproco ascolto, di apertura, di disponibilità da parte di tutti i membri del Comitato organizzatore. Davvero c’era la consapevolezza profonda di essere lì non solo a servizio del Santo Padre, ma delle vittime che attendono una risposta e un’azione decisa, e delle famiglie devastate, che hanno bisogno di essere aiutate e soccorse. E non da ultimo, poi, eravamo impegnati anche in prospettiva nei confronti dei nostri figli, perché in futuro possano davvero continuare ad avere fiducia nella Chiesa e avere speranza.

A questo proposito, crede che ci sia un contributo specifico che le donne in quanto tali possono portare nel contrasto agli abusi sui minori nella Chiesa?

R. – Senz’altro, nel senso che le donne sono coloro che di per sé hanno la straordinaria capacità di proteggere la vita umana e le fragilità, là dove è necessario. Le madri hanno una particolare forza decisiva di fronte ai rischi nei confronti della vita, dunque è importante che abbiano un ruolo significativo nei luoghi sia dove si monitorerà l’applicazione delle regole, sia dove poi si valuteranno e si farà discernimento circa le situazioni di rischio.

Nella fase preparatoria dell’Incontro è stato detto più volte che non basta aggiornare linee-guida e procedure per combattere gli abusi, se manca un cambio di atteggiamento culturale. Quale dev’essere questo cambiamento, secondo lei?

R. – Penso che il cambiamento più significativo sia davvero fare in modo che tutti si entri – i pastori, in particolare – in un atteggiamento di ascolto profondo, ma secondo lo stile veramente evangelico che libera dalla sicurezza di sé, dalla freddezza che a volte, come è stato detto, rende i pastori quasi dei ragionieri dello Spirito. È importante un ascolto rispettoso, attento, mai superficiale, sempre consapevole del fatto che innanzi a sé c’è una persona nella quale è presente Cristo.

Ecco: infatti, durante il Meeting sarà centrale l’ascolto delle vittime …

R. – Molto importante, e sicuramente importante perché si entri in un atteggiamento – come dicevo – di comprensione profonda, cioè di condivisione del dolore e della sua gravità affinché si creino davvero le condizioni, poi, perché non si possano ripetere questi orrori nella Chiesa. È pur vero che proprio per questo motivo molti vescovi hanno già ascoltato le vittime nei loro Paesi, per arrivare al Meeting preparati e più consapevoli.

Quali frutti concreti si augura personalmente possano scaturire da queste quattro giornate?

R. – Credo che un grande frutto sarebbe vedere i pastori al lavoro mettendo sul tavolo anche tutte le loro difficoltà, i loro dubbi, le loro paure nell’ambito del Meeting. Sarebbe importante: già questo sarebbe uno straordinario punto di partenza perché poi, con maggiore consapevolezza, si possano attuare dei cambiamenti concreti nelle realtà locali.

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21 febbraio 2019, 07:30