Beato Antonio Rosmini
Rosmini
Fin da giovane si dimostra particolarmente incline agli studi e desideroso di conoscere tutti i campi, riconoscendo che non c’è sapienza più alta di quella di Dio, tanto da voler mettere Dio innanzi a tutto, essere tutto di Dio. E su questo principio ascetico imposterà la sua vita. “Non io, dirà, sceglierò cosa fare, ma le circostanze della vita esaminate alla luce della ragione e della fede”. Questo proposito comporterà una “indifferenza” interiore affinché l’animo sia il più possibile disponibile ad abbracciare qui ed ora ciò che Dio chiede. Da giovane sacerdote si scrive una Regola di vita basata su due principi: "1° pensare seriamente ad emendare me stesso dai miei vizi e a purificare l'anima mia dall'iniquità di cui è gravata fin dal nascere, senza andare in cerca d'altre occupazioni od opere a favore del prossimo, trovandomi nell'assoluta impotenza di fare da me stesso cosa alcuna in suo vantaggio; 2° non rifiutare i servizi di carità verso il prossimo quando la divina Provvidenza me li offrisse e presentasse, essendo Iddio potente di servirsi di chiunque, e anche di me per le sue opere, e in tal caso conservare una perfetta indifferenza a tutte le opere di carità facendo quella che mi è proposta con egual fervore come qualunque altra in quanto alla mia libera volontà".
Rosmini fondatore
Nel 1828 fonda l’Istituto della Carità e, nel 1832, quello delle Suore della Provvidenza (dette poi Rosminiane), pensati e voluti come luoghi idonei alla formazione umana, cristiana, religiosa, Istituti finalizzati all’esercizio della carità universale che il Rosmini coniuga in un triplice binario: “Carità spirituale” (opere riferite alla salvezza eterna dell’uomo: annuncio e sacramenti), “Carità intellettuale” (opere con le quali liberare la mente dell’uomo dalle tenebre dell’ignoranza e illuminarla con la luce della verità), “carità temporale” (opere rivolte ai bisogni del corpo, quali fame e salute).
Per cogliere quanto per lui la Chiesa sta al di sopra di tutto, anche degli stessi Istituti da lui fondati, scrive nelle Costituzioni: "Non pensiamo a questo Istituto, ma sempre alla Chiesa di Cristo, richiamando nel gaudio del nostro cuore le promesse che ci furono tramandate in eredità riguardo al regno di Cristo e all'immobilità del divino consiglio….finché [la nostra famiglia religiosa] sarà utile alla Chiesa, [Dio] la conserverà e la proteggerà; quando invece comincerà ad essere inutile e dannosa, con giusto giudizio troncherà l'albero dannoso e lo darà alle fiamme"
Rosmini autore
L’attività culturale del Rosmini spaziò su varie tematiche: spiritualità, filosofia, teologia, teoria della politica… ma, a quel tempo, più di qualche sua convinzione gli creò non pochi problemi. La riabilitazione del suo pensiero avvenne gradualmente. Giovanni XXIII mediterà sul libro “Le massime di perfezione cristiana”, dove a un certo punto il Rosmini scrive: "Il primo desiderio che nel cuore del cristiano viene generato dal desiderio supremo della giustizia [santità], è il desiderio dell'incremento e della gloria della Chiesa di Gesù Cristo”. Se in tutti c’è il desiderio di piacere a Dio, dentro questo desiderio vi è custodita la scelta di orientare tutto – pensieri e azioni - a gloria della Chiesa di Dio. Giovanni Paolo I si laureerà in teologia all’Università Gregoriana di Roma con una tesi su “L’origine dell’anima umana secondo Antonio Rosmini”. Solamente con Giovanni Paolo II avviene la completa riabilitazione della sua figura, quando nella sua Enciclica Fides et Ratio lo cita tra i grandi pensatori: "Il fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio si manifesta anche nella ricerca coraggiosa condotta da pensatori più recenti, tra i quali mi piace menzionare, per l'ambito occidentale, personalità come John Henry Newman, Antonio Rosmini, Jacques Maritain, Étienne Gilson, Edith Stein..." (Fides et Ratio, n. 74). Un autentico gigante della cultura.
“Delle cinque piaghe della santa Chiesa”
Si tratta dell’opera che ha avuto maggiore eco, scritta tra il 1832 e il 1833. Autentica espressione dell’amore per la Chiesa, frutto di intensa preghiera e profonda riflessione sacerdotale. Rosmini vedeva minacciata l’unità e la libertà della Chiesa; mosso da questo pensiero, ha il coraggio di scrivere e denunciare quelle che lui chiama le “piaghe” della “santa” Chiesa. La prima piaga è la divisione tra clero e laici nella liturgia; seconda piaga, l’insufficienza di educazione del clero; terza piaga, la disunione dei vescovi; quarta piaga, la nomina dei vescovi lasciata in mano al potere laicale; quinta piaga, la servitù dei beni ecclesiastici.
Questo scritto porterà papa Pio IX a scrivergli nel 1849: “Con paterno affetto La esortiamo a riflettere sopra le opere da Lei stampate, per modificarle o correggerle o ritrattarle”. Rosmini soffrirà molto per questo pesante giudizio, tanto da rispondere: “Beatissimo Padre, figlio devoto e ubbidiente alla Chiesa, che è colonna e firmamento della verità, sommesso a tutte le sue decisioni, contro le quali non sorse mai un dubbio nell’animo mio, aderente coll’intime viscere alla dottrina celeste da essa insegnata…io ho sottoposto molte e molte volte con pubbliche e private dichiarazioni tutte le mie opere e opinioni…io voglio appoggiarmi in tutto sull’autorità della Chiesa, e voglio che tutto il mondo sappia che a questa sola autorità io aderisco, che mi compiaccio delle verità da essa insegnatami, che mi glorio di ritrattare gli errori in cui potessi essere incorso contro alle ineffabili sue decisioni…”. Nel 1849 il libro delle “Delle cinque piaghe della santa Chiesa” fu messo all’indice. Rosmini comprende la situazione e torna a Stresa, presso il Noviziato dell’Istituto. La situazione si fa incandescente fino al 1852, quando viene richiesta una verifica di tutti i suoi Scritti. Nel 1854 la sentenza finale viene proclamata innanzi a Pio IX: assoluzione da tutte le accuse. Don Antonio morirà un anno dopo.
La morte e il cammino verso gli altari
Rosmini muore il 1° luglio 1855. A distanza di tempo si comprenderà che ogni scritto era fondato e chiaro tanto che nel febbraio 1994 la Congregazione delle Cause dei Santi comunicava che la Santa Sede non opponeva alcun ostacolo all’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione.
Lasciamo al Rosmini l’ultima parola, scritta nel 1849, in un momento di dura prova: "Meditando la Provvidenza, io l'ammiro: ammirandola, l'amo; amandola, la celebro; celebrandola, la ringrazio; ringraziandola, mi riempio di letizia. E come potrei fare altrimenti, se so per ragione e per fede, e sento con l'intimo spirito, che tutto ciò che si fa, o voluto o permesso da Dio, è fatto da un eterno, da un infinito, da un essenziale amore? E chi potrebbe rattristarsi all'amore?".