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San Gregorio di Narek

San Gregorio di Narek, miniatura, 1173 San Gregorio di Narek, miniatura, 1173 

"Un giorno una tempesta ti scosse, e le tue acque... lacerate dai fulmini, alzarono uno strano canto, frenetico e armonioso, nobilmente aspro e soavemente terribile... come se fosse intonato dalla tromba di un arcangelo preso dallo spavento e dalla pietà davanti agli orrori dell'inferno aperto. Era l'anima del monaco di Narek che passava su di te".

(Ode alla lingua armena, 1908)

Le parole che lo scrittore Archag Tchobanian dedica a Gregorio di Narek in questo poema, scritto in uno dei momenti più terribili della storia armena, rivelano il crogiolo dove il monaco forgiò un nuovo verbo teologico profondamente radicato nella tradizione della sua terra.

Non cerco la quiete, ma il Volto di Colui che la concede (Lamentazioni)

Gregorio di Narek nacque tra il 945 e il 951 a Vaspurakan (Armenia storica) in una famiglia di letterati. Dopo la morte prematura di sua madre, suo padre, Khosrov, fu nominato arcivescovo di Andzevatsik e affidò la sua educazione a suo zio Anania, medico, filosofo e abate del monastero basiliano di Narek, celebre scuola di Sacra Scrittura e Patristica.  Gregorio vi studierà, oltre alla Bibbia, i poeti e i filosofi ellenistici, sarà ordinato sacerdote, poi abate e riformerà Narek.

Contemplativo, ma non isolato dalle vicende politiche ed ecclesiastiche della sua terra e del suo tempo, la sua fama andò oltre le mura del monastero.  Così, su richiesta del principe Gurgen di Andzevatsik, scrisse il suo Commento al Cantico dei Cantici; e su richiesta del vescovo Stepanos, la storia della Santa Croce di Aparank. Dedicò sermoni e inni all'insegnamento del popolo.

Di particolare importanza per la comprensione dei suoi insegnamenti mariologici sono gli encomi alla Beata Vergine, in cui preannunciava l'immacolata concezione di Maria con uno stile toccante in cui si percepisce la sua nostalgia della figura materna. 

Alla fine della sua vita scrisse "Il Libro delle Lamentazioni" così popolare e amato in Armenia che la sua lettura era obbligatoria per gli scolari una volta che avevano imparato l'alfabeto. Morì intorno al 1010 a Narek dove la sua tomba, luogo di pellegrinaggio per otto secoli, fu distrutta insieme al monastero durante il genocidio del 1915-1916.

Dio si nasconde nel linguaggio

Scritta 1.200 anni fa, l'opera di Narek rimane un modello universale di letteratura e spiritualità. Gregorio inventa un genere, una specie di treno (orazione funebre greca) su un'anima in estremo pericolo; e un tipo di libro, una catena di preghiere.  "Il ritmo e il numero a cui ho fatto ricorso nel poema precedente", dice nelle Lamentazioni, "non avevano altro scopo che acuire il dolore, il lamento, i sospiri, l'amara litania delle lacrime... Riprenderò dunque qui la stessa forma, in ogni frase, come anafora e come epistrofe, e farò in modo che la ripetizione figuri fedelmente lo spirito, la forza vivificante della preghiera”. 

San Gregorio è un innovatore perché libera la parola interiore da tutti i canoni di espressione regolati dalla tradizione filosofica o religiosa del suo tempo, e così facendo restituisce allo spirito il suo diritto di esprimersi senza restrizioni, entrando in un dialogo diretto con Dio che esclude qualsiasi dogmatismo, tranne quello della libertà.  Un dialogo dove la solitudine dell'essere umano e il silenzio espressivo di Dio si intrecciano e si rispondono a vicenda; una "venuta di Dio nel linguaggio" che mostra anche i limiti del linguaggio per avvicinarsi al divino.

Nei 95 capitoli o preghiere delle Lamentazioni, il monaco-filosofo diventa un rappresentante solidale di tutto il genere umano, perso nel labirinto del peccato e angosciato dal bisogno di amore, in costante tensione verso qualcosa che non appartiene al mondo che abita, fino ad abbandonarsi alla misericordia del Dio della luce, la cui vicinanza sente allora come immediata.

La sua eredità è stata raccolta dai poeti armeni del XX secolo, in un'epoca in cui era estremamente difficile anteporre l'essere umano a qualsiasi sistema.

Un grido che diventa una preghiera

Il 12 aprile 2015, in occasione della sua proclamazione come Dottore della Chiesa, Papa Francesco, ha scritto nel suo Messaggio agli Armeni: “San Gregorio di Narek, monaco del X secolo, più di ogni altro ha saputo esprimere la sensibilità del vostro popolo, dando voce al grido, che diventa preghiera (…) Formidabile interprete dell’animo umano, sembra pronunciare per noi parole profetiche: «Io mi sono volontariamente caricato di tutte le colpe, da quelle del primo padre fino a quelle dell’ultimo dei suoi discendenti, e me ne sono considerato responsabile» (Libro delle Lamentazioni, LXXII). Quanto ci colpisce questo suo sentimento di universale solidarietà! Come ci sentiamo piccoli di fronte alla grandezza delle sue invocazioni: «Ricordati, [Signore,] … di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia (...) Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro» (ibid., LXXXIII)”.