Cerca

2023.11.22 Copertina podcast "Pace in terra"

Ep. 2 - Ucraina

Nel nostro cammino d’Avvento nei luoghi della terza guerra mondiale a pezzi, l’Ucraina è una tappa obbligata. All’udienza generale del 23 febbraio 2022, vigilia dell’attacco a Kiev da parte di Mosca, il Papa mostrava la sua preoccupazione per lo scenario allarmante che si stava profilando e lanciava un appello perché non si procurasse dolore alla popolazione inerme. Un appello finora caduto nel vuoto e che ancora oggi - trascorsi quasi due anni dall'inizio del conflitto - non trova orecchie pronte ad ascoltare il grido di chi implora la pace. Anche in questo inverno, seppure l'interesse mediatico sembra scemato, si muore e si soffre in quella terra. Lo racconta Oleh Klymonchuk, psicologo, operatore del Vis, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, che fin dall’inizio del conflitto si è messo a fare la spola tra  le città e i villaggi ucraini offrendo aiuto e sostegno psicologico soprattutto ai genitori che hanno perso i figli mentre combattevano per difendere il proprio Paese. Un lavoro che guarda al futuro, a quando si dovrà ricostruire, e porta frutto solo se svolto insieme, nella condivisione e nella fraternità.

Capisco che ogni persona in Ucraina percepisce questo stress, un’ansia costante di vivere in guerra, è un peso costante in ognuno di noi. Allora, perché noi dobbiamo unirci tutti insieme, vivere insieme questa guerra, perché dobbiamo lavorare e aiutare la gente a esprimere quello che prova? Perché comunque, se non possiamo fare qualcosa per far finire la guerra, dobbiamo almeno supportare gli altri. Questo è il nostro ruolo oggi, il ruolo di ognuno di noi, di ogni persona in Ucraina, specialmente il ruolo di noi psicologi che dobbiamo aiutare a condividere i sentimenti e dare supporto agli altri.

Uno squarcio di speranza emerge anche dalla occante la testimonianza di padre Oleh Panchyniak, parroco della parrocchia greco-cattolica dei Tre Santi Gerarchi a Brovary, 20 km da Kiev. Racconta del figlio Nazar e del proprio cambiamento, sente infatti che le parole di Gesù in un contesto di guerra hanno per lui un significato nuovo e consolante.

Il momento più difficile del mio viaggio al fronte per vedere mio figlio, che si chiama Nazar, è stato quando ci siamo salutati: capivo che stavo tornando a casa dall'inferno, e lui rimaneva in un inferno. Nazar ha perso al fronte un amico, si chiamava Andriy. Stavano facendo la formazione insieme. E, in realtà, al posto di Andriy, avrebbe dovuto partire mio figlio per la missione durante la quale Andriy è stato ucciso. È successo che sono stati sostituiti e questo ragazzo è morto. Nazar mi chiama continuamente dal fronte e dice: "Papà, ricordati che hai un quarto figlio per il quale dovresti pregare tanto quanto per noi". Quindi, sono grato a Dio, prego affinché custodisca i miei figli e tutti i Suoi figli, e sono grato perché loro si ricordano di Lui. Uno dei miei più grandi desideri è che torni dal fronte come un vero essere umano. Non è andato lì per uccidere nessuno, ma per proteggere. Purtroppo è stato già in prima linea e ha dovuto aprire il fuoco, sparare sulle persone. Quando è venuto qui a trovarmi per due o tre giorni, ci siamo seduti con lui e mi ha detto: "Papà, l'ho fatto", e io gli ho risposto: "Figliolo, ti sei preso cura di tua madre, del nostro Paese e di tutti coloro che vivono qui". Per questo il mio desiderio più grande è che tornino come persone umane, come persone erano prima della guerra.

Per questo episodio un ringraziamento particolare va a Xavier Sartre e a Svitlana Dukhovech e per il doppiaggio a Alessandro De Carolis.

07 dicembre 2023