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Myanmar, un campo minato Myanmar, un campo minato

Il Papa: in Myanmar tacciano le armi e si apra un dialogo sincero per arrivare alla pace

All’Angelus il pensiero di Francesco rivolto ai Paesi dilaniati dalla guerra, con lo sguardo allo Stato del Sudest asiatico e alla sua popolazione che soffre per i combattimenti, “soprattutto i più vulnerabili: bambini, anziani, malati, rifugiati tra i quali i rohingya”. E poi la preghiera per Ucraina, Palestina, Israele, Libano, Sudan

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Dialogo e inclusività, sono i passi necessari perché si arrivi alla pace. Ed è così che Francesco, nei saluti dopo la preghiera dell’Angelus, ancora una volta invita i fedeli riuniti in piazza San Pietro a non distogliere lo sguardo da chi soffre per le conseguenze dei conflitti. Come quello che sta dilaniando il Myanmar, che domani, 25 novembre, commemora l’anniversario del primo sciopero degli universitari nel 1920.

 

Domani il Myanmar celebra la festa nazionale in ricordo della prima protesta studentesca che avviò il Paese verso l’indipendenza e nella prospettiva di una stagione pacifica e democratica che ancora oggi fatica a realizzarsi. Esprimo la mia vicinanza all’intera popolazione del Myanmar, in particolare per quanti soffrono per i combattimenti in corso, soprattutto i più vulnerabili: bambini, anziani, malati, rifugiati, tra i quali i Rohingya. A tutte le parti coinvolte rivolgo un accorato appello affinché tacciano le armi, si apra un dialogo sincero, inclusivo, in grado di assicurare una pace duratura

Il Papa con un saluto particolare ai pellegrini arrivati a Roma da Malta, da Israele, dalla Slovenia e dalla Spagna, come pure dalle diocesi di Mostar e Trebinje, rilancia la sua richiesta incessante di preghiere perché si arrivi alla pace nella martoriata Ucraina, "che soffre tanto", in Palestina, in Israele, in Libano, in Sudan.
 

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24 novembre 2024, 12:31