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Il cardinale Matteo Zuppi Il cardinale Matteo Zuppi 

Zuppi: cerchiamo di far tornare a casa i bambini ucraini

L’arcivescovo di Bologna ha incontrato Papa Francesco e a margine della presentazione del nuovo libro di Andrea Riccardi sulla pace ha raccontato quali sono stati i primi passi della sua missione umanitaria a Kiev e Mosca

Roberto Paglialonga

“Sì, certamente ho visto il Papa”. Così il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, prima di iniziare il suo intervento alla presentazione del libro di Andrea Riccardi “Il grido della pace” (San Paolo), svoltasi nella sede di Sant’Egidio questa sera a Roma, rispondendo alle domande dei giornalisti se avesse incontrato il Pontefice al termine delle sue missioni a Kiev e Mosca. La priorità, ha spiegato Zuppi, è “ora quella di lavorare per i più svantaggiati, come i bambini, e vedere se si riesce ad avviare il meccanismo per loro e aiutare la parte umanitaria. Speriamo che si cominci dai più piccoli, da quelli che sono più fragili. I bambini devono poter tornare in Ucraina. Il prossimo passo, quindi, sarà prima la verifica dei bambini e poi vedere come farli tornare, a partire dai più fragili”.

Nel corso della presentazione - cui hanno preso parte, con la moderazione del professor Marco Impagliazzo, storico e presidente della Comunità di Sant’Egidio, anche il giornalista Marco Damilano, il professor Giuseppe De Rita, presidente del Censis, e la professoressa Donatella Di Cesare -, il cardinale ha sottolineato come “il libro di Riccardi oggi sia utile perché ci aiuta a sviluppare una consapevolezza del momento che stiamo vivendo, ci indica una capacità di tessere la tela su quella che Giuseppe De Rita ha definito la ‘profondità della storia’ e a capire che le soluzioni alla guerra vanno cercate nella complessità della realtà”. La guerra, infatti, ha aggiunto, “è sempre una sconfitta per tutti”. Per questo, c’è bisogno che “anche la Chiesa oggi sappia aiutare, per ripartire nella costruzione del noi, nel passaggio dall’io a un noi più grande”.

Andrea Riccardi ha sottolineato che è tempo di “ritornare a ragionare su cos’è la pace”. E la guerra, come diceva un fante della seconda guerra mondiale, “è brutta perché si finisce sotto terra”. Oggi, la guerra fa paura, “sì, ma forse non abbastanza”, ha detto ancora.  Per questo, oggi “va sconfitta la visione della guerra come un game, perché questo porta alla sua inesorabile accettazione, a una inaccettabile familiarità della guerra, quasi alla sua riabilitazione”. Allora – ha proseguito Riccardi – il problema è “ritrovare un’emozione di orrore per la guerra e uno slancio verso la pace”. Ma dov’è il movimento della pace, si chiede? “Non lo so, non lo vedo – è la risposta – però ci sono tanti frammenti in movimento, e quindi noi siamo chiamati a ricomporli per ricostruire la comunità, per ricostruire il noi”. Pertanto, da parte della politica “ci vogliono pensieri più lunghi e visioni più larghe, ci vuole un maggiore investimento nella diplomazia. Occorre riprendere la storia e la memoria, come quelle della seconda guerra mondiale e della Shoah. Superare il discorso del derby, delle curve da stadio. Bisogna alimentare una cultura di pace e che tale cultura sia diffusa tra la gente”.

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04 luglio 2023, 20:26