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Il Papa: giusto processo è accertare la verità ascoltando tutti senza pregiudizi

Nell'udienza a quanti si occupano dell'esercizio della giustizia in Vaticano, Papa Francesco ricorda le riforme in atto per rispondere "all'esigenza propria della Chiesa di adeguare tutte le sue strutture a uno stile sempre più evangelico". Occasione dell'incontro stamattina, nell'Aula della Benedizione, l'inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano

Adriana Masotti - Città del Vaticano

L’importanza dell’esercizio dell’ascolto per quanti lavorano in ambito giudiziario, la necessità di coniugare giustizia e misericordia, il ricorso all’equità, i criteri per la nomina dei magistrati, le riforme già attuate e quelle ancora in corso per garantire l’uguaglianza di tutti nel sistema processuale e per una trasparenza sempre maggiore della gestione della finanza pubblica. C’è tutto questo nel discorso che Papa Francesco pronuncia in occasione dell’inaugurazione del 93º anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, nel quale rivolge un particolare saluto al cardinale Mamberti, presidente della Corte di Cassazione, ai cardinali giudici della medesima Corte e ai giudici della Corte d’Appello, e al presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Il dovere di ascoltare tutti

Ricordando il percorso sinodale intrapreso dalla Chiesa, il Papa afferma che esso “interpella anche l’ambito giudiziario”, perché anche nelle vicende giudiziarie tutti i partecipanti sono tenuti a camminare insieme concorrendo "all’accertamento della verità tramite il contraddittorio, il confronto degli argomenti e l’accurato esame delle prove” per arrivare “a un giudizio ponderato e condiviso”. E questo richiede “un esercizio costante di ascolto onesto di quanto viene argomentato e dimostrato dalle parti”. Occorre dunque "ascoltare tutti", sottolinea.

La giustizia va sempre coniugata alla misericordia

La finalità del processo, prosegue Francesco, deve essere “l’attuazione di giustizia rispetto alle persone coinvolte e, insieme, riparazione dell’armonia sociale che guarda al futuro e aiuta a ricominciare”.

A tal fine, le esigenze di giustizia implicano una valutazione comparata di posizioni e interessi contrapposti ed esigono una riparazione. Inoltre, nei processi penali, la giustizia va sempre coniugata con le istanze di misericordia, che in ultima analisi invitano alla conversione e al perdono. Fra questi due poli sussiste una complementarità e si deve cercare un bilanciamento, nella consapevolezza che, se è vero che una misericordia senza giustizia porta alla dissoluzione dell’ordine sociale, è pur vero che "la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio" (Amoris laetitia, 311).

Il ricorso all'equità e la scelta dei magistrati

Papa Francesco richiama a questo proposito l’importanza del “ricorso all’equità", che significa “tener conto delle esigenze del caso concreto, di particolari situazioni di fatto meritevoli di specifica considerazione” e si pone “in stretta relazione con il precetto della carità evangelica, vero principio ispiratore di tutto l’agire della Chiesa”.
Nell’ordinamento vaticano, il diritto canonico, spiega il Papa, è “la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpretativo”, ma che su determinate materie, si tiene conto degli atti normativi emanati dallo Stato italiano “purché non risultino contrari ai precetti di diritto proprio, né ai principi generali del diritto canonico, nonché alle norme dei Patti Lateranensi e successivi Accordi”. In un quadro così articolato, Francesco si sofferma sulla ratio della disciplina circa la nomina dei magistrati, che devono essere scelti tra giuristi di chiara fama con “comprovata esperienza in ambito giudiziario o forense, civile, penale o amministrativo”, e tra loro almeno uno deve essere “esperto di diritto canonico ed ecclesiastico”.

L'incontro di questa mattina
L'incontro di questa mattina

Il piano di riforme in atto

Il lavoro che i magistrati svolgono per garantire l’esercizio della giustizia, afferma ancora Francesco, offre un contributo necessario e pienamente legittimato per la soluzione dei problemi di carattere civile e penale, ulteriori e diversi rispetto a quelli di competenza dei Tribunali Apostolici e canonici:

Si tratta di un lavoro destinato ad aumentare in una stagione di riforme come quella da qualche tempo avviata, che è proseguita anche nel corso dell’ultimo anno, con alcune rilevanti novità sia in ambito economico e finanziario, sia nel settore della giustizia. Riforme che intendono corrispondere, da un lato, ai parametri sviluppati dalla comunità internazionale in diversi ambiti, come quello economico, e, dall’altro, all’esigenza propria della Chiesa di adeguare tutte le sue strutture a uno stile sempre più evangelico.

L'impegno per rispondere alla crescente domanda di giustizia

Il Papa cita, quindi, l’introduzione di “disposizioni per favorire il processo di contenimento della spesa” e per il rafforzamento della “trasparenza nella gestione della finanza pubblica che, in una realtà quale la Chiesa, dev’essere esemplare e irreprensibile”. Cita poi alcune riforme strutturali e alcuni aggiornamenti del quadro normativo attuati, osservando che altri interventi di riforma sono allo studio “soprattutto nell’ambito della procedura penale e della cooperazione internazionale (…) al fine di rafforzare gli strumenti di prevenzione e contrasto dei reati e di rispondere alla crescente domanda di giustizia che si registra anche nel nostro Stato”. 

Al riguardo si può ricordare che nel corso dell’ultimo anno sono giunte a decisione alcune complesse vicende giudiziarie, relative a reati in ambito finanziario ovvero a reati contro i buoni costumi, che hanno fatto emergere sia comportamenti delittuosi puntualmente sanzionati, sia condotte inappropriate che hanno sollecitato l’intervento dell’autorità ecclesiastica competente.

La legge a servizio della giustizia e della carità

Papa Francesco ritorna poi al principio di fondo dell’esercizio processuale dicendo che “la legge e il giudizio devono essere sempre a servizio della verità e della giustizia, oltre che della virtù evangelica della carità”. E precisa:

In quest’ottica, che esclude ogni visione autoreferenziale della legge, la giustizia proposta da Gesù Cristo non è tanto un insieme di regole da applicare con perizia tecnica, ma piuttosto una disposizione della vita che guida chi ha responsabilità e che esige anzitutto un impegno di conversione personale. Chiede una disposizione del cuore da implorare e alimentare nella preghiera e grazie alla quale possiamo adempiere i nostri doveri coniugando la correttezza delle leggi con la misericordia, che non è la sospensione della giustizia, ma il suo compimento.

L'udienza per l'inaugurazione dell'anno giudiziario
L'udienza per l'inaugurazione dell'anno giudiziario

Parolin celebra la Messa nella Cappella Paolina

Prima dell’udienza, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha presieduto nella Cappella Paolina la Messa per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Commentando il Vangelo odierno (Mt 5, 43-48), ha affermato che il potente invito di Gesù ad essere perfetti come il Padre celeste, suggerisce “a giudici e a operatori della giustizia di tenere un atteggiamento di umiltà, perché tutti ci avvertiamo inadeguati e imperfetti. Un’umiltà che si fa deontologia e che come un pungolo che spinge perché la verità processuale”, per quanto ciò è possibile all’essere umano, “coincida con la verità reale e da qui un sincero amore per la verità che deve tutti animare”.

Necessario un atteggiamento di umiltà

“È compito arduo - ha proseguito il segretario di Stato - rinvenire la verità nel formicolio e nel groviglio delle vicende umane, senza mai dimenticare che nella complessa realtà della vita, tra il bianco e il nero esistono spesso delle zone grigie”. E “un atteggiamento di umiltà, proprio di chi vuole onestamente perseguire l’ideale di perfezione proposto dal Signore Gesù, anche nel delicato ambito giudiziario, ci ricorderà che la possibilità dell’errore è sempre in agguato”, sia “per la difficoltà di ricostruire i fatti, sia per quella ancor più laboriosa di verificare l’atteggiamento psicologico del reo. Ecco perché, di fronte alla psicologica possibilità di sbagliare in tutti gli ordinamenti democratici, sono previsti tre gradi di giudizio”.

“È in questo senso - ha concluso il cardinale Parolin - che un filosofo del diritto, attento alla tragicità dell’esistenza che solo in Dio si risolve, quale Giuseppe Capograssi, ha parlato della coscienza angosciata e trepidante che deve avere il magistrato prima di dare la sua risposta, vale a dire applicare la legge al caso concreto”.

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12 marzo 2022, 11:23