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Un profugo mostra una foto di Papa Francesco Un profugo mostra una foto di Papa Francesco

L'isola e la carezza di Francesco

Nel “Reception and Identification Centre” di Mytilene, il campo profughi allestito dopo l'incendio del settembre 2020 del Moria che oggi apre le porte al Papa, operano i volontari di Sant'Egidio con numerose iniziative che vogliono ridare speranza agli oltre 2mila rifugiati scoraggiati da condizioni di vita difficili. Dawood Yousefi: "Il Papa mostra all’Europa che non è difficile accogliere chi è in difficoltà e che l'indifferenza e la paura non risolvono nulla"

Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano

Ci sono bambini, a Lesbo, che pensano che il mondo sia tutto quello lì. Che le case siano un tendone bianco dove l’inverno il vento ghiaccia le pietre e l’estate il sole picchia sulla testa, che il posto letto debba essere condiviso con altri bambini di altre famiglie, che il pasto si consumi una sola volta al giorno e che ci si lavi con l’acqua del mare. Sono i bambini nati e finora cresciuti nel Reception and Identification Centre di Mytilene, il campo profughi allestito lo scorso anno con il sostegno dell’Unione Europea e in collaborazione con il governo greco per dare riparo agli oltre 12 mila rifugiati finiti per strada dopo il devastante incendio dell’8-9 settembre 2020 del campo Moria.

I bambini accolti dal Centro
I bambini accolti dal Centro

Ovvero il campo dove Papa Francesco si recò in visita nell’aprile 2016, in un’unica, breve, significativa tappa che riannodava il filo cominciato a tessere tre anni prima con il “pellegrinaggio” a Lampedusa: quello di farsi presente in mezzo alla “carne ferita” di migliaia di persone, soprattutto famiglie, fuggite dalla propria terra e costrette a stazionare in posti in cui definire difficili le condizioni di vita sarebbe retorico e riduttivo.

"Un carcere a cielo aperto" 

Cinque anni dopo Francesco torna in queste terre, specchio che riflette il dramma di un intero continente. Alle 09.45 ora italiana, il Pontefice solcherà i 34 ettari del nuovo campo che ha preso il posto del sovrappopolato Moria e che ha raccolto una parte dei profughi residenti negli insediamenti 'non ufficiali' di Samos e Chios. In totale nel Reception and Identification Centre sono presenti oggi circa 2.300 persone, perlopiù famiglie o donne coi loro figli. Francesco li incontrerà di persona e vedrà con i propri occhi quel luogo descritto come “un carcere a cielo aperto” da chi lo visita più volte all’anno. Proprio questa è l’espressione che usa Dawood Yousefi, giovane afghano che di migrazione s’intende non solo per il lavoro come volontario della Comunità di Sant’Egidio, ma perché sulla pelle porta ancora i segni dei lunghi viaggi a piedi, sotto i camion, nei gommoni sull’Egeo, per fuggire dalle persecuzioni del suo Paese. 

Vicende di quasi vent’anni fa che però hanno lasciato nel ragazzo segni indelebili: raccolto e accolto da Sant’Egidio, Dawood, che a Roma oggi insegna, fa il mediatore culturale e l’interprete, è impegnato ventiquattr'ore su ventiquattro per l’accoglienza. E ogni estate passa almeno una quarantina di giorni sull’isola greca per aiutare i rifugiati. Era a Lesbo anche il 15 agosto, quando Kabul è caduta in mano ai talebani, e di corsa ha preso un aereo per andare a Roma Fiumicino a distribuire vestiti, merendine e giocattoli ai bambini arrivati dall’Afghanistan: “Guardarli negli occhi è stato come rivivere la mia esperienza”, racconta a Vatican News. Un mese e mezzo fa, il ragazzo ha visitato il centro di Mytilene: “È stato costruito in un’ex caserma e quella è l’immagine che continua a dare: una caserma, anzi, quasi un carcere a cielo aperto nell’Europa del 21.mo secolo”.

Situazioni limite

“La cosa che funziona meglio rispetto al Moria è la sicurezza, tutto il resto purtroppo è come prima”. Delle difficoltà del campo non è solo Dawood a parlarne: ci sono rapporti di Unhcr, Medici senza Frontiere o Oxfam Italia che denunciano la mancanza di acqua pulita e di un sistema fognario, le tende a 20 metri dal mare inadeguate a sopportare ogni raffica di vento, l’assenza di un’assistenza sanitaria e di norme di prevenzione per il Covid. “Si parla pure di mine inesplose ritrovate nel terreno. Terreno peraltro contaminato dai prodotti chimici che hanno provocato infezioni e malattie, soprattutto nei neonati”, assicura Dawood. “A questo si aggiungono lunghissime attese per i documenti, il cibo che scarseggia e che non è di buona qualità, tanti bambini che non hanno accesso all’istruzione”. I centri nascono infatti come strutture temporanee in attesa che la domanda di asilo segua il suo corso: per questo, ai minori (la maggior parte con meno di 12 anni) non viene garantito il diritto di frequentare la scuola pubblica greca. “Studiano quindi in corsi autogestiti dagli stessi rifugiati”.

Il campo profughi di Lesbo
Il campo profughi di Lesbo

Ridotto il sovraffollamento

Dopo gli ampi sforzi dell'UE e delle organizzazioni coinvolte, a settembre 2021 circa 4.200 persone sono state ricollocate in altri Stati membri dell’Unione: minori e adolescenti non accompagnati, richiedenti asilo vulnerabili, beneficiari di protezione internazionale. All'inizio di quest’anno, 773 persone sono state addirittura trasferite direttamente da Lesbo in Germania tramite voli diretti, in modo da ridurre il sovraffollamento. La situazione rimane comunque grave, afferma Dawood. La scena che più lo ha turbato nella sua ultima visita è stata vedere tante famiglie dormire ancora in tenda: “Due o tre insieme, poche quelle sistemate nei container”.

Tendenze suicide tra i giovani

La disperazione aumenta di giorno in giorno: “Mi ha rattristato vedere come molti hanno perso la speranza. È subentrata una stanchezza del vivere, di rimanere bloccati lì... Le pratiche durano mesi, se non anni”. Non sono poche, inoltre, le domande respinte e, in caso di risposta negativa anche in appello, si finisce nella lista delle persone da riportare in Turchia, come spiega una nota dell’Unhcr. Per molti il tempo dell’incertezza diventa tempo di sofferenza: “Si parla di diversi tentativi di suicidio da parte soprattutto dei giovani”. Quelli che vengono principalmente da Afghanistan Siria, Kurdistan iracheno, Somalia e anche dal Pakistan, e che attraversano la Turchia nella speranza di varcare le porte dell'Europa.

La visita del Papa nel 2016 al campo profughi Moria
La visita del Papa nel 2016 al campo profughi Moria

L'opera di Sant'Egidio

Con gli “amici” di Sant’Egidio, il giovane afghano dal 2019 si reca più volte all’anno a Lesbo. E con altri volontari di vari Paesi organizzano cene e vacanze solidali (la “Sant’Egidio Summer”), poi i corsi di lingua inglese, l’accompagnamento dei malati negli ospedali, la Scuola per la Pace per i bambini. Tante iniziative, un unico obiettivo: “Vogliamo portare un po’ di gioia. Non è una cosa scontata, queste persone hanno bisogno di qualcuno che gli dica che non sono soli e che gli diano la speranza che presto usciranno dalla situazione in cui vivono”.

La luce del Papa 

L’arrivo del Papa, in questo contesto, rappresenta dunque un fascio di luce sulle ombre dei confini europei. “È l’unico tra i leader a parlare con insistenza del dramma dei rifugiati, delle difficoltà e del fenomeno della migrazione”, afferma Dawood Yousefi. Anche venerdì, nella preghiera ecumenica a Nicosia, il Pontefice non ha risparmiato la sua denuncia contro una tragedia che avviene sotto i nostri occhi. “Dà speranza ciò che dice il Papa, anche perché oltre alle parole fa seguire anche i fatti…”. Come nel 2016, quando tornò da Lesbo con a bordo sull'aereo papale un gruppo di profughi, portati a Roma dove sono stati ‘accolti, protetti, promossi e integrati’. “Con il suo gesto, il Papa ha mostrato all’Europa e a tutti noi che non è difficile accogliere chi è in difficoltà. Che si possono trovare soluzioni legali per regolare questo fenomeno e, soprattutto, che l’indifferenza e la paura non portano da nessuna parte. Quello delle migrazioni non è un'emergenza ma una realtà che bisogna affrontare, perché c’è oggi, c’è stata in passato e sempre ci sarà”.

Preparativi nel campo per l'arrivo del Papa
Preparativi nel campo per l'arrivo del Papa

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05 dicembre 2021, 08:11