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Beata Karolina Kόzka, beatificata da Giovanni Paolo II 1987 Beata Karolina Kόzka, beatificata da Giovanni Paolo II 1987

La Beata Karolina Kózka, modello di purezza per i giovani

Una giovane contadina che ha dato la vita a soli sedici anni, per difendere la sua dignità di donna: la sua storia nelle parole di Papa Francesco oggi all'udienza generale e, ancora prima di lui nel ritratto che ne fece san Giovanni Paolo II quando la proclamò beata, nel 1987

Gabriella Ceraso -Città del Vaticano

Come Santa Maria Goretti: oggi la Chiesa di Polonia fa memoria di una sua “giovane figlia”, la Beata Karolina Kózka, vergine e martire, che a sedici anni fu uccisa per difendere la virtù della castità. La ricorda il Papa nei saluti ai fedeli di lingua polacca durante l'udienza generale di oggi. Ricorda la terra di questa giovane contadina e lo fa per parlare ai giovani della dignità della donna e del valore della purezza del nostro corpo perché ne siano testimoni. Dice Francesco:

Con il suo esempio, ancora oggi indica, specialmente ai giovani, il valore della purezza, il rispetto per il corpo umano e la dignità della donna. Affidatevi alla sua intercessione, perché vi aiuti a testimoniare con coraggio le virtù cristiane e i valori evangelici.

Lo stesso sguardo per i giovani ebbe San Giovanni Paolo II quando, durante il suo viaggio apostolico in Polonia nel giugno del 1987, celebrò la solenne Messa per la beatificazione di questa martire che, disse, “parla con la sua vita e la sua morte prima di tutto ai giovani”:

Ai ragazzi, alle ragazze. Agli uomini e alle donne. Parla della grande dignità della donna: della dignità della persona umana. Della dignità del corpo, anche se in questo mondo è soggetto alla morte e corruttibile così come anche il suo giovane corpo è stato sottoposto alla morte dall’assassino, ma questo corpo umano porta in sé il segno dell’immortalità che l’uomo deve raggiungere in Dio eterno e vivo mediante Cristo.

Una vita di fede e di dono 

Karolina Kózka era una giovane contadina nata a Wal-Ruda in Polonia il 22 agosto 1898 e morta martire nella stessa località, 16 anni dopo. "Figlia di genitori semplici, figlia della terra sulla Vistola, 'stella del tuo popolo'", la definì san Giovanni Paolo II, stella che ha decorato e illuminato il mondo giovanile e il mondo del lavoro con la sua vita e il suo martirio. La sua era una famiglia di contadini, conosciuta come una “famiglia di santa gente” che chiamava “chiesetta” la loro casa, per indicare come la preghiera abitasse con loro quotidianamente. Sin da piccola Karolina seguì la guida del suo padre spirituale nel nucleo parrocchiale del villaggio, impiegando il tempo libero col catechismo ai fratelli e sorelle e ai ragazzi delle case vicine e assistendo anziani e ammalati. Fu in piena Prima Guerra mondiale che un giorno Carolina venne aggredita da un soldato russo e trascinata via dalla sua casa fin nella foresta di Wal-Ruda. Cercò di opporsi con forza e per questo fu uccisa. Aveva solo sedici anni. Nel bosco dove le sue spoglie furono ritrovate, i suoi concittadini vollero erigere una grande croce di legno e più tardi la comunità, profondamente scossa da quella inaudita violenza. le dedicò un monumento accanto alla cattedrale.

Dunque, come ebbe a dire Giovanni Paolo II, Karolina Kózka è una figura che si intreccia profondamente con la fede e la terra agricola di Polonia. Una vita e una morte eloquente, affermò san Giovanni Paolo II, che - come ci ripete oggi Francesco - ci rende consapevoli della grande "dignità dell’uomo", dell’uomo davanti a Cristo e in Cristo.

"Cadendo per mano dell’aggressore – disse san Giovanni Paolo II nell'omelia della beatificazione, ripercorrendo la vita di questa giovane alla luce del suo totale affidamento a Cristo – Karolina rende l’ultima testimonianza su questa terra, a quella vita che è in lei. La morte corporale non la distrugge. La morte significa un nuovo inizio di questa vita, che è da Dio, che diventa la nostra parte per mezzo di Cristo, per opera della sua morte e risurrezione".

"Carolina dunque perisce", proseguì Papa Wojtyla. "Il suo giovane corpo rimane tra il sottobosco. E la morte di un innocente sin d’ora, sembra annunciare con una forza particolare la verità espressa dal salmista: II Signore è la mia parte dell’eredità, / Il Signore è il mio destino. / Nelle sue mani è la mia vita".

 

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18 novembre 2020, 10:18