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Il Papa benedice a Santa Marta la "statua della Sindone"

L'opera dello scultore Luigi Enzo Mattei è stata realizzata a partire dai dati anatomici estrapolati dal Sacro Telo. Realizzata in argilla in occasione del giubileo del 2000, è stata ora donata al Vaticano. Nella nostra intervista lo scultore racconta genesi e particolari della sua creazione

Michele Raviart - Città del Vaticano

Una statua raffigurante il corpo di Gesù ricostruito a partire dalla Sacra Sindone è stata benedetta questa mattina da Papa Francesco a margine della Messa a Santa Marta. L’opera, intitolata “il Corpo dell’Uomo della Sindone” è stata realizzata in occasione del Giubileo del 2000 dallo scultore Luigi Enzo Mattei ed è stata ora donata a Francesco dopo essere stata esposta in tutto il mondo. L’artista, già autore della "Porta Santa" della Basilica di Santa Maria Maggiore, racconta a Vatican News i particolari dell’incontro con il Papa.

R. - È stato un incontro ideale proprio perché non solo il Papa ha benedetto l’opera ma ha ascoltato anche i motivi per cui l’ho ricostruita ed è stata anche un’opportunità per fare qualche riflessione importante su questa testimonianza di fede e di scienza al tempo stesso. Ho potuto anche dire al Santo Padre di come io consideri questa figura non solo come quella del Crocifisso e del Deposto, ma anche come quella del Risorto. La Resurrezione di solito viene interpretata invece come una sorta di “volo in cielo”, ma il passaggio di stato è avvenuto proprio come viene mostrato nella Sindone, che è una testimonianza misteriosa di un fatto misterioso.

Ci può dire delle parole specifiche di apprezzamento che le ha detto Papa Francesco per questa opera?

R. - Ha detto: “Avete fatto bene a fare un lavoro come questo” e si è complimentato. In questa occasione ho donato al Santo Padre anche la statua di un San Giuseppe “pensoso” per il cinquantesimo anno dall’ordinazione. Il Santo Padre ha ringraziato e ha detto che come Giuseppe ha custodito il piccolo Gesù, un altro Giuseppe ha custodito il corpo del Deposto: Giuseppe d’Arimatea. Il Papa scrisse una cosa importante a riguardo, che mi sono ricordato, ovvero che la figura della Sindone genera lo stupore che si ha quando si incontra un qualcuno che ti sta aspettando e quest’incontro è casuale. Ciò è molto importante perché in questi anni in cui l’opera è stata vista molto spesso ha avuto questo ruolo di stupire chi guardava, al di là della fede e del credo.

Ci può parlare della genesi di questa opera?

R.- Ho realizzato l’opera negli anni dal 1998 al 2000 per il grande giubileo. L’idea era di fare qualcosa che non fosse stato fatto prima, anche perché la Sindone non è mai stata riportata in “3D” in modo scientifico, ma solo con interpretazioni molto labili. L’ho realizzata in due anni con l’apporto di scienziati e di sindologi di fama ognuno dei quali mi ha dato dei risultati scientifici, e non solo, che riguardavano il loro settore. Io ho fatto da collettore a queste diverse istanze fino a arrivare a concretizzare e rendere fisico questo personaggio che prima d'ora curiosamente non era mai stato rappresentato con quella attenzione che invece ci voleva, coinvolgendo così anatomia fisica, scienza e anche curiosità.  

Di che materiale è composta questa statua è quali sono state le caratteristiche o le difficoltà nel creare questa scultura?

R.- L’ ho fatto in argilla, lavorando il materiale che è quello della creazione. Ho avuto a disposizione i teli a grandezza naturale, in negativo e in positivo, della Sindone che sono stati molto importanti. Ne è uscito un uomo che veramente è riuscito a stupire e non è stato altro che quello che era contenuto nel sacro telo. Un uomo alto un metro e 79-80 cm, che pesava circa 80 kg e con il segno di tre chiodi che son serviti a fissarlo alla croce. Due nel polso-mano e un solo chiodo per i piedi.

Quest’opera ora è stata donata al Papa. Quele è stato il suo percorso?

R.- Nel 2000 questa figura è stata presentata a Bologna e ha viaggiato un po’ per il mondo. È stata anche replicata in diversi continenti. Questa è l’originale che abbiamo tenuto in deposito negli ultimi sette anni nel museo diocesano di Imola e adesso con la benedizione del Papa, diciamo, ha ricevuto un “imprimatur” non da poco.

 

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16 dicembre 2019, 16:34