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Baobab in Madagascar Baobab in Madagascar 

Madagascar, conciliare natura e turismo. L’attesa del Papa

La Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, che si celebra domani 1° settembre, apre la strada, quest’anno, al Viaggio apostolico di Papa Francesco in Africa che avrà, tra le sue cifre distintive, anche il tema della tutela ambientale. Come evitare i rischi derivanti da uno sfruttamento della natura che non tiene conto, in alcuni casi, dei principi di salvaguardia e promozione della ‘ecologia’ integrale? Intervista al presidente del Vim, Marco Sassi

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Uno dei punti di forza del Madagascar, dove il Papa si reca dal 6 all’8 settembre, è la eccezionale biodiversità, tra le più prodigiose al mondo, tanto che molti dei suoi siti naturali sono Patrimonio Unesco. Il Paese viene da più parti definito un ‘Santuario della Natura’: più di 12mila le specie di piante, 700 d'orchidee, più di 110 tipi di palme, moltissime spezie, piante da frutto. Notissimi ai visitatori, tra le specie animali, i caratteristici lemuri. L’80% di flora e fauna è endemico. Sullo stesso logo del viaggio lo sfondo è rappresentato dai due alberi simbolo del Madagascar, la palma del viaggiatore, ‘ravinala’, e l’albero di baobab. E’ una ricchezza che attrae turisti da ogni parte del mondo, ad alimentare un settore economico che, tuttavia, non è privo di contraddizioni.
L’impegno in progetti per la tutela ambientale distingue in particolare la rete Vim - Onlus (Volontari Italiani per il Madagascar): 87 associazioni che operano in terra malgascia anche con attività legate all'istruzione, nel campo sanitario, di assistenza agli emarginati. La Chiesa locale fornisce un valido sostegno alla valorizzazione del territorio, in linea con gli inviti contenuti nell’Enciclica Laudato Sì, come spiega il presidente di Vim, Marco Sassi.

Ascolta l'intervista a Marco Sassi

R. – Soprattutto sull’ambiente c’è molto interesse anche da parte della Chiesa con la quale, devo dire, abbiamo collaborato benissimo, trovando nei religiosi degli interlocutori sensibilissimi. Veramente la Chiesa è il porta bandiera della protezione ambientale in questo Paese che ha bisogno di avere una miglior tutela della sua grandissima biodiversità, minacciata dalla deforestazione, dagli incendi, dalla speculazione. La Chiesa si è messa al centro di questo tema; con essa collaboriamo in tante situazioni, in tanti progetti, perché molte di queste associazioni sono nate proprio grazie ai missionari, ai religiosi che erano qui e che quindi riuscivano a stabilire dei contatti soprattutto con le zone di origine, dove si sono create reti con cui continuano a lavorare per l’isola.

Ci può segnalare un paio di progetti della vostra rete?

R. – Ad esempio, i piccoli ospedali; me ne viene in mente uno che si trova nel Sud del Paese che nonostante si trovi a sei ore dalla città più vicina, è un gioiellino di assistenza sanitaria e vanta macchinari anche avanzati. E’ portato avanti da un’associazione di Bologna che fa arrivare qui oltre cento medici all’anno per curare persone che altrimenti non avrebbero alcuna opportunità di assistenza sanitaria. È un progetto abbastanza costoso, moderno. Poi c’è la piccola associazione della provincia di Vicenza che si occupa di diritto alle cure sanitarie. Esperienze del genere sono importanti soprattutto in questo momento storico segnato da atteggiamenti di xenofobia: può essere un modo per dare la possibilità all’Italia di partecipare allo sviluppo di questo grande continente che è l’Africa, di cui il Madagascar è uno dei Paesi più arretrati, con quello spirito oblativo che secondo me è il vero antidoto al razzismo.

Come guardate al viaggio del Papa in questa terra?

R. - È un Paese conosciuto solo per certi lati turistici, limitati a pochissime zone. Il viaggio del Papa contribuirà a farlo conoscere in tutte le sue sfaccettature, anche di grande povertà, ma anche di grande dignità.

Come incide il turismo sulla crescita economica e sociale della popolazione locale?

R. - Non porta beneficio a tutte le classi sociali, nel senso che il gettito del grande circuito turistico non ricade sulle categorie più povere, quelle che comunque rimangono ai bordi della società, che stanno a guardare. Proprio questa mattina mi trovavo di fianco ad un grande resort con persone che spaccavano le pietre sotto il sole per fare ghiaia per la costruzione di ville o grandi alberghi. Bene, questo persone sono lì, con i figli che non vanno a scuola, non hanno assistenza sanitaria se si fanno male, vivono alla giornata perché non sanno se qualcuno gli comprerà il proprio pietrisco. Quindi, è vero, il turismo porta benessere, porta sviluppo in un Paese, però non è sempre equamente distribuito.

Resta la peculiarità di un Paese che è una frontiera tra Africa e Asia …

R. - Sì, è un Paese a sé stante. È difficile dire che siamo in Africa, ancor meno che siamo in Asia; è un Paese fuori dai cliché. Merita veramente di essere scoperto, perché è un continente a parte.

 

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31 agosto 2019, 14:48