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I vescovi della Conferenza episcopale di Angola e sao Tomé e Príncipe I vescovi della Conferenza episcopale di Angola e sao Tomé e Príncipe 

La presenza e il ruolo della Chiesa cattolica in Angola

Dopo l'indipendenza dal Portogallo nel 1975, l'Angola ha conosciuto quasi 30 anni di guerra civile e ateismo militante. Tuttavia, la presenza della Chiesa e il suo supporto a favore della popolazione non sono mai venute meno

Lisa Zengarini - Città del Vaticano

Religione ufficiale durante la dominazione portoghese, sotto la quale il Paese è stato evangelizzato a partire dal XV secolo, il cattolicesimo è ancora oggi la fede della maggioranza degli angolani. Più della metà della popolazione (57% circa) è battezzata nella Chiesa cattolica, un quarto appartiene alle Chiese protestanti tradizionali (luterana, battista, metodista, congregazionalista...) mentre nelle aree rurali sono ancora diffusi culti tradizionali africani. Dopo l’indipendenza sono sorte numerose comunità pentecostali ed evangeliche, assieme a diverse sette sincretiche (tra cui la Chiesa Universale del Regno di Dio proveniente dal Brasile), un fenomeno all’attenzione delle autorità angolane che da qualche anno cercano di contenerne l’espansione con alcuni provvedimenti restrittivi. Numerosi luoghi di culto sono stati chiusi in quanto ritenuti appartenenti a sette religiose non autorizzate. Nel Paese è presente anche una piccola comunità islamica (circa il 3% della popolazione) legata all’immigrazione, soprattutto dall’Africa occidentale.

Il rapporto della Chiesa cattolica locale con le Istituzioni

Dopo gli anni difficili dell’ateismo militante del Mpla, la Chiesa gode di una relativa libertà di azione, garantita dalla Costituzione che riconosce la libertà religiosa come diritto inalienabile. La Repubblica di Angola intrattiene relazioni diplomatiche con la Santa Sede a livello di nunziatura dal 1997, mentre è allo studio un Accordo quadro di cooperazione.

Le vessazioni e le pesanti restrizioni imposte dal passato regime marxista-leninista non sono riuscite a cancellare la presenza e l’influenza della Chiesa in Angola, che durante la guerra non ha mai fatto mancare il suo sostegno alla popolazione. Ancora oggi è una componente importante della società angolana. Dalla fine del conflitto armato, che in quasi quasi trent’anni (1975-2002) ha causato mezzo milione di morti e quattro milioni di sfollati, essa si è prefissata due compiti principali: la riconciliazione e la ricostruzione del tessuto sociale del Paese. Un impegno, quest’ultimo, portato avanti anche attraverso la sua fitta rete di opere sociali. La Chiesa angolana continua a supplire all’insufficienza dei servizi forniti dallo Stato con i suoi ospedali, presidi sanitari, scuole, orfanatrofi e altre strutture dedicate all'infanzia abbandonata gestiti da diversi ordini religiosi.

Il settore educativo e sanitario del Paese

Soprattutto nel campo sanitario ed educativo essa è quindi un partner privilegiato e indispensabile dello Stato. Il potenziamento del sistema educativo e la garanzia di pari opportunità e di servizi accessibili a tutti sono per la Chiesa angolana la chiave della lotta alla povertà e all’ingiustizia sociale che continuano a minacciare la stabilità dell’Angola. La Conferenza episcopale angolana (Ceast) lo ha ribadito, tra l’altro, alla quinta Settimana sociale del 2015 in cui ha invocato maggiori investimenti da parte dello Stato nel “capitale umano” del Paese, attraverso il miglioramento della qualità dell’educazione, una maggiore democrazia economica, la promozione della parità di genere e dell’occupazione giovanile.

L’impegno della Chiesa per la riconciliazione

Il 40.mo anniversario dell’indipendenza, nel 2015, è stato un’occasione per rilanciare l’impegno della Chiesa angolana per la riconciliazione nazionale in un momento di crescenti tensioni sociali esacerbate dalla crisi economica conseguente al crollo dei prezzi del petrolio. All’approssimarsi di questa importante ricorrenza, diversi presuli hanno lanciato appelli e iniziative su questo tema. Nel suo messaggio pastorale per l’anniversario, la Ceast ha sollecitato tutti gli angolani ad impegnarsi nella costruzione della pace, dell’unità e della riconciliazione nazionale. Parallelamente, i vescovi si sono rivolti ai governanti perché guidino il Paese con il “consenso” e per il “bene di tutti”, garantendo il rispetto dei diritti umani, in particolare quelli a essere informati, a esprimersi e a riunirsi liberamente.

La sfida della nuova evangelizzazione

In sintonia con il tema della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si è svolta a Roma nel 2012, la Ceast ha deciso di porre in primo piano il tema della 'Nuova Evangelizzazione' per il triennio pastorale 2014-2016, con un’attenzione particolare ai giovani, ai laici e alle famiglie. Viva è la consapevolezza dell’esigenza di cercare nuovi modi e linguaggi per annunciare il Vangelo nella società angolana, ma anche di migliorare la formazione alla fede dei laici perché possano diventare protagonisti dell’evangelizzazione. È quanto emerso, tra l’altro, dal secondo Congresso nazionale dei laici angolani organizzato nel 2015 dalla Ceast sul tema “Ravvivare la fede in Cristo nei fedeli laici”, in cui sono state rilevate diverse criticità. Il documento finale lamenta, in particolare, “uno scarso accompagnamento dei movimenti ed associazioni laicali da parte della diocesi e delle parrocchie”. Il testo mette anche in evidenza “l’insufficienza, a livello diocesano e parrocchiale, di strutture di sostegno alle famiglie” che in Angola soffrono a causa di povertà, analfabetismo, squilibri sociali, dipendenze e matrimoni precoci. Ma anche gli stessi movimenti ed associazioni laicali vengono chiamati in causa per le loro rivalità che distruggono la comunità ecclesiale, invece di costruirla.

Per una vera conversione a Cristo

Tra le raccomandazioni emerse dall’incontro, quella di una “vera conversione a Cristo” di tutti i fedeli esortati ad “assumere il loro ruolo nella Chiesa e nella società con responsabilità, coerenza ed impegno”, anche attraverso un’adeguata formazione dottrinale nelle parrocchie. Un invito che riguarda soprattutto i giovani. Questo il senso della Giornata nazionale della gioventù celebrata per la prima volta nel 2015 sul tema “Giovani siate testimoni dell’amore di Cristo”. Obiettivo dell’iniziativa, risvegliare in ogni giovane angolano la chiamata all’amore di Cristo e dimostrare quanto l’energia dei giovani possa trasformare la società, suscitare il loro interesse per le vocazioni ed incoraggiarli al dialogo nella Chiesa e nelle altre realtà sociali. Sui giovani e la fede è incentrato il piano di azione pastorale per il triennio 2018-2020 intitolato “Giovane voglio restare a casa tua”.

Il Giubileo delle Missioni

Nel contesto della nuova evangelizzazione lanciata dai vescovi angolani si inserisce anche il Giubileo delle Missioni, indetto sempre nel 2015 per celebrare i 150 anni dell’inizio della seconda tappa dell’evangelizzazione del Paese e i carismi religiosi che l’hanno resa possibile, e il primo Congresso Eucaristico Nazionale (Cena I). Il tema scelto per l’evento è stato: “Lo riconobbero quado spezzò il pane” (Lc 24, 31) e il motto: "Oggi l'Angola è Emmaus" proprio per sottolineare lo stretto legame tra Eucaristia ed evangelizzazione.

Il rapporto con le altre Chiese e religioni

Tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane in Angola esiste una collaborazione nel comune sforzo di consolidare la pace e la riconciliazione nazionale. Diverso il discorso per le sette religiose e la comunità musulmana, la cui crescita preoccupa l’episcopato. Il timore, condiviso con le autorità angolane, è il diffondersi del fondamentalismo e l’impatto destabilizzante delle nuove sette sulla già fragile società angolana.

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17 giugno 2019, 11:19