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La teologa Houshmand: Documento, risultato di coraggio e sapienza

Papa Francesco e l’imam Al-Tayyib sono "maestri per tutti i popoli che si guarderanno uno negli occhi dell’altro, sapendo che possono chiamarsi fratelli": così in una intervista a Vatican News la professoressa Shahrzad Houshmand Zadeh

Fabio Colagrande, Emanuela Campanile - Città del Vaticano

Shahrzad Houshmand Zadeh teologa musulmana, docente alla Facoltà di studi orientali all'Università La Sapienza e alla Pontificia Università Gregoriana, vive la firma della Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e l’Università di Al-Azhar alla presenza di Papa Francesco e del Grande Imam Al-Tayyib come il raggiungimento di un'ulteriore importante e soprattutto particolare tappa nel dialogo interreligioso. Un passo auspicato anche da Papa Francesco. 

R.– E' una tappa particolare perché, come sappiamo, è stata la prima volta che un Papa della Chiesa cattolica si è recato in una terra dell’Arabia, al centro, al cuore dell’Islam. In questo, penso che sia stato veramente un viaggio storico, ma riuscito perché quando i due leader delle religioni – il grande Sceicco Ahmad Al-Tayyib, che è un grandissimo rappresentante del mondo islamico, diciamo la figura più importante soprattutto per la scuola sunnita, e il vescovo di Roma, che rappresenta anche lui una grande fetta dell’umanità – si abbracciano, si guardano e si chiamano fratelli, diventano maestri per tutti i popoli che guarderanno l’uno negli occhi dell’altro, sapendo che possono chiamarsi fratelli. E in questo viaggio negli Emirati Arabi, penso che l’aspetto più importante del suo messaggio sia stato: “Togliamo la maschera di nemico che abbiamo messo all’altro, perché l’altro, comunque, è un essere umano, ha pari dignità ed è immagine di Dio”. Poi lo notiamo anche nella “Laudato si’” come vede in ogni creatura, non solo in quella umana, un segno di Dio, un volto di Dio. E allora, a maggior ragione nel volto umano si dovrebbe poter vedere il segno di Dio. E lui questo ha voluto fare: togliere all’industria della guerra l’ideologia della creazione del nemico, che oggi purtroppo è il musulmano. Questo è un passaggio di coraggio estremo, e anche una intelligenza incredibilmente sapiente.

Il Papa ha usato parole forti: “Dobbiamo smilitarizzare il cuore dell’uomo”, e si è riferito a conflitti come quello nello Yemen, in Siria, in Iraq e alla Libia tra l’altro toccando anche un tema diplomaticamente delicato, in quanto gli Emirati Arabi Uniti sono nella coalizione che sta combattendo nello Yemen …

 R.– Lui non ha avuto paura nemmeno di dire le cose e mettere al posto giusto ogni nome. Infatti, ha toccato un argomento molto delicato però, come è lui: un rivoluzionario, scuote; va dovunque, non ha paura di niente né di nessuno: prima di un suo viaggio in un Paese africano era stato avvisato che era un viaggio pericolosissimo. Lui non ha avuto paura. Ha compiuto quel viaggio – e infatti ha fatto salire insieme a sé anche l’imam del posto e ha fatto il giro – nel momento cruciale della creazione dell’altro come il volto del terrore, del nemico. E anche qui, non ha paura di dare voce a quei popoli che sono sotto le bombe e vivono tra le macerie della distruzione. Chiede a tutti gli uomini, e lì anche ai musulmani e a tutti gli altri uomini in ascolto, che la guerra è la più brutta parola che possa esistere. Come non ha avuto neanche paura, entrando all’Onu prima, con quel suo atteggiamento paterno, a elencare tutti i beni che le Nazioni Unite avevano creato: i diritti dell’infanzia, il diritto allo studio, il diritto alla casa e al lavoro … ma poi, alla fine, dice: “Però, ricordiamoci che quando confermiamo il diritto della guerra, abbiamo già abolito ogni altro diritto con il quale avevamo raggiunto un buon esito”. Anche qui: va, dice la sua parola, stringe la mano della fratellanza, guarda nel volto dell’altro pienamente con amore: non finge, lui. Perché per lui non esiste il nemico. Se lui è seguace di San Francesco d’Assisi, ma non solo, di un Gesù che addirittura – la teologia cristiana spiega – è Dio stesso che si incarna nella forma umana per amare tutti e non esiste per quel Gesù il nemico o la nemica: lui si offre a tutti. Allora, seguendo il suo stesso Gesù lui non ha paura di guardare in faccia nessuno, con amore ma anche, dove deve correggere, dice la sua parola perché qui anche siamo fratelli, ma ricordiamoci che le armi non possono essere la logica che guida l’umanità. E guardiamo, che ci sono tanti popoli che soffrono gravemente e se non siamo nell’indifferenza, dobbiamo aver cuore di pace e di compassione per tutti gli esseri umani.

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04 febbraio 2019, 18:59