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Messa a Palermo, Papa Francesco: non si può credere in Dio ed essere mafiosi

Durante la celebrazione, nel giorno della visita in Sicilia in occasione del 25.mo anniversario della morte del beato Pino Puglisi ucciso dalla mafia, Papa Francesco ha lanciato ai mafiosi un monito che non ammette tentennamenti: “Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi, convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo”

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Chi odia suo fratello  e dice di amare Dio è un bugiardo “perché sbugiarda la fede che dice di avere, la fede che professa Dio-amore”. Partendo da queste parole, pronunciate nell’omelia durante la Messa al Foro Italico, Papa Francesco ribadisce la propria ferma condanna della mafia. “La parola odio - sottolinea il Pontefice giunto a Palermo dopo il trasferimento in elicottero da Piazza Armerina - va cancellata dalla vita cristiana”. “Non si può credere in Dio e sopraffare il fratello”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. 

Questo cammino esige una vera conversione che tramuti anche le espressioni e le minacce mafiose in autentico affidamento al Signore:

Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è: “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che “il sudario non ha tasche”. Voi non potrete portare niente con voi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte.

La testimonianza di don Pino Puglisi

Chi ha vissuto la propria vita, “povero tra i poveri della sua terra” e lungo il solco del dono e del servizio, è stato padre Pino: “non viveva – ricorda il Papa nell’omelia – per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene”. Alla logica perdente del dio-denaro padre Pino - sottolinea Francesco - ha contrapposto la bellezza del Dio-amore. Quella di don Pino è stata una vita vincente suggellata dal sorriso, anche nel momento della morte:

Venticinque anni fa come oggi, quando morì nel giorno del suo compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso, con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse: «c’era una specie di luce in quel sorriso». Padre Pino era inerme, ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio: non un bagliore accecante, ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. 

Preti del sorriso

Ricordando l’esempio di don Pino Puglisi, Papa Francesco indica anche una speciale esigenza: “abbiamo bisogno di tanti preti del sorriso, di cristiani del sorriso, non perché prendono le cose alla leggera, ma perché sono ricchi soltanto della gioia di Dio, perché credono nell’amore e vivono per servire”. Don Pino - spiega poi il Pontefice nell’omelia - “sapeva che rischiava, ma sapeva soprattutto che il pericolo vero nella vita è non rischiare, è vivacchiare tra comodità, mezzucci e scorciatoie”:

Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Le mezze verità non saziano il cuore, non fanno del bene. Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”. Ci liberi dal pensare che tutto va bene se a me va bene, e l’altro si arrangi. Ci liberi dal crederci giusti se non facciamo nulla per contrastare l’ingiustizia. Chi non fa nulla per contrastare l’ingiustizia non è un uomo o una donna giusto. Ci liberi dal crederci buoni solo perché non facciamo nulla di male. “È cosa buona – diceva un santo – non fare il male. Ma è cosa brutta non fare il bene” [S. Alberto Hurtado]. Signore, donaci il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta.

Una vita perdente

Il Papa sottolinea anche che siamo chiamati a scegliere: vivere per sé o donare la vita, amore o egoismo. Una vita vincente - spiega il Santo Padre - non è quella di “chi vive per sé”. Non è quella di chi “soddisfa pienamente i propri bisogni” anche se “appare vincente agli occhi del mondo”. Quando si vive in modo egoistico attaccandosi “alle cose, ai soldi, al potere, al piacere” si va incontro ad una inevitabile sconfitta: “il diavolo ha le porte aperte”, “il cuore si anestetizza” con l'egoismo e “alla fine si resta soli, col vuoto dentro”. Per risolvere i mali del mondo non servono soldi e potere: “il denaro e il potere - afferma il Papa - non liberano l’uomo, lo rendono schiavo”.

Una vita vincente

Una vita vincente - ricorda Francesco - è quella indicata da Gesù che ribalta logiche errate e i modelli proposti anche dalla pubblicità. Non è dunque una vita vincente quella di “chi ha successo”, di chi “moltiplica i suoi fatturati”. La via mostrata da Gesù è quella dell’amore umile: “solo l’amore libera dentro, dà pace e gioia”. “Il vero potere - aggiunge il Santo Padre - è il servizio”. “E la voce più forte non è quella di chi grida di più, ma la preghiera. E il successo più grande non è la propria fama, ma la propria testimonianza”. L'unico populismo possibile, l'unico populismo cristiano - sottolinea inoltre Francesco - è "sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese".

Dare la vita

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). Queste parole di Gesù scritte sulla tomba di don Puglisi - sottolinea infine il Papa - “ricordano a tutti che dare la vita è stato il segreto della sua vittoria, il segreto di una vita bella. Oggi scegliamo anche noi una vita bella”.

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15 settembre 2018, 12:00