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L'ingresso nel centro di Shengjin L'ingresso nel centro di Shengjin  (AFP or licensors)

Trasferimenti dei migranti in Albania, Ripamonti: le persone non sono merci

L'arrivo mercoledì dei primi 16 migranti nelle strutture di trattenimento in Albania. La premier italiana annuncia la piena operatività del Patto tra Roma e Tirana. Il presidente del Centro Astalli critico nei confronti dell'esternalizzazione delle frontiere europee

Stefano Leszczynski - Città del Vaticano

“Le strutture per i migranti previste dal Protocollo Italia-Albania sono ora operative”. È quanto dichiarato dalla premier italiana Giorgia Meloni all’indomani della notizia del trasferimento ancora in corso di 16 migranti verso i centri allestiti a Shengjin e Gjader, in Albania. Gli uomini attualmente a bordo della nave Libra della Marina Militare sono di nazionalità egiziana e bengalese e verranno sbarcati in Albania mercoledì 16 ottobre. L’apertura di queste strutture di detenzione è avvenuta tra le polemiche con 5 mesi di ritardo rispetto alla previsione iniziale.

Persone gestite come merci

“Quello che questa operazione ci racconta - commenta padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli - è il tentativo da parte dell'Italia, con l’appoggio europeo della presidente della Commissione, di esternalizzare la questione migratoria per poterla poi gestire con più facilità”. “Il pericolo – prosegue Ripamonti – è che si gestiscano delle persone come se fossero delle merci o degli oggetti non desiderati”.

Ascolta l'intervista a Camillo Ripamonti

Bisogna investire in integrazione

Dall’opposizione italiana arriva l’accusa di aver sprecato con l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania quasi un miliardo di euro che avrebbero potuto essere impiegati più efficacemente nella gestione del fenomeno migratorio e per l’integrazione all’interno del Paese. Per il presidente del Centro Astalli, “stiamo assistendo a un impoverimento soprattutto dei processi di integrazione delle persone, che invece è quello di cui abbiamo più bisogno per un futuro di convivenza nelle nostre città”. Un processo che incide profondamente anche nella formazione dell’opinione pubblica.

Migranti visti come nemici

“Negli anni i migranti sono stati additati come il nemico – conclude Ripamonti - e quindi si raccoglie quello che si è seminato. Pensiamo soltanto all'invocazione della difesa dei confini, per cui in passato i migranti sono stati lasciati sulle navi senza permettere lo sbarco. Certo non tutta l'opinione pubblica è d'accordo con queste con queste operazioni, grazie a Dio. C’è anche chi riconosce chiaramente che queste persone cercano soltanto per sé e per la propria famiglia un futuro di pace e di uguaglianza in cui poter essere felici.”

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