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Esposizione alla fiera delle armi in Yemen Esposizione alla fiera delle armi in Yemen  (ANSA)

Banca Etica: investire per il bene comune, un caccia F-35 vale tremila posti in ospedale

A conclusione del XVI Annual Meeting di Global Alliance for Banking on Values (GABV), oltre 71 banche valoriali chiedono che la finanza smetta di investire sulle guerre. Barbara Setti, del settore ricerca della Fondazione: "La spesa globale per la difesa cresciuta nel 2023 al 9%. Con le guerre in Ucraina e in Terra Santa le aziende del settore tornate centrali dopo un periodo in cui erano state tagliate fuori dai fondi pensione o dai fondi sovrani"

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

Le quindici maggiori banche europee investono in aziende produttrici di armi per un importo pari a 87, 72 miliardi di euro. I dati emergono dal rapporto commissionato da Fondazione Finanza Etica e dalla Global Alliance for Banking on Values (Gabv), realizzato dalla Merian Research e presentato in occasione dell’incontro annuale di Gabv, che si è svolto a Padova e a Milano. Lo studio sottolinea come tra il 2020 e il 2022, le istituzioni finanziarie - tra cui le principali banche, le grandi compagnie assicurative, i fondi di investimento, i fondi sovrani, i fondi pensione – abbiano sostenuto l'industria della difesa con almeno mille miliardi di dollari. Ad illustrare a Radio Vaticana - Vatican News il significato e la dimensione dei dati pubblicati da Fondazione Finanza Etica, è Barbara Setti del settore ricerca della Fondazione Banca Etica. “La spesa globale per la difesa nel 2023 è cresciuta del 9%, il che significa oltre 2200 miliardi di dollari. Una cifra calcolata per difetto perché riuscire a ottenere questi dati è stato un lavoro molto complicato in quanto l'industria delle armi è poco trasparente, non esiste un database ufficiale che raccolga tutti gli investimenti, i prestiti e i servizi di tutte le istituzioni bancarie e finanziarie del mondo nel settore degli armamenti”.

Ascolta l'intervista a Barbara Setti

Con quali ripercussioni sul valore azionario di questo settore?

Il mercato dei titoli del settore negli Stati Uniti è aumentato del 25% nell’ultimo anno e mezzo. Mentre l’indice azionario europeo del settore aerospaziale è aumentato di oltre il 50% nello stesso periodo.

Quali sono le conseguenze di questi grandi investimenti nel settore degli armamenti?

È evidente che le banche e gli altri istituti finanziari sono elementi attivi in questo contesto, nel senso che i dati ci dicono che le principali banche, le grandi compagnie assicurative, i fondi di investimento, i fondi pensione e i fondi sovrani, tutti insieme hanno sostenuto l'industria della difesa con almeno mille miliardi di dollari e nel 99,9% dei casi in modo totalmente consapevole. In questo momento quella degli armamenti è un'industria che rende e quindi è un'industria che conviene sostenere e in questo modo si facilitando i conflitti militari.


Quanto è forte il legame tra finanza e politica in questo specifico settore?

Con la guerra in Ucraina e l’inasprimento del conflitto israelo-palestinese le aziende del settore della difesa sono tornate centrali dopo un periodo in cui erano state tagliate fuori dai grandi fondi pensione o dai fondi sovrani. Nel novembre 2023 invece i Ministri della difesa dell'Unione europea hanno firmato una dichiarazione congiunta per facilitare l'accesso dell'industria della difesa ai finanziamenti.

Il rapporto della vostra Fondazione ha fatto anche un'analisi comparativa tra quello che viene investito in armamenti e quello che con le stesse cifre si potrebbe fare in altri settori. Sono ipotesi realistiche?

Sì, abbiamo ripreso un'analisi condotta da un istituto internazionale indipendente che si chiama International Peace Bureau in cui si dimostrava che con le risorse finanziarie necessarie a gestire la fregata europea classe FREMM – un’enorme nave militare - si potrebbero pagare per un anno gli stipendi di quasi 11 mila medici; un aereo da caccia F-35 invece equivale a oltre 3 mila posti letto in una terapia intensiva, mentre un sottomarino nucleare vale quasi 10 mila ambulanze. E questo non è un esercizio di calcolo un po’ naif, è invece il segno che la politica decide di indirizzare gli investimenti verso un determinato settore piuttosto che un altro.

Insomma, c'è sempre una scelta su dove allocare le proprie risorse finanziarie se non si guarda esclusivamente al profitto?

È proprio questo il tema della finanza etica. Il profitto è una, ma non è l'unica componente di quello che gli istituti finanziari fanno con i soldi dei risparmiatori. Per creare una finanza che non soddisfi soltanto le rendite a brevissimo termine, ma che sia una finanza rivolta alla società e al bene comune si devono guardare gli impatti a medio termine, gli impatti sociali, gli impatti ambientali, i patti del buon governo.

 

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01 marzo 2024, 09:27