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Corviale, la complessità di una periferia tra abbandono e speranza

Reportage nel quadrante sud-ovest di Roma, in uno dei simboli del fallimento edilizio quando privato dell'accompagnamento di cura, servizi, legame tra istituzioni e cittadinanza. Le testimonianze di inquilini, rappresentanti della società civile, municipio, ricerca universitaria. Qui è evidente come la mancanza di un abitare dignitoso si riflette in illegalità e degrado. Eppure, c'è chi persevera in prossimità e alimenta prospettive per il futuro. Don Petreni: riqualificare ascoltando la base

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Imparare a ripensare una pastorale più adatta alle periferie, capace di poggiarsi sui cardini dell'accoglienza e della partecipazione, per promuovere un efficace dialogo tra cittadinanza e istituzioni. È l'auspicio espresso da don Gabriele Petreni, della Fraternità dell'Incarnazione, che ci dà il benvenuto nel palazzone di Corviale, il famigerato "serpentone" di un chilometro progettato nel 1972 da un team di architetti coordinati da Mario Fiorentini, situato a sud-ovest di Roma. Il silenzio è assordante, pare uno scatolone vuoto, il grigio del cemento richiama altre zone "grigie" fatte di illegalità e spaccio. Non mancano tentativi di rigenerazione ma la sensazione è che la fatica di queste forme di resistenza troppo poco riusciranno se perdurerà lo stato di abbandono da parte, innanzitutto, del "padrone di casa": l'Ater, l'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale.

L'appello del Vicariato a istituzioni e società civile

'Non abbiate paura'. 'Viva la legalità, viva le periferie, viva Corviale'. Erano alcuni dei cartelli esibiti durante la fiaccolata del 22 gennaio scorso a Corviale, a una settimana dall'omicidio nel quartiere che aveva portato anche il Vicariato a diffondere una nota dai toni molto perentori: "Lo scenario è sempre più inquietante a Roma e dintorni. Troppa violenza, troppe vittime, spesso giovanissimi". Da qui l'appello dei vescovi locali alle istituzioni, "preposte alla sicurezza dei quartieri e alle politiche sociali", come anche alla società civile e alle comunità cristiane ad impegnarsi. Da parte sua, il sindaco di Roma, Gualtieri, consapevole che questa è una "delle zone dove le forze sane sono la stragrande maggioranza", rincuorava gli abitanti invocando il "rafforzamento della presenza dello Stato su quel territorio come prevenzione, contrasto e supporto dell'illegalità". Ma come si vive qui? Ce lo raccontano alcuni inquilini e conoscitori della zona, in una sala del palazzone, gelida, perché "qui, i termosifoni non funzionano". Quella che è la caldaia più grande d'Europa non riesce infatti a soddisfarne il fabbisogno, per vetustà di impianto e incuria. 

Il fantasma del "padrone di casa"

È un quartiere variegato su cui insiste il grande simbolo delle problematiche di gestione, ci spiega Adriano Sias, abitante del quadrante, nel "serpentone" dall’87 al 2007, e ora consigliere municipale. "Come in tutta Italia, il problema dell’abitare dignitoso è gigantesco, lo è qui perché manca il padrone di casa", osserva, senza mezzi termini. "Qui l’Ater, negli anni, per problemi politici, di bilancio, per mancata gestione, non ha più avuto un rapporto con gli abitanti, piano piano si è depressa, è venuta meno la squadra di manutenzione". Sottolinea che le segnalazioni non vengono evase e si ha per risposta che c’è mancanza di fondi. "La media di manutenzione della provincia di Roma è di 10 euro l’anno per ogni appartamento - precisa - il che fa capire che non si può curare nulla con questi importi". Il paradosso, fa notare Sias, è che i tentativi di rigenerazione urbana non coinvolgono l’Ater. Come si fa? "Il tema è che lo Stato deve rientrare nel palazzo con dei servizi e avvicinare le persone. Ci sono tante cose intorno, ma sono appunto intorno, non dentro".

Abitanti soli, abbandonati a se stessi

È necessario cominciare ad ascoltare, afferma Sias. Il cuore delle questioni che si annidano in territori come questo è che l’associazionismo può fare la sua parte, ma "se poi l’ascensore è bloccato, l’associazionismo che fa?". Ci sono i bisogni di base prioritari che devono essere soddisfatti. "Uno dei grandi temi è che l’Ater ha così poche risorse che ha un meccanismo molto lento di presa in carico per poi riassegnare le case. In questo limbo, in un palazzo da dove non si vede cosa succede fuori e che vive di vita propria, ci si autogestisce e le case vengono occupate". Ciò che è certo è che l’abitante è sempre più solo. Angelo Scamponi, ex rappresentante del Comitato Inquilini Corviale - 1203 alloggi con oltre 8 mila abitanti all'origine ridotti attualmente alla metà - uno dei primi arrivati qui, denuncia lo sconforto: "Abbiamo dovuto lottare all'epoca per avere scuole, trasporti, addirittura facendo blocchi stradali per ottenere questi servizi". Racconta anche che c’era uno stigma sociale per cui i ragazzi dovevano arrivare a mentire circa il posto dove risiedevano altrimenti "non li prendevano al lavoro". Aldo Feroce a Corviale ha esercitato la sua passione per la fotografia, si fa nostra guida nei corridoi delle "stecche" di cemento, alcune colorate alla meglio per diluire la monocromia e lo squallore. Ci illustra il fallimento di un progetto edilizio che prevedeva asili nido, aree assembleari, cavea per performance culturali, aiuole. Nulla è decollato. Un'occasione perduta se si tiene conto che la posizione urbanistica ha aspetti potenzialmente benefici come le vedute a perdita d'occhio su tenute verdi protette.

Ascolta le voci di Corviale

Quale rigenerazione?

Maria Rocco, ricercatrice del Laboratorio di Città Corviale, progetto di ricerca del Dipartimento di Architettura di Roma Tre, porta avanti con dedizione assoluta il Museo delle Memorie, un progetto del Laboratorio. Ci entriamo ma ci piove dentro. Non si perde d'animo e racconta cosa sta emergendo dall’opera di documentazione che riguarda coloro che hanno occupato il quarto piano libero del palazzo di Corviale, quello che avrebbe dovuto ospitare i servizi di questa sorta di 'città nella città'. I primi occupanti sono stati i figli degli assegnatari regolari che si sono sistemati laddove si erano impiantate già situazioni degradanti legate allo spaccio di droga e alla prostituzione. "Poi nel tempo le persone si sono anche sostituite, qualcuno ha ceduto casa a qualcun altro, a chi non ce l'avrebbe fatta a pagare affitti troppo esosi". È diventato un microcosmo di etnie, da molti mal sopportato. Il progetto delle memorie è partito nel 2019 ed è arrivato a oltre metà della sua attuazione: si tratta di aggiornare le mappe degli interni dello stabile, di vederne le variazioni apportate, di custodire gli oggetti domestici legate ai vissuti di quel fantomatico quarto piano. "Ultimamente stanno partendo tanti progetti - annuncia - tra cui il Piano Urbano Integrato (PUI). Ce ne accennano le architette Sara Braschi e Sofia Sebastianelli, ricercatrici del Laboratorio di Città Corviale.

Corviale, tra laboratori e progetti di riqualificazione

Nella piazzetta delle arti e dell'artigianato, dove veglia un dolcissimo cagnone bianco, tra murales e bambini appollaiati sugli scaloni, facciamo un'incursione nella Stamperia del Tevere, curata da Alessandro Fornaci. Con piglio entusiasta racconta l'epoca giovanile quando la parrocchia era stata per lui un riferimento determinante che gli ha evitato di essere risucchiato in giri loschi. Gestisce un luogo che, afferma, è diventato un posto di creatività dove i più piccoli possono andare a sperimentare con le mani come si stampa con un torchio tradizionale. Un buon catalizzatore, supponiamo, giacché di bambini e ragazzi che giocano, nel serpentone, non ne vediamo. Da qualche tempo c'è la risorsa del calcio sociale, liminare al palazzo. A questo proposito, il timore raccolto è che non diventi, da volano virtuoso per i giovani, un canale in cui l'aspetto commerciale finisca per avere il sopravvento provocando distorsioni deludenti.

La visita di Francesco a Corviale

Nella stessa piazzetta incontriamo Massimiliano Lustri, per tutti "Er tapparella". Ex detenuto, racconta con emozione la visita a Corviale di Papa Francesco il 15 aprile 2018. Le due settimane di preparativi sono stati le più belle della sua vita. Si adoperò per pulire la parrocchia di San Paolo della Croce che avrebbe accolto il Vescovo di Roma. Pulì in particolare quella croce posta molto in alto "dove nessuno voleva arrampicarsi". L'incontro del Pontefice, "un vero nonno con noi", è rimasto indelebile nel cuore. Lustri cerca di occupare le giornate con l'associazione Piacca, che aiuta anche ex detenuti procurando piccoli lavori. 

Massimiliano Lustri ricorda la visita del Papa a Corviale

Sì alla formazione, no ai progetti che non ascoltano la base

Bisogna mantenere alto il livello di formazione e di spiritualità, con un'azione pastorale che non sia guidata dallo scopo dei grandi numeri. Ne è convinto don Gabriele Petreni, il quale è consapevole che oggi è molto difficile centrare un'adeguata vicinanza ai giovani: "Il loro modo di aggregarsi cambia velocemente". Certo, la società di rugby, che è nella serie A italiana, è un vanto del quartiere, ricorda. C’è un centro di formazione al lavoro con tre corsi (parrucchiere, grafico, operatore video) che raccoglie molti che escono dalle medie in attesa di decidere cosa fare nella propria vita. Tuttavia, il problema della droga resta qui e "si presenta con drammi familiari veri e propri. È una piazza di spaccio per Roma importante che porta con sé tutta una serie di altri reati: incendi, furti… Per portare una bustina da un posto a un altro, un ragazzino di 12-14 anni prende 100 euro al giorno. È devastante. Chiaramente, ciò che esige una gavetta, un sacrificio, perde credibilità", dice il sacerdote il quale insiste sulle domande storiche del quartiere: sicurezza, pulizia, mobilità, lotta all'abusivismo. La Fraternità dell'Incarnazione (una comunità nella periferia di Bastogi e un'altra all’Idroscalo di Ostia) condivide da trent'anni, nello spirito di De Foucault, amicizia e problemi degli abitanti, offrendo un punto di relazione per facilitare la vita in questa realtà così complessa. L'edilizia va saldata con l'umano, altrimenti è destinata a fallire. Questo ribadisce don Petreni, refrattario ai progetti di riqualificazione esclusivamente calati dall’alto. 

Non disperdere la testimonianza del "Papa delle periferie"

"C’è tanta umanità, tanta possibilità di confrontarsi e di imparare", dice Amerigo Vecchiarelli, giornalista, che ha voluto mantenere vivo il legame con il palazzo, pur risiedendo in un'altra zona del quadrante. "Scopro persone che mettono da parte i propri interessi per poter pensare, lì come possono e lì dove riescono, a rendere migliore e ad agevolare la vita degli altri. È un posto dove si può crescere. Noi da questa altra parte guardiamo con rispetto e ammirazione la gente che continua ad andare avanti malgrado la mancanza di opportunità, attenzione, malgrado il silenzio, l’indifferenza. Cerchiamo di essere presenti, considerando che tanto di ciò che noi abbiamo appartiene anche a loro, non è solo roba nostra. Mi ricordo quello che si fa per mettere insieme le persone attorno a un presepio, per esempio. Il Papa delle periferie - ricorda Vecchiarelli - ha vissuto per sempre in una periferia dove ha incarnato il suo ministero e la sua testimonianza. Tocca a noi fare in modo che questo non venga disperso".

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Istantanee da Corviale
03 febbraio 2024, 10:00