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Soldati di pattuglia a Yangon Soldati di pattuglia a Yangon  (MN)

Myanmar, i militari impongono la leva. Il vescovo Nyunt: giovani in fuga

L’annuncio dell’istituzione della leva obbligatoria spinge i giovani del Paese del sud-est asiatico a fuggire e preoccupa le famiglie. Il provvedimento della giunta militare golpista servirebbe a fermare l’avanzata delle milizie ribelli e a far fronte al conflitto presente in molte zone. Il pastore di Mawlamyine: si combatte in quasi tutte le regioni

Marco Guerra - Città del Vaticano

La giunta militare al potere in Birmania intende imporre la leva obbligatoria. Il piano, annunciato la scorsa settimana, prevede il reclutamento, a partire da aprile, di tutti gli uomini tra i 18 e i 35 anni e delle donne tra i 18 e i 27 anni, che presteranno servizio per un massimo di due anni, mentre figure di specialisti come i medici fino a 45 anni dovranno prestare servizio per tre anni. Secondo le indiscrezioni diffuse dai media statali, il servizio potrà essere esteso fino a un totale di cinque anni.

Esercito in difficoltà, avanzano i ribelli

Analisti ed esperti di geopolitica ritengono che questa decisione sia un segno di debolezza che conferma le difficoltà dell’esercito birmano nei vari fronti di guerra contro le milizie dei ribelli e delle minoranze etniche che si oppongono alla giunta militare. I militari hanno infatti perso il controllo di fasce di territorio lungo la linea del fronte che si estende dagli altopiani al confine con la Cina fino alla costa vicino al Bangladesh, a seguito di un’offensiva coordinata da parte di gruppi ribelli iniziata in ottobre, soprannominata Operazione 1027. L’esercito sta combattendo una resistenza armata in espansione da quando, nel 2021, con un colpo di stato ha rovesciato il governo democraticamente eletto del premio Nobel Aung San Suu Kyi.  La giunta descrive i combattenti di queste milizie come “terroristi”, accusandoli di aver distrutto la pace e la stabilità del Myanmar. L’agenzia Reuters riporta le stime fatte da Ye Myo Hein, consigliere senior del think-tank dell’Istituto per la pace degli Stati Uniti, secondo il quale l’esercito del Myanmar conta circa 70 mila soldati combattenti. Altri analisti nel 2021 calcolavano invece che gli eserciti etnici ribelli potevano contare su almeno 75 mila effettivi, numero che oggi sarebbe molto più elevato dopo l’espandersi del conflitto.

La preoccupazione delle famiglie

"L'assenza di informazioni precise ha generato ansia tra le famiglie", spiega all'agenzia Fides Joseph Kung, laico cattolico di Yangon, che riporta l'esperienza di famiglie cattoliche che hanno figli e figlie in età da possibile leva militare. Oltretutto, fanno notare altre fonti locali, il reclutamento forzato, considerando l’aggravarsi della crisi socioeconomica che attanaglia la popolazione, potrebbe non avere gli effetti sperati e, anzi, tradursi in una forte ondata migratoria. "La legge non ha legittimità, perché il regime è un gruppo armato che ha preso con la forza il potere statale. Non ha il mandato di emanare alcuna legge", ha rilevato U Kyaw Zaw, portavoce del Governo di Unità Nazionale (NUG) in esilio, esortando i giovani a non rispondere all'appello. Attualmente, notano fonti di Fides, migliaia di giovani birmani stanno cercando di lasciare il Paese per sottrarsi alla chiamata di leva, soprattutto chiedendo il visto per la Thailandia.

Mons. Nyunt: momento di grande tristezza

“Stiamo attraversando un momento di tristezza, questa legge fa paura ai genitori e ai giovani che non vogliono fare il servizio militare”, racconta a Radio Vaticana – Vatican News monsignor Maurice Nyunt Wai, vescovo di Mawlamyine. Il presule conferma che molti giovani cercano di fuggire in Thailandia, “ma è difficile viaggiare e si rischia di essere arrestati”, e riferisce poi del caso di una ragazza che studiava medicina che si è suicidata dalla disperazione. Monsignor Myunt parla poi dei combattimenti tra i militari e i gruppi ribelli che imperversano in tutto il Paese: “Si combatte in quasi tutte le parti, solo Yangon e nella capitale Naypiydow la situazione è sotto controllo”.

Ascolta l'intervista a monsignor Nyunt

Cerimonie religiose limitate

Per quanto riguarda libertà religiosa, il vescovo racconta che la Chiesa del Myanmar può aiutare i bisognosi e fare celebrazioni nei luoghi di culto, ma che non può fare cerimonie in luoghi pubblici come le processioni. I riti pasquali avranno quindi forti limitazioni, per motivi di sicurezza, anche negli orari. “Nelle aree di guerra è molto pericoloso, rischiamo attentati”. Secondo il presule almeno dieci regioni sono interessate dal conflitto. Infine, monsignor Nyunt si sofferma sulla situazione politica: “Per il momento non si può parlare di democrazia, i partiti politici sono molto deboli”. L’esponente del clero conclude esortando tutti a pregare e a impegnarsi per l’armonia e la pace tra il popolo del Myanmar.

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20 febbraio 2024, 14:48