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Una studentessa russa ed una collega ucraina nel borgo di Rondine, sede di Rondine Cittadella della Pace Una studentessa russa ed una collega ucraina nel borgo di Rondine, sede di Rondine Cittadella della Pace

Il metodo Rondine per costruire la pace, giornata di studio alla Lateranense

Sabato 11 novembre presso l'Ateneo pontificio si terrà l’evento “Studi e ricerche sull’approccio relazionale al conflitto: prospettive in dialogo sul metodo Rondine”, una giornata-studio che vedrà la partecipazione di numerosi accademici italiani e internazionali. Il presidente di Rondine Cittadella della Pace, Vaccari: "Le parole usate bene favoriscono la conoscenza che risolve i conflitti"

Andrea De Angelis - Città del Vaticano

Il conflitto da non confondere con la guerra, il dialogo come strumento imprescindibile di conoscenza, la pace come meta a cui tendere insieme, per il bene dell'intera umanità. Sono alcuni dei punti fermi di Rondine Cittadella della Pace, che domani, sabato 11 novembre, sarà protagonista di una giornata-studio presso la Pontificia Università Lateranense. L'evento, dal titolo Studi e ricerche sull’approccio relazionale al conflitto: prospettive in dialogo sul metodo Rondine”, vedrà la partecipazione di numerosi giovani, accademici e più in generale di persone che hanno sposato il progetto Rondine.

L'approccio relazionale al conflitto 

La giornata di sabato sarà dunque un’occasione per presentare e approfondire le ricerche ad oggi svolte sul Metodo Rondine a livello nazionale ed internazionale, raccogliendo i contributi dei docenti degli Atenei che collaborano e hanno collaborato con Rondine e di coloro che hanno svolto attività di formazione nei diversi percorsi di questa originale realtà formativa. Ripercorrendo la storia che ha dato vita all’esperienza dell’approccio relazionale al conflitto, che anima il borgo da oltre vent’anni, si presenteranno le nuove prospettive di ricerca e il ruolo degli ex studenti nelle comunità di origine.  L’evento è a ingresso libero.

La differenza tra guerra e conflitto

"La sinonimia tra guerra e conflitto è una sorta di maledizione, risolverla è il grande lavoro che cerchiamo di fare con Rondine da 25 anni", spiega Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine Cittadella della Pace, ai media vaticani. "La parola conflitto non può essere associata a guerra, altrimenti la nostra mente, i nostri sentimenti saranno sporcati dalla tragedia e perderemo la possibilità di vivere bene quella che è la nostra quotidianità, il conflitto, che è la via attraverso cui giungere alla pace. Non possiamo arrivarci senza passare dal conflitto, senza cioè passare dalle differenze degli uni e degli altri. Lo stesso Papa Francesco - sottolinea - ci invita a non avere paura del conflitto".

Ascolta l'intervista a Franco Vaccari

Conoscere l'altro

La paura è anche quella dell'altro e spesso si ha timore di ciò che non si conosce. "La conoscenza è fondamentale, non possiamo evitare che l'altro susciti in me stupore, domande, attenzione. Qualche volta diffidenza. Sono tutti fenomeni normali", afferma Vaccari. "Non si costruisce la relazione senza passare da questa gamma di sentimenti e relazioni, per accedere all'altro non si deve avere però paura dell'altro, ma occorre superare la soglia della non comprensione. Le differenze possono essere una grande risorsa per arrivare alla soluzione e questo lo comprendiamo bene a Rondine dove studenti israeliani e palestinesi tengono vive le relazioni nonostante la tragedia che stiamo tutti vivendo". 

Costruire percorsi di pace

"La pace si costruisce lavorando sulle relazioni, è un lavoro che parte davvero dal basso", dice ancora il presidente di Rondine. "Le differenze che si incontrano producono un urto, un'energia e possono essere orientate allo sviluppo, alla costruzione, evitando l'allontanamento. In una relazione di pace la fiducia si sostituisce alla diffidenza, ma questo percorso si genera necessariamente dalle relazioni tra le persone". 

Dopo Rondine

Cosa succede ai ragazzi una volta terminato il percorso formativo nel borgo in provincia di Arezzo? Come prosegue l'impegno di quelle che vengono definite "Rondini d'oro"? "La storia ci insegna che, una volta rientrati nei loro Paesi, questi giovani continuano a coltivare la relazione, cercando ad esempio di non usare parole d'odio, che dall'altra parte potrebberop essere avvertite come una non comprensione. Un lavoro che portano avanti in questi giorni israeliani e palestinesi, ma che spetta a tutti noi, ad ogni cittadino. Ciascuno - conclude Vaccari - può mettere legna sul fuoco o gettarvi dell'acqua". 

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10 novembre 2023, 11:40