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Alcune delle vittime sulla costa di Qasr Al-Akhyar, in Libia (Afp photo) Alcune delle vittime sulla costa di Qasr Al-Akhyar, in Libia (Afp photo)

Almeno 130 persone migranti morte nel Mediterraneo

Nuova tragedia al largo della Libia dove un barcone con a bordo un’ottantina di persone è affondato: sono solo 7 i sopravvissuti. Sul fronte della cosiddetta rotta spagnola hanno perso la vita in due naufragi almeno 70 persone, tra cui una decina di bambini

Andrea De Angelis e Alessandro Guarasci – Città del Vaticano

Tombe d’acqua. È questo il titolo scelto oggi dal quotidiano Avvenire per dare conto dell’ennesima tragedia nel mar Mediterraneo. Un triplo naufragio, avvenuto negli ultimi giorni, di cui il più grave è quello registratosi a poche miglia di distanza dalle coste libiche. In tutto sono almeno 130 le vittime, ma si teme che il bilancio possa aggravarsi con il passare delle ore.

73 morti nelle acque libiche

Tombe d’acqua, sì. Perché il barcone affondato non lontano dalla Libia trasportava un’ottantina di persone, di cui 62 risultano disperse. Sono 11 i corpi recuperati dalla Mezzaluna Rossa libica e dalla Polizia locale, mentre ammonta solo a 7 il numero dei sopravvissuti. A dare notizia delle 73 vittime è stato il portavoce della Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), Flavio Di Giacomo. La barca con a bordo 80 persone era partita da Qasr Al-Akhyar, a circa 75 chilometri, (46 miglia) a est della capitale Tripoli, e si stava dirigendo verso l'Europa. Le condizioni dei sopravvissuti, fa sapere l’Oim, sono gravi.

Decine di vittime nella rotta spagnola

Sul fronte della cosiddetta rotta spagnola, l'ong Caminando Fronteras, specializzata in migrazioni nel Mediterraneo occidentale e lungo la rotta Nordafrica-Canarie, ha denunciato che 70 persone, tra cui 12 minori, risultano disperse in due tragedie del mare nell'Atlantico avvenute nei giorni scorsi. "Si tratta di 34 vittime, nel caso di un'imbarcazione, e di 36 per un'altra", ha spiegato la portavoce di Caminando Fronteras, Helena Maleno. La prima di queste imbarcazioni, ha aggiunto, era partita il 4 febbraio con 65 persone da un punto della costa africana nord-occidentale in direzione Canarie, ma, rimasta alla deriva, è poi stata trovata in mare da un peschereccio e condotta verso la località di Laayoune con a bordo solo 31 superstiti, di cui un minore. “Gli altri erano morti”. Il secondo caso riguarda un'imbarcazione con 56 persone salpata venerdì 10 febbraio da Cap Boujdour (Sahara occidentale), naufragata poco dopo la partenza. "In questo caso sono morte 36 persone, tra cui cinque bambini", ha aggiunto l’ong, in attesa che arrivino conferme dalle autorità marocchine.

Migliaia di morti

Secondo il Missing Migrants Project dell’Oim, nel 2022 nel Mediterraneo centrale sono stati circa 1500 i morti. Il numero sfiora le 20mila unità se il riferimento è agli ultimi 10 anni. “Questa situazione è intollerabile. È necessaria un'azione concreta da parte degli Stati per aumentare la capacità di ricerca e soccorso, stabilire meccanismi di sbarco chiari e sicuri, nonché percorsi sicuri e regolari per ridurre i viaggi pericolosi”, ha denunciato l'Organizzazione internazionale delle migrazioni. Anche dal continente americano nella notte giunge una terribile notizia. Almeno 39 persone sono morte a Panama nell'incidente di un autobus di persone migranti in viaggio verso gli Stati Uniti, secondo quanto hanno annunciato le autorità del Paese.

Costruire vie legali per le persone migranti

"Noi in mare vediamo l'Europa che collassa, lasciando annegare in mare le persone, deportate nei lager dalla mafia libica; ma vediamo anche il riscatto del continente grazie a tanti giovani che vanno in mare sulle navi delle ong, per farsi prossimi". Lo afferma don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, impegnata nel soccorso in mare delle persone migranti e naufraghe. "Loro - aggiunge - ricostruiscono una nuova Europa, una nuova civiltà che sia veramente quella della giustizia, della fraternità e dell'amore". 

Ascolta l'intervista a don Mattia Ferrari

Come rispondere a chi ripete che queste persone andrebbero aiutate a casa loro, dunque nei Paesi di origine? "Diciamo chiaramente che loro vorrebbero fosse così, chiedono vie legali e conoscono bene i rischi legati all'attraversamento del deserto e del Mediterraneo. Il punto - sottolinea il religioso - è che queste vie legali sono state chiuse. Lo ha spiegato molto bene Papa Francesco nel discorso pronunciato di recente nella Repubblica Democratica del Congo: l'Africa dopo il colonialismo politico è vittima del neo colonialismo economico, prosegue dunque la sua spoliazione". Cosa spinge un giovane sacerdote come don Mattia Ferrari ad andare su una nave? "All'inizio - risponde - i miei amici di Mediterranea, fondata da diversi centri sociali. C'è in comune l'essere accanto ai poveri, alle persone migranti. Ho accettato di essere il loro cappellano dopo aver avuto l'autorizzazione dei vescovi e l'ho fatto perché nei volti di questi operatori vedo il volto di Gesù, non un sentimentalismo, ma un amore forte verso chi soffre, chi lotta per la giustizia. Quell'amore forte che ritrovo nel Vangelo e che vedo negli occhi, nei corpi, nei volti di chi opera con me in Mediterranea. Qui non solo evangelizzo, ma - conclude - vengo evangelizzato, ricevendo continuamente testimonianza dell'amore di Gesù".

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16 febbraio 2023, 09:21