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La diga Gibe III sul corso del fiume Omo in Etiopia La diga Gibe III sul corso del fiume Omo in Etiopia

Etiopia, la diga Gibe III mette in ginocchio le comunità della Valle dell'Omo

Sbarramenti e impianti idroelettrici sul corso del fiume si traducono in un serio problema per gli abitanti della regione che, a causa delle esondazioni, vedono distrutta la propria economia

Gabriele Rogani – Città del Vaticano

Economia e stile di vita completamente stravolti da una diga, attiva dal 2016, che in questi anni ha inondato terreni in precedenza fondamentali per il sostentamento delle popolazioni locali. È il caso della Gibe III, inaugurata sette anni fa sul corso del fiume Omo in Etiopia, che con il suo sistema di sbarramenti e impianti idroelettrici ha consentito un sensibile aumento dell’energia elettrica, oltre alla formazione di invasi, che hanno incrementato la presenza di piantagioni estensive per la produzione di canna da zucchero. Tutto questo ha però impattato gravemente sulla vita delle popolazioni locali, che hanno subito l’allagamento dei propri terreni e che ora, indebolite dalle difficili condizioni di vita, si trovano in pericolo anche dal punto di vista sanitario, a causa delle numerose malattie potenzialmente mortali, una situazione complicata ulteriormente dall’inquinamento di sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura intensiva. 

“Fame e morte nella bassa Valle dell’Omo”

Ad approfondire il caso è stato l’Oakland Institute, centro di ricerca americano per la difesa dei diritti dei popoli indigeni, che con lo studio intitolato La diga e le piantagioni di canna da zucchero producono fame e morte nella bassa valle dell’Omo in Etiopia, mette in luce le drammatiche condizioni di vita dei gruppi minoritari dopo gli interventi sul corso del fiume per la produzione di energia elettrica e canna da zucchero. Il dossier si sofferma sulla questione della bassa valle del fiume Omo. In uno scenario di assoluta drammaticità, con il conflitto nel Tigray che continua a tenere banco e a giocare un ruolo da protagonista assoluto, tutti gli sforzi di soccorso della comunità internazionale sono indirizzati al conflitto tra le forze del Governo Federale e il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, con le altre problematiche scivolate di fatto in secondo piano.

Gli effetti sulle diverse fasce della popolazione

Se da una parte la diga ha portato notevoli risultati per le popolazioni urbane, che hanno goduto di un incremento di elettricità, dall’altra ha segnato fortissime difficoltà per le comunità indigene. Di qui il rischio di una spaccatura sociale, con le popolazioni vicine alle grandi città che traggono vantaggio da condizioni che invece riducono ulteriormente l’autonomia delle fasce più deboli. “I cosiddetti interventi di sviluppo – spiega a Vatican News – Radio Vaticana Bruna Sironi di Nigrizia, dal 2014 in Kenya – non tengono conto delle condizioni tradizionali delle popolazioni indigene, e cercano di spostare i popoli in posti in cui questi interventi non arriveranno. La maggiore energia elettrica non interessa i nativi, perché loro vivono delle risorse del territorio, in quel caso espropriato”. L’economia di queste popolazioni sembra dunque destinata a sparire, continua la giornalista della rivista dei missionari comboniani, “la loro economia sparisce, non avendo più pascolo, non potendo coltivare stagionalmente sulle rive del fiume a causa delle esondazioni. In cambio hanno promesse di servizi sociali e di lavoro a cui gli indigeni non sono adatti, con questi incarichi affidati in seguito a chi già è inserito in un determinato stile di vita”.

Ascolta l'intervista con Bruna Sironi

L’impatto sui luoghi paleontologici

Anche l’aspetto ambientale paga il prezzo del cambiamento provocato dalla diga, in particolare i luoghi paleontologici, riconosciuti come patrimonio dell’Unesco. “La valle dell’Omo – conclude Sironi – è considerata la culla dello sviluppo dell’umanità, data la presenza di alcuni resti di australopitechi. Ci sono parchi nazionali che rischiano di essere danneggiati dal mancato flusso di acqua lungo l’Omo, il fiume che forma il lago Turkana, attorno al quale ci sono zone di interesse paesaggistico inserito nei siti dell’Unesco”.

 

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19 febbraio 2023, 09:00