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A fuoco anche un edificio storico nel cuore della capitale Lima, in Plaza San Martin, dopo gli scontri tra manifestanti e polizia A fuoco anche un edificio storico nel cuore della capitale Lima, in Plaza San Martin, dopo gli scontri tra manifestanti e polizia  (ANSA)

In Perù manifestazioni a Lima, nuova vittima al sud. Assaltati due aeroporti

Tensione sempre più alta in Perù, dopo il fallito colpo di Stato del presidente Castillo il 7 dicembre scorso. Ieri migliaia di persone, arrivate soprattutto dalle Ande, hanno manifestato nel centro di Lima, chiedendo le dimissioni della presidente ad interim Boluarte. Negli scontri con la polizia, morto un altro manifestante. Nel sud del Paese i manifestanti hanno cercato di occupare due aeroporti e un terzo è stato chiuso dalla polizia

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

In Perù cresce la tensione e la violenza non si placa. Ieri migliaia di persone, venute soprattutto dalle Ande, hanno manifestato nel centro della capitale Lima, chiedendo le dimissioni della presidente ad interim Dina Boluarte. Con l’annuncio della morte del manifestante ferito mercoledì negli scontri nel sud del Paese, sono salite a 44, 43 manifestanti e un poliziotto, le vittime dall’inizio della crisi. Nel sud del Paese, ieri sera polizia e militari hanno respinto un tentativo di occupazione dell'aeroporto di Arequipa, seconda città del Perù, da parte di manifestanti antigovernativi, anche se continuano gli scontri nell'area circostante. Un elicottero e veicoli blindati delle Forze Armate sono stati coinvolti nell'opera di controllo dello scalo “Alfredo Rodriguez Ballon”. Diversi manifestanti sono rimasti feriti, mentre la folla abbatteva recinzioni di sicurezza, appiccava piccoli incendi e lanciava pietre con fionde contro la polizia. L’aeroporto è stato chiuso, come pure quello di Cuzco, e i media locali hanno riferito di un altro tentativo di assalto all'aeroporto di Juliaca, sempre nel sud.

Le ragioni dei disordini

I disordini in Peru' sono scoppiati dopo la destituzione e l'arresto, il 7 dicembre scorso, del presidente di sinistra Pedro Castillo, accusato di aver tentato un colpo di stato per sciogliere il Parlamento, a maggioranza conservatrice, che si apprestava ad estrometterlo dal potere. Castillo, di origine amerindia, è sostenuto dalle province povere del Paese, che avevano visto la sua elezione come una rivalsa contro l’abbandono da parte di Lima. La crisi riflette, infatti, anche l'enorme divario tra la capitale e le province che hanno sostenuto l’ex presidente Castillo. Molti manifestanti, che chiedono le dimissioni immediate di Boluarte già vice di Castillo, ritenuta una traditrice del socialismo, e la liberazione del presidente, stanno convergendo verso la capitale, nonostante lo stato di emergenza dal 15 gennaio e per 30 giorni nelle regioni di Lima, Cuzco, Puno, Callao. La misura prevede interventi misti di polizia e militari, limitazioni al libero movimento nel territorio del Paese, e la sospensione dell'inviolabilità del domicilio.

Accuse di "genocidio e omicidio" a carico di Boluarte

La scorsa settimana, mentre il parlamento confermava la fiducia al nuovo governo, guidato da Alberto Otárola, il procuratore generale annunciava l’apertura di un’indagine per “genocidio e omicidio” a carico della presidente Dina Boluarte, dello stesso primo ministro, di quelli degli Interni Victor Rojas e della Difesa Jorge Chavez. E le rivolte provocavano, l’11 gennaio, 18 morti in una sola giornata. Nel frattempo, Otárola incassava la fiducia del parlamento: 73 i voti a favore, con 43 contrari e 6 astenuti. Il neopremier annunciava subito un coprifuoco notturno in vigore per tre giorni a Puno, una città nel sud del Paese, vicina al confine con la Bolivia. In quella regione sono avvenuti gli episodi più gravi: migliaia di persone si sono riversate per le strade mentre si verificavano saccheggi e scontri con le forze dell’ordine. 

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20 gennaio 2023, 08:37