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Sfollati interni in Etiopia (Eduardo Soteras/Afp) Sfollati interni in Etiopia (Eduardo Soteras/Afp)

Interrotta la tregua in Tigray nonostante l'allarme dell'Oms

Il conflitto nella regione settentrionale dell'Etiopia, iniziato nel novembre 2020, aveva visto il raggiungimento di una tregua umanitaria lo scorso marzo. Nelle ultime ore le parti si accusano reciprocamente e ne denunciano la violazione. Tutto ciò accade la settimana dopo l'appello dell'Oms, che ha definito un "disastro umanitario senza eguali" quello che sta avvenendo in Tigray

Andrea De Angelis - Città del Vaticano 

Tregua interrotta, in una terra dove la crisi umanitaria non sembra conoscere la parola fine. Eppure negli ultimi mesi, da marzo ad oggi, l'accordo raggiunto dalle parti dopo l'escalation del cruento conflitto iniziava a dare i suoi frutti. Oggi l'Etiopia torna, tristemente, nei lanci delle agenzie internazionali che riportano il classico botta e risposta tra le parti, che si accusano reciprocamente di aver violato la tregua. Il Tigray, come denunciato dall'Oms pochi giorni fa, resta il luogo dove si registra la più grave crisi umanitaria del pianeta. 

Tregua violata

In un comunicato rilanciato dall'agenzia statale Fana Broadcasting Corporate (Fbc) l'esecutivo guidato dal primo ministro Abiy Ahmed ha reso noto che le sue forze armate "stanno contrastando l'attacco in modo coordinato con altre forze di sicurezza". Il governo di Addis Abeba ha affermato che le autorità tigrine hanno "lanciato un attacco aperto" in una zona nord-orientale della regione dell'Amhara, al confine col Tigray, in un atto di "sfida verso il processo di pace". Il riferimento è all'organizzazione di futuri negoziati annunciati nelle settimane scorse sia dal governo etiope che dal partito che controlla il Tigray, il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf). Poco prima le autorità tigrine avevano a loro volta accusato le forze armate di Addis Abeba di aver avviato un'operazione militare sul fronte meridionale.

Un disastro umanitario 

Nella regione etiope è in corso il peggior disastro della Terra: è la denuncia del Direttore generale dell’Organizzazioni Mondiale della Sanità (Oms), Teodros Ghebreyesus, che la scorsa settimana ha lanciato un appello alla comunità internazionale. Da nessuna parte, è l'accusa di Ghebreyesus, si parla del Tigray, gli aiuti, interrotti per molto tempo, hanno iniziato ad arrivare solo negli ultimi mesi, ma continuano ad essere insufficienti, la popolazione non ha accesso alle medicine e alle telecomunicazioni, non ha cibo e le è impedito di uscire dalla regione. “In nessuna parte del mondo – sono le parole del direttore dell'Oms - si può vedere un tale livello di crudeltà”. 

Le origini del conflitto

Il 4 novembre 2020 Addis Abeba ha ordinato un’operazione militare dell’esercito federale in Tigray, una delle dieci regioni che formano l’Etiopia, e ha imposto lo stato di emergenza sul territorio regionale per sei mesi. Da allora sono passati quasi due anni dall'inizio del conflitto. La decisione di Abiy è arrivata dopo mesi di tensione tra governo federale di Addis Abeba e governo locale, e in particolare dopo un attacco compiuto dalle forze fedeli al governo locale contro alcuni soldati dell’esercito federale che si trovavano nella caserma principale di Macallè, la capitale della regione settentrionale. Le tensioni con il governo regionale del Tigray arrivano da lontano e sono legate per lo più all’esclusione del partito dominante della regione, il Fronte di liberazione del Tigray (TPLF), dal governo federale. Il TPLF era stato escluso con l’arrivo al potere di Abiy, dopo che per decenni era stato la più influente forza di tutta la politica etiope, nonostante rappresentasse un’etnia, quella tigrina, che corrispondeva solo al 6% dell’intera popolazione nazionale.

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25 agosto 2022, 11:36