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Salario minimo europeo, cosa cambia per mezzo miliardo di persone

Storico accordo raggiunto dai vertici istituzionali europei per stabilire procedure volte ad assicurare l'adeguatezza di questa tutela per i lavoratori, già presente in 21 Stati membri. Una direttiva non vincolante che promuove la contrattazione collettiva per aumentare l'accesso a questa misura a chi ne ha diritto sulla base delle leggi nazionale. L'economista Becchetti: un passo verso il riconoscimento dell'alta qualità del lavoro

Andrea De Angelis - Città del Vaticano 

Una svolta storica, ma nessun obbligo per i Paesi membri. Si puà sintetizzare così la bozza della direttiva Ue sul salario minimo sulla quale Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo questa notte a Strasburgo nel trilogo, come viene chiamato il negoziato interistituzionale sui testi legislativi. La direttiva, spiega il Consiglio, non vincola gli Stati membri, ma si limita a stabilire procedure per assicurare l'adeguatezza dei salari minimi laddove esistono, a promuoverne la contrattazione collettiva e ad aumentare l'accesso effettivo a questa tutela per i lavoratori che vi hanno diritto in base al diritto nazionale. 

Cosa cambia

Gli Stati membri dell'Ue che hanno salari minimi in vigore dovranno stabilire un quadro procedurale per fissarli e aggiornarli secondo una serie di criteri. Consiglio e Parlamento hanno concordato che gli aggiornamenti sui compensi dovranno avere luogo almeno una volta ogni due anni, o al massimo ogni quattro anni per i Paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatico, con il coinvoglimento delle parti sociali. La direttiva mira poi a promuovere la contrattazione collettiva come mezzo di difesa dei salari: i colegislatori hanno infatti deciso di tutelare i rappresentanti dei lavoratori. Consiglio e Parlamento hanno infine concordato misure volte a migliorare l'accesso effettivo dei lavoratori a questa tutela con controlli da parte degli Ispettorati del lavoro, informazioni accessibili e anche sviluppare le capacità delle autorità di perseguire i datori di lavoro che non rispettano le norme.

Un cammino ad ostacoli

L'economista Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata e componente delle Settimane sociali dei cattolici, sottolinea come si tratti di "un indirizzo importante che ha preso l'Europa, senza dimenticare però che già 21 Paesi hanno un salario minimo nel vecchio continente". Quindi mette in guardia da possibili effetti: "Non va scoraggiata la contrattazione sindacale, un lavoro solitamente saggio il loro che di solito porta a situazioni importanti per i lavoratori". 

Ascolta l'intervista a Leonardo Becchetti

"Deve esserci una preferenza per la contrattazione sindacale, soprattutto - sottolinea - quando ci sono salari più elevati". L'economista pone l'accento poi anche sul rispetto dei criteri ambientali, e più in generale sul fatto che "l'Europa vuole tutelare un'alta qualità del lavoro, dicendo no ad una corsa al ribasso che magari nasconde anche lo sfruttamento dei lavoratori". Il salario minimo può sfavorire il lavoro nero? "Questo - risponde Becchetti - è un rischio che permane, c'è sempre, proprio perché il lavoro nero finisce per riflettere il maggior potere contrattuale del datore di lavoro, o l'adeguamento ad una situazione di mercato non favorevole". 

Un segnale chiaro 

Per il commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmit, "una delle principali proposte di questa direttiva era un salario minimo adeguato in Europa. Nessuno dovrebbe essere in povertà se lavora, e questo è lo strumento giusto per fare in modo che nel lavoro la povertà dovrebbe essere qualcosa che appartiene al passato".  Schmit sottolinea come l'Europa dia un segnale chiaro al mondo del lavoro, un tentativo di combattere la povertà basato su norme e politiche concrete, non solo sulle buone intenzioni. 

L'entrata in vigore

Non è ancora chiaro come sarà applicata la direttiva e secondo quali criteri sarà adottata dai vari Stati. Per entrare in vigore, la direttiva dovrà essere approvata dalla plenaria del Parlamento Europeo e poi ratificata dal Consiglio. Infine, dovrà essere recepita dai singoli Paesi membri: è un processo che probabilmente richiederà almeno qualche mese. L’accordo in sede europea si inserisce in un dibattito sul salario minimo che in alcuni Paesi, ad esempio l'Italia, va avanti ormai da qualche mese. Sono sei gli Stati membri senza una regolamentazione in materia: Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Italia e in parte Cipro, dove una misura di questo tipo esiste, ma solo per alcune categorie di lavoratori.

Le reazioni 

"Nei nostri orientamenti politici abbiamo promesso una legge per garantire salari minimi equi nell'Unione Europea. Con l'accordo politico di oggi sulla nostra proposta su salari minimi adeguati, portiamo a termine il nostro compito. Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi". Lo scrive su Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. "Una tappa importante per l'Europa sociale", ribadisce invece la presidenza di turno francese dell'Ue. "Nel pieno rispetto delle diversità nazionali - si legge in un tweet - il provvedimento favorirà dei salari minimi adeguati nell'Ue e lo sviluppo della contrattazione collettiva".

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07 giugno 2022, 12:22