Cerca

Una grande bandiera europea stesa nella piazza dedicata a Schuman a Bruxelles per celebrare il 9 maggio Una grande bandiera europea stesa nella piazza dedicata a Schuman a Bruxelles per celebrare il 9 maggio  

9 maggio: per l’Europa è tempo di tornare a difendere la pace

Guerra, difesa comune, voce dei cittadini: la celebrazione della Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 quest’anno ha i toni drammatici della crisi ucraina e della difficile unità tra Paesi Ue. Servono i valori più autentici del progetto europeo e nessuna resa alla sola logica delle armi, come sottolineano Francesco Tufarelli e PierVirgilio Dastoli parlando di responsabilità e di iniziative concrete da non trascurare

Fausta Speranza – Città del Vaticano

In un momento storico già segnato dalla pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina conferma quanto fondamentali siano solidarietà, cooperazione e unità, valori propri del progetto europeo insieme con democrazia, diritti, pace. L’obiettivo  di licenziare alla vigilia della festa dell’Europa il sesto pacchetto di sanzioni contro il presidente russo Putin, per l’invasione dell’Ucraina e i continui bombardamenti, non è stato raggiunto. Anche la quarta riunione degli ambasciatori degli Stati Ue ieri mattina a Bruxelles è terminata senza accordo.

Pensare il futuro dell’Europa ricordando la visione della Dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950 diventa urgente più che mai. Ne abbiamo parlato con Francesco Tufarelli, direttore dell'Ufficio coordinamento del Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei ministri:

Ascolta l'intervista con Francesco Tufarelli

Tanto si può fare e l’Europa deve fare per difendere la pace con gli strumenti a disposizione – sottolinea Tuffarelli - ma è innegabile che il nodo della difesa europea è tornato alla luce di fronte all’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio scorso, dopo anni di conflitto ai confini est.

La difesa comune

La difesa europea – dice Tufarelli – è un progetto coerente con il Trattato Ced voluto da De Gasperi e Spinelli nel 1952-1954, siglato  esattamente  70 anni fa, il 27 maggio 1952  che poi – ricorda - purtroppo è caduto all’Assemblea nazionale francese anche per la concomitanza con la crisi indocinese. Secondo Tfarelli proprio ripensando all’origine del progetto, è importante una precisazione per allora e per oggi:  la difesa comune europea è vista come il secondo pilastro della Nato e non fuori dell’Alleanza Atlantica. Anche il presidente del Consiglio dei ministri Draghi – ricorda – ha ribadito in questo contesto nei giorni scorsi che “gli  investimenti nella difesa devono essere fatti nell’ottica di un miglioramento delle  capacità collettive  come Unione Europea e come Nato”.   E c’è poi un’altra precisazione da fare: De Gasperi e Spinelli lavorarono – spiega Tufarelli - per inserire  un articolo dedicato, il n. 38 del Trattato, che prevede che la prospettiva della difesa comune vada inserita in nuove istituzioni che comportino una maggiore unità politica e maggiori disponibilità di bilancio, dal momento che la nazionalizzazione di molte politiche produce inefficienze e ignora gli effetti asimmetrici delle crisi sui vari ambiti decisionali.

Il punto dunque – avverte Tufarelli – è che il progetto di difesa comune ha avuto una battuta d’arresto ma non si è mai davvero interrotto: a vari livelli il confronto tra Paesi, a livello dei debiti “consigli” – assicura – è proseguito. E Tufarelli fa anche un esempio molto concreto: la presidenza di turno di uno di questi consigli che porta avanti il dibattito preparando il terreno è oggi affidato alla Repubblica Ceca, un’ipotesi che anni fa sarebbe apparsa impensabile. Di fatto dunque è necessario di fronte ai fatti attuali riprendere – spiega – o rilanciare il progetto di difesa comune ma considerando che una piattaforma di dialogo non si è mai fermata e c’è un “tesoro” di lavoro svolto che non va dimenticato. Questo non significa – precisa – che sarebbe possibile domani arrivare a una difesa comune ma che esiste un bagaglio di lavoro dei tecnici da rivalutare.

Non silenziare la voce dei cittadini europei

Oggi 9 maggio, si conclude la Conferenza sul futuro dell’Europa (Cofoe) che per un anno ha significato migliaia di incontri e scambi a livello di tutte le rappresentanze di cittadini. L’elaborazione finale coincide quest’anno con la tragedia in Ucraina che si consuma dopo oltre due mesi di bombardamenti. E’ sconcertante pensare di ricordare la fine della Seconda Guerra mondiale, la vittoria sul nazismo, mentre il presidente russo Putin porta avanti scelte di aggressione e di guerra. Si presenta sempre più chiara l’alternativa tra multilateralismo e nazionalismi.

Non si deve  permettere agli eventi e all’angoscia che comportano di oscurare il frutto di una consultazione popolare dalla quale è emersa – insieme con la richiesta a gran voce di difendere la pace - una domanda di più Europa e non meno Europa, come sottolinea  Pier Virgilio Dastoli, presidente del Consiglio italiano del Movimento Europeo, che ha seguito tutto l’iter di un anno della Cofoe:

Ascolta l'intervista con Pier Virgilio Dastoli

Prima di entrare nello specifico di alcuni temi, Dastoli sottolinea una richiesta emersa: istituire un eventuale meccanismo di feedback diretto da parte dei cittadini per monitorare i passi che si fanno sulle   questioni chiave. E’ una precisa novità. E poi Dastoli riferisce  che nonostante una partenza stentata e uno sviluppo in pieno periodo pandemico  la Conferenza sul Futuro dell’Europa   ha prodotto oltre 50 pagine di proposte suddivise in 49 paragrafi. Le diverse proposte– spiega – saranno acquisite attraverso la piattaforma predisposta dalla Commissione europea. Dastoli riconosce che si è trattato di un numero ovviamente esiguo di cittadini consultati, ma assicura che tanta gente si è sentita coinvolta e ha offerto pareri e proposte. Innanzitutto, sottolinea che innegabilmente emerge la richiesta di rafforzare l’impegno comune, di non abbandonare il sogno europeo. Si chiede di criticarlo – spiega – per migliorarlo, non certo per darlo per superato. Questo – sottolinea – è il dato essenziale. Un dato che di fronte alla guerra in Ucraina si è rafforzato.

L'importanza del capitolo energia

Volendo sottolineare alcuni punti chiave emersi nella sensibilità dei cittadini, Dastoli fa riferimento alla crescita sostenibile e all’innovazione. Non sono solo parole dei politici, anche la cittadinanza – precisa -  fa presente con vigore la necessità di affrontare le questioni della sostenibilità e dell’accessibilità  in termini economici  dell’energia. E la richiesta di  aumentare  la quota di energia proveniente da fonti sostenibili. Non è stato solo il panel dall’Italia a ribadirlo – racconta - ma lo hanno fatto con insistenza anche i panel   da Lituania, Germania, Paesi Bassi, Francia. Si chiede anche  di creare un quadro migliore per gli investimenti in ricerca e innovazione a favore di modelli aziendali più sostenibili e rispettosi della biodiversità, concentrandosi sulla tecnologia e l’innovazione intesi come motori della crescita. Ugualmente significativo – prosegue Dastoli - si è rivelato il contributo nel capitolo dedicato al rafforzamento della competitività dell’Unione completando e approfondendo ulteriormente il mercato unico, antico cavallo di battaglia del Governo italiano.  Che signfica anche – precisa – l’’esigenza di  ridurre la standardizzazione dei prodotti riconoscendo le peculiarità culturali e produttive locali e regionali, dunque  rispettando in pratica le tradizioni di produzione.

La priorità del lavoro

La bozza di conclusione della Cofoe – rileva Dastoli - non omette di occuparsi di politiche di occupazione integrate a livello di Unione europea. Ribadisce la necessità che le politiche attive del mercato del lavoro rimangano centrali e sempre più coordinate, lasciando agli Stati membri la facoltà di proseguire nei loro sforzi di riforma per creare condizioni favorevoli alla creazione di posti di lavoro di qualità. Sempre in tema di lavoro – prosegue - il documento finale recepisce integralmente le raccomandazioni dei panel dei cittadini italiani i quali hanno a gran voce chiesto di promuovere l’occupazione e la mobilità sociale, in vista di una piena possibilità di realizzazione personale e di auto determinazione. Molto articolato risulta il suggerimento sviluppato dall’Italia  in materia di parità di genere, in questo senso in linea con la strategia dell’unione 2025 si propone di continuare a misurare la parità di genere mediante un indice sull’uguaglianza di genere (atteggiamenti, divario retributivo, occupazione, leadership) monitorando la strategia annualmente ed essendo trasparenti nella pubblicazione dei risultati conseguiti, incoraggiando la condivisioni delle competenze e delle migliori pratiche non omettendo il possibile monitoraggio da parte dei cittadini.

Il bisogno di famiglia

Nella parte connessa alla transizione demografica, specifico oggetto di trattazione nel panel dei cittadini italiani, emerge la raccomandazione di migliorare la legislazione e la relativa attuazione per garantire il sostegno alle famiglie in tutti gli stati membri nello specifico per quanto riguarda il congedo parentale gli assegni di natalità e gli assegni familiari, l’individuazione degli strumenti rileva l’attenzione destinata all’argomento. Una raccomandazione ad hoc è poi destinata alla promozione dell’età pensionabile flessibile tenendo conto della situazione specifica degli anziani. Da notare che nel determinare l’età pensionabile si auspica di operare una differenziazione a secondo della professione tenendo conto dei lavori particolarmente impegnativi sul piano sia mentale che fisico.

Superare l’ipocrisia delle politiche fiscali

Viene sottoscritta – mette in luce Dastoli – la necessità, con alcune proposte formulate, armonizzare e coordinare le politiche fiscali nei Paesi dell’Unione. L'obiettivo che emerge è molto chiaro:   prevenire l’evasione e l’elusione fiscali, evitando la creazione di paradisi fiscali all’interno dell’Ue. E si chiede di aprire un dibattito particolare e serio sulla  delocalizzazione all’interno dell’Europa, che tanto ha a che fare con le diverse politiche fiscali.

Lavorare per il cessate il fuoco in Ucraina 

Dastoli ricorda che non si può lasciar cadere nessuna possibilità di contribuire alla pacificazione. E’ un dovere dell’Europa – precisa – ed è quello che vogliono i cittadini. Non si deve parlare – raccomanda – solo delle mosse di guerra e delle armi inviate. Si devono sostenere iniziative  concrete. A questo proposito Dastoli ricorda la lettera che ha inviato in qualità di presidente del Movimento europeo in Italia   al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antònio Guterres. Si tratta – chiarisce – del testo della petizione alle istituzioni europee in cui si sostiene la  richiesta di un immediato “cessate il fuoco” e si sollecita l’Assemblea generale dell’Onu a decidere di inviare in Ucraina delle forze internazionali di peacekeeping per garantire Il rispetto del “cessate il fuoco”.  Il presidente del Movimento europeo ha chiesto ad Antònio Guterres di sottomettere la petizione al presidente russo Vladimir Putin in occasione dell’incontro al Cremlino del 26 aprile. Sappiamo – ricorda – che non è stata accolta ma – aggiunge – non si deve smettere di lavorare in questa direzione.

La Dichiarazione Schuman

Il 9 maggio si ricorda la Dichiarazione rilasciata dall'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman il 9 maggio 1950, che proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio, i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di carbone e acciaio. La CECA – di cui poi sono stati fondatori Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo -  è stata la prima della serie di istituzioni europee sovranazionali che hanno condotto a quella che si chiama dal 1992 Unione europea. Nel 1950, le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima. Determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman – "non solo impensabile, ma materialmente impossibile". Un’iniziativa che sul territorio dei Paesi membri Ue ha dato i frutti di 70 anni di pace e che deve far pensare oggi a quanto sia fondamentale mettere in campo tutta l’inventiva e la creatività per difendere la pace.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

09 maggio 2022, 06:47