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Miliziani huthi protestano contro la coalizione saudita nella capitale yemenita San'a' Miliziani huthi protestano contro la coalizione saudita nella capitale yemenita San'a' 

Yemen: embargo totale dell’Onu ai ribelli huthi

La risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza rafforza l’intervento delle Nazioni Unite a danno dei ribelli che, dal 2014, sono al centro del conflitto.

Guglielmo Gallone – Città del Vaticano

«Chi fa la guerra dimentica l’umanità», ha detto Papa Francesco all’Angelus la scorsa domenica. «Tacciano le armi», ha poi ammonito il Pontefice, riferendosi non solo al conflitto in Ucraina, ma anche nello Yemen. Nel Paese del Medio Oriente, infatti, secondo progetti di raccolta dati che monitorano l’andamento della guerra, il mese di gennaio 2022 è stato il più violento dall’inizio del conflitto. Il numero di raid aerei è aumentato del 60%, passando da 250, nel mese di dicembre, a 401 nel mese di gennaio. I civili uccisi sono stati 426.

Di fronte all’escalation di un conflitto monitorato da anni, le Nazioni Unite hanno deciso di inasprire le sanzioni contro i terroristi. Ieri, attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, l’Onu ha esteso l’embargo sulle armi a tutti i ribelli huthi presenti nello Yemen. Fino ad ora, oltre al congelamento dei beni, l’embargo era applicabile solo a individui e società esplicitamente nominati dall’Onu, come stabilito nel 2015. La nuova decisione ne espande notevolmente l’applicabilità.

L’Onu ritiene infatti che gli huthi rappresentino una minaccia per la pace, la sicurezza e la stabilità dello Yemen. Lo ha ribadito oggi la rappresentante permanente degli Emirati Arabi Uniti presso le Nazioni Unite, Lana Nusseibeh: «Lo scopo di questa risoluzione è limitare le capacità degli huthi e l’escalation della guerra in Yemen», così come nel «panorama internazionale».

La guerra: gli huthi e i danni civili

Gli huthi sono un gruppo armato nato alla fine degli anni ’90 del ‘900, entrato al centro del dibattito internazionale proprio dopo aver provocato la guerra civile nello Yemen tra il 2014 e il 2015. Il conflitto, partito nelle zone meridionali, si è poi esteso a tutto il Paese, anche a danno dei principali rappresentanti governativi yemeniti (il colpo di Stato nel settembre 2014 con la conquista della capitale San’a’) e di altri Paesi arabi (l’Arabia Saudita in primis).

Dal 26 marzo 2015, la guerra non sembra avere fine né placarsi. L’Onu ha stimato che, alla fine del 2021, la guerra ha provocato 377 mila vittime. Tra le vittime non c’è solo chi è morto direttamente a causa della guerra, ma anche per fame e malattie: il 70% di loro sono bambini. Poi, il World Food Programme ha riferito che quasi la metà della popolazione (14,5 milioni su 30 milioni) non ha cibo a sufficienza. Ancora, il 47,5% dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica. E almeno quattro milioni di persone sono state sfollate nei sette anni di guerra.

Dall’altro lato, c’è la coalizione internazionale guidata dai sauditi che, negli ultimi mesi, ha lanciato diverse offensive contro la capitale dello Yemen. Ultimamente, è stato anche chiesto ai civili residenti nelle sedi governative e dei Ministeri dello Stato yemenita di lasciare immediatamente la città di San’a, in vista di ulteriori scontri. Proprio l’aeroporto della capitale, secondo gli alleati internazionali, sarebbe stato trasformato dai ribelli in una base militare per condurre esperimenti e attacchi transfrontalieri.

I numeri della guerra in Yemen sono ancor più impressionanti se si pensa che, come si diceva all’inizio, tendono ad aumentare ancora in questi mesi. Tra gli attacchi recenti, l’attacco più letale è avvenuto a Sa’ada, lo scorso 21 gennaio: in questo caso, le vittime sono state pari a quelle provocate in tutti i 1.790 raid aerei del 2021 messi insieme. Si tratta di 91 morti e 236 feriti.

Tra gli altri attentati del mese scorso che hanno causato ingenti vittime civili, il raid aereo del 17 gennaio contro una zona residenziale della capitale, a Ma’ain, dove sono morti 14 civili: tra questi, cinque donne e un bambino. Anche il governatorato di Hajja era stato teatro di bombardamenti. Qui, una bambina di 12 anni e una donna di 50 erano decedute all’arrivo in ospedale. A Marib, nord del Paese, giorni prima, anche il lancio di sette missili balistici era stato attribuito agli stessi huthi.

La risoluzione delle Nazioni Unite

La nuova decisione delle Nazioni Unite è stata adottata ieri dal Consiglio di sicurezza con 11 voti a favore e 4 astenuti (Norvegia, Messico, Brasile, Irlanda). Tra i favorevoli, c’è anche la Russia. Agenzie di stampa hanno commentato dicendo che la decisione di Mosca, vicina all’Iran, a sua volta sostenitore degli huthi, viene interpretata dai diplomatici come «la conseguenza di un “accordo” concluso con gli Emirati Arabi Uniti per ottenere la loro astensione durante i voti delle risoluzioni sull'invasione russa dell’Ucraina». Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha invece commentato dicendo che la risoluzione «avrà ricadute negative sulla pace in quel Paese», poiché la decisione è stata presa solo «per motivazioni politiche e per l’attività di lobbying. Il Consiglio di Sicurezza – prosegue l’Iran – ha sempre ignorato le atrocità commesse nello Yemen dalla Coalizione, con il risultato che le violazioni delle leggi umanitarie internazionali sono sistematiche, come lo sono la distruzione e l’uccisione di civili nello Yemen», ha concluso il portavoce.

Il commento negativo è arrivato anche da Mohamed Ali al-Houthi, capo del comitato rivoluzionario supremo degli huthi: secondo i ribelli, la decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu avrebbe ignorato i “crimini” della coalizione a guida saudita.

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01 marzo 2022, 17:55