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Kabul, esplosione all'aeroporto: decine di morti, tra cui bambini

Un attentatore suicida si sarebbe fatto esplodere nei pressi di un gate dove era ammassata una folla di persone. Ieri il viaggio a Roma della comunità cattolica di Kabul: padre Giovanni Scalese, cinque suore e 14 bambini disabili già nelle loro comunità, dopo l'arrivo a Fiumicino grazie al ponte aereo delle forze militari italiane. Padre Matteo Sanavio li ha accolti:"Sono semi di carità in terra afghana"

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano

Questo pomeriggio un'esplosione all'aeroporto di Kabul ha ucciso una quarantina di persone e ne ha ferite oltre 100. Tra di esse ci sarebbero anche alcuni bambini, secondo fonti talebane rilanciate dai media internazionali, e alcuni militari americani. L'esplosione sarebbe stata causata da un attentatore suicida che si sarebbe fatto esplodere nei pressi del Gate Abbey dell'aeroporto internazionale, dove era ammassata una folla per poter entrare nello scalo. La notizia è stata confermata dal portavoce del Pentagono, mentre fonti turche parlano invece di due diverse esplosioni.

Tra i feriti, secondo i siti d'informazione Usa, ci sarebbero anche tre soldati statunitensi. Complessivamente all'aeroporto di Kabul, in procinto di tornare in Usa, ci sono 5.200 soldati americani. L'accesso all'area, gestito dai militari del contingente Usa, al momento è interdetto e il presidente Joe Biden convoca la sicurezza, è costantemente aggiornato sulla situazione. Anche diverse guardie talebane sarebbero rimaste ferite. Sono invece 60 le persone rimaste ferite ricoverate nel locale ospedale di Emergency. Lo riferisce su Twitter l'Ong, spiegando che sei persone sono decedute durante il trasporto.  

Da Kabul a Roma, il viaggio della comunità cattolica afghana

L'aeroporto Hamid Karzai continua ad essere l'epicentro della crisi che ha travolto da metà agosto l'Afghanistan. Scene di caos si registrano ogni giorni nei diversi gate, dove centinaia di persone tentano la fuga dal Paese e dove proseguono i voli di evacuazione. Ieri pomeriggio da Kabul sono arrivati a Fiumicino, con uno dei tanti voli partiti in giornata, alcuni rappresentanti della esigua comunità cattolica afghana. Si tratta di padre Giovanni Scalese, barnabita alla guida della Missio sui iuris unica presenza cattolica nel Paese asiatico, e di cinque suore tra cui le missionarie della Carità di Madre Teresa e una suora della Ong Pro Bambini di Kabul ( PBK). Con loro, 14 piccoli disabili anche gravi accuditi in Afghanistan proprio dalle suore della Carità. Sono partiti e arrivati grazie alle forze militari italiane.. Un viaggio lungo, difficile e faticoso al termine di un'attesa altrettanto lunga nella capitale afghana, nella speranza di trovare il momento migliore per abbandonare il Paese.

Ad accoglierli all'aeroporto c'era il padre Matteo Sanavio rogazionista e presidente di PBK, che ha parole di ringraziamento a Dio per il primo abbraccio finalmente realizzatosi, ma ha anche sentimenti di preoccupazione per il futuro della gente afghana che è rimasta come di quella che sta arrivando in Europa. "Presenze giovani, donne, uomini, bambini, che con molta dignità e forse con rassegnazione stanno affrontando un esodo enorme. Eppure loro sono fortunati ad andare via, pur fuggiti con le poche cose cha avevano, sono lo specchio di un fallimento di un mondo evidentemente non costruito su basi solide perchè fatte di paura e armi". "Stanno fuggendo purtroppo -  ci dice - quelli che hanno una cultura del servizio e del dono, semi di carità che i religiosi presenti in Afghanistan hanno sparso negli anni e che si spera ora porteranno frutto". Nelle parole di padre Matteo anche il ruolo centrale dell'unico sacerdote presente a Kabul, il barnabita padre Scalese che in Italia e nel cuore ha il dolore di tutto un popolo:

Ascolta l'intervista a padre Matteo Sanavio

Padre Sanavio come è andato il vostro primo incontro a Fiumicino?

Siamo riusciti a farli arrivare sani e salvi.. questi giorni sono stati molto intensi e complicati però veramente bisogna ringraziare le forze italiane per il lavoro e la dedizione che stanno mettendo, per tutto. Sono riusciti in una impresa che ha dell'epico. Sono riusciti a portare in salvo le suore, questi piccoli semi di carità cristiana presenti in Afghanistan e soprattutto bisogna ringraziarli per aver portato i nostri bambini, quelli delle suore della Carità, che hanno disabilità più gravi. Sono 14 e sono riusciti ad arrivare nonostante non siano autonomi, con le loro carrozzine o in barella .I militari hanno fatto un'opera meravigliosa. Sono arrivati nel pomeriggio e già in serata sono potuti andare a riposare nelle loro rispettive comunità. 

Quali sono state le prime parole che vi siete detti?

Io sono andato a Fiumicino solo a vedere se c'era qualcosa da fare, qualcosa di cui avessero bisogno. E veramente le prime cose che ci siamo scambiati sono stati i sorrisi sotto le mascherine, ci siamo in qualche modo potuti abbracciare, ma proprio le prime parole che ci siamo detti sono state: "Lodiamo il Signore perchè ha fatto cose grandi". E' chiaro che adesso la situazione della Chiesa in Afghanistan è tutta da rivedere e ripensare, lo faranno altri, la Santa Sede credo, proprio perchè ufficialmente l'unica presenza della Santa Sede nel Paese era quella nell'ambasciata italiana che è stata chiusa e l'unico sacerdote che era lì la cui presenza risaliva agli anni "20, ora non c'è più. Mi spiegavano i miei confratelli che l'Italia è stato il primo Paese a riconoscere la sovranità dello Stato afghano, per questo ci fu un accordo con il Re negli anni "20 e da allora in poi c'è sempre stato un sacerdote a Kabul. Ora gli eventi drammatici di questi giorni hanno negato questa presenza. Bisogna ricordare anche che lo Stato afghano è sempre stato confessionale, islamico e la presenza dei religiosi e delle religiose cristiane è sempre stata una presenza seminascosta, almeno molto molto discreta, legata a compiti ben precisi come l'infermeria, l'educazione, quella speciale, o la carità. In questi ultimi 15 anni anche con la nostra Associazione "Pro Bambini di Kabul - nata nel 2004 da un appello lanciato da San Giovanni Paolo II - si sono visti solo miracoli di carità. Tutti questi semi di carità ad un occhio umano potrebbero sembrare persi oggi o - come mi piace più pensare e dire - se il seme caduto in terra non muore non porta frutto. Ora, quanto seminato dai religiosi in tanti anni è rimasto lì e vogliamo sperare e pregare che dia frutto.

Quale sarà da oggi il futuro della vostra associazione?

Per ora noi stiamo cercando di recuperare tra gli sfollati i nostri collaboratori e probabilmente il target della nostra associazione si sposterà nell'assistere le famiglie arrivate in Italia in un processo di inserimento delicato e graduale. Tra l'altro sono tutte famiglie con figli e quindi la nostra missione originaria dedicata ai bambini continua, anche se ora sono in Italia, sono sempre bambini di Kabul.

Ultimo aggiornamento ore 17 del 26 agosto 2021

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26 agosto 2021, 06:30