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Il drive-in all'Ospedale San Giovanni Battista di Roma Il drive-in all'Ospedale San Giovanni Battista di Roma

Dietro ai numeri dei tamponi ci sono sempre le persone

Gli operatori sanitari sono da mesi in prima linea per fronteggiare la pandemia di Covid-19 mentre le istituzioni europee già pianificano la distribuzione dei vaccini. A medici e infermieri è richiesta non solo professionalità, ma empatia. Anche nei pochi secondi che impiegano per fare un tampone. “Le persone ci chiedono un sorriso con gli occhi”, afferma nella nostra intervista l’infermeria Federica Visca, dell’Ospedale San Giovanni Battista di Roma

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Non c’è spazio per l’improvvisazione quando si parla di Sanità. Lo sanno bene gli operatori chiamati ad effettuare decine e decine di tamponi al giorno, nelle cliniche come ai drive-in. Un minuto o poco più a persona, nel quale è richiesta la massima professionalità per far sì che il tampone sia valido, evitando ogni rischio per il paziente. Tecnica, dunque, ma non solo. Perché quegli attimi sono fatti pure di timori e speranze, dubbi e talvolta anche rabbia per la fragilità che si prova nel dover affrontare un nemico invisibile agli occhi. Il coronavirus. Si moltiplicano i luoghi deputati a realizzare tamponi, vista la loro enorme importanza. In Italia negli ultimi due mesi, in media, ne sono stati effettuati circa 200mila al giorno. 

L’Ospedale San Giovanni Battista di Roma

A Roma, dallo scorso mese, si è aggiunto un nuovo drive-in, che fa capo al polo sanitario dell’Associazione italiana dell’Ordine di Malta. Nel parcheggio, all’interno dell’Ospedale San Giovanni Battista, è stato infatti aperto un drive-in per tamponi rapidi antigenici allestito dagli operatori sanitari dell’ospedale cattolico. Nel presidio, da lunedì al sabato, saranno effettuati, nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid, tamponi antigenici ed a breve anche tamponi molecolari. Il servizio è stato realizzato in collaborazione con il Corpo Militare dell’ACISMOM, che ha curato la logistica e ha messo a disposizione il personale militare per l’organizzazione amministrativa.

La testimonianza di un’infermiera

Tutta l’attività sanitaria è svolta dal personale dell’ospedale. Nell’intervista a Vatican News l’infermeria Federica Visca racconta cosa significa, professionalmente ed umanamente, lavorare per realizzare questo servizio:

Dottoressa Visca, realizzare un tampone richiede preparazione, è un’attività riservata ai professionisti del settore?

R.- Sì, il tampone ad oggi è l’unico strumento che abbiamo per fare una diagnosi certa ed è una procedura diagnostica di facile esecuzione, ma deve comunque essere effettuata sempre da un professionista. Nella nostra struttura ospedaliera dagli infermieri, laureati e formati per fare questa procedura. Non dobbiamo mai dimenticare che l’esito del tampone, la sua veridicità dipende molto dal modo in cui viene eseguito.

Al di là dell’aspetto professionale, ci sono anche tutta una serie di storie che magari può raccontarci, perché sono tante, tantissime le persone che incontrate ogni giorno. Con i loro timori e speranze...

R.- Assolutamente. Quello che caratterizza gli infermieri, infatti, oltre alle competenze tecniche e professionali, è la capacità relazionale con il paziente. L’empatia. Attraverso i gesti, gli sguardi, più che mai adesso che utilizziamo tutti le mascherine. Le persone che vengono da noi sono spesso spaventate, perché questa malattia ha provocato molte vittime in Italia. L’infermiere si trova spesso a dover confortare queste persone, tranquillizzandole.

In che modo?

R.- Anche solo con uno sguardo. Al di là del risultato che si avrà del tampone, facciamo capire loro che si può guarire, che tutto potrà risolversi per il meglio.

Ascolta l'intervista a Federica Visca

Voi lavorate con queste grandi tute che vi proteggono dal contagio. Anche dietro questi abiti,  ci sono ovviamente persone che provano emozioni forti... 

R.- Sì, la paura dei pazienti è anche la nostra. L’operatore vive la stessa situazione di tutte le persone, spesso si trova a contatto con pazienti positivi al coronavirus. Quando indosso anche la tuta, anche nei reparti, vedo che le persone con lo sguardo ci cercano, chiedono anche un sorriso, una parola attraverso gli occhi. Questo, mi creda, è davvero emozionante. Ancor di più ora che il contatto è soltanto visivo, ti rispecchi in quella persona e cerchi di confortarla. Questo è il nostro lavoro, loro si affidano a noi.

Un conforto che deve arrivare nonostante la stanchezza, immagino che i turni siano lunghi?

R. - Certo, anche di 12 ore. A volte ci troviamo vestiti per molto tempo, c’è tanta stanchezza, ma è necessario fare questi turni perché le richieste si sono moltiplicate. Questo è il nostro lavoro, andiamo avanti.

Concludiamo con i vaccini. Anche in questo caso, per le somministrazioni e non solo, voi sarete in prima linea?

R. - Certamente, e già oggi il compito degli operatori sanitari consiste anche nel fare prevenzione, nell’educare alla salute. Dobbiamo far capire alle persone quanto sia importante oggi rispettare le regole che ben conosciamo, dalla mascherina al distanziamento sociale, e domani vaccinarsi. Molti ancora non lo capiscono, sono spaventati, ma è fondamentale fare il nostro dovere e vaccinarsi. L’infermiere sicuramente avrà un ruolo nel far comprendere l’importanza del vaccino per difendere se stessi ed il prossimo, cioè tutta la popolazione.  

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02 dicembre 2020, 11:55