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Fiji, una casa distrutta a Bua,  nell'isola di Vanua Levu Fiji, una casa distrutta a Bua, nell'isola di Vanua Levu 

Isole Fiji, allarme per i danni del ciclone Yasa

Danni ingenti nell’arcipelago del sud del Pacifico, dove la tempesta ha lasciato popolazioni senza casa, cibo e acqua e provocato pericolo incombente di malattie e malnutrizione. Tommaso Della Longa, Federazione internazionale di Croce Rossa: “La situazione è molto complessa, ci sono isole spazzate via, altre colpite da allagamenti”

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Tetti delle case divelti, interi villaggi distrutti nel Nord e migliaia di persone ospitate nei centri di evacuazione. La furia del ciclone Yasa che giovedì scorso si è abbattuto sulle isole Fiji ha provocato un bilancio di 4 vittime e un disperso. La conta dei danni, però, è in continuo aggiornamento perché risultano ancora interrotte le comunicazioni con alcune zone colpite dell’arcipelago. Yasa, uno dei cicloni più potenti ad aver colpito le Fiji, mercoledì scorso ha raggiunto la categoria 5 e si è poi abbattuto sulla zona settentrionale con raffiche fino a 345 kilometri orari. Le autorità dell’arcipelago, che conta circa 300 isole, avevano imposto un coprifuoco notturno e dichiarato lo stato di disastro naturale per trenta giorni. Se la tempesta ha risparmiato la zona della capitale Suva, è a Bua, nel distretto di Vanua Levu, seconda isola più grande delle Fiji, che si sono verificati i danni maggiori. Di situazione molto complessa parla a Vatican News Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione internazionale di Croce Rossa: “In questo momento gli operatori di Croce Rossa delle Fiji stanno portando i primi aiuti e verificando la situazione sul terreno. Le maggiori necessità del momento riguardano cibo, acqua e assistenza sanitaria e dare ricovero alle persone che non hanno più nulla”.

Ascolta l'intervista a Tommaso Della Longa

I danni

Le autorità locali hanno confermato la morte di un uomo di 45 anni, quella di un bimbo di tre mesi e il ritrovamento di altri due corpi. Sono 24mila le  persone fuggite dalle proprie case e al momento oltre 16mila non sono state in grado di tornare. Oltre alle distruzioni delle abitazioni, ingenti sono i danni all’economia del Paese, valutati in centinaia di milioni di dollari, con interi raccolti distrutti e il bestiame decimato. “Si stima che siano 884mila le persone colpite direttamente o indirettamente - continua Della Longa - e questo significa che ci sono isole completamente spazzate via e tante altre colpite da allagamenti, venti fortissimi e in cui sono stati distrutti tutti i mezzi di sostentamento, da piccole fattorie a piccoli allevamenti”.

Le conseguenze a lungo termine

La macchina dei soccorsi, che si è attivata subito dopo la tempesta, sta cercando di rispondere alle esigenze immediate di questa emergenza, ma è forte la preoccupazione sulle conseguenze nel lungo periodo. La prima riguarda il pericolo malnutrizione e malattie. Della Longa sottolinea come in questi casi uno dei problemi delle isole riguarda il reperimento di acqua potabile perché nelle zone colpite l’acqua è completamente contaminata.

L’Emergenza climatica

Non è la prima volta che l’arcipelago delle Fiji è attraversato da un ciclone. Lo scorso aprile un'altra tempesta, Harold, aveva interessato l’intera area e le isole Salomone, Vanuatu e Tonga. Ancora, nel 2016, il passaggio del ciclone Winston, provocò 44 vittime. Il primo ministro, Frank Bainimarama, da  tempo sostenitore di un'azione internazionale più forte sui cambiamenti climatici, ha attribuito la forza del tifone Yasa al riscaldamento globale: "Questo non è normale. C'è un'emergenza climatica", ha detto in un tweet. Sull’incidenza dei cambiamenti climatici, Della Longa ricorda una ricerca recentemente effettuata dalla Federazione internazionale di Croce Rossa dalla quale è emerso che delle 29 maggiori emergenze che hanno colpito la zona dell’Asia-Pacifico nel 2020, ben 25 sono legate al cambiamento climatico. “Questo significa che parlare di cambiamento climatico - conclude – e chiedere che si intervenga per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico non è solo una dichiarazione politica, ma soprattutto una questione umanitaria”. 

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21 dicembre 2020, 14:30