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Palestinesi di Gaza al confine con l'Egitto Palestinesi di Gaza al confine con l'Egitto 

Gaza: aumenti record dei contagi di Covid-19

Le autorità sanitarie temono il peggio a causa dell'alta densità della popolazione e delle difficoltà dovute al blocco. Padre Gabriel Romanelli: "il coronavirus ha reso più grave la situazione umanitaria e la vita ordinaria"

Michele Raviart - Città del Vaticano

Aumento record di contagi da coronavirus nella Striscia di Gaza, con una situazione sanitaria che rischia di finire fuori controllo secondo le autorità mediche e politiche. Nel fine settimana i nuovi casi sono stati oltre 890, il picco più alto dall’inizio della pandemia. In totale i positivi sono stati oltre 15 mila e 70 decessi. Oltre 300 le persone ricoverate in terapia intensiva, con 79 dei 100 ventilatori polmonari già occupati.

Isolamento e sovrappopolazione

Il numero di casi gravi non è altissimo, riferiscono i medici di Gaza, ma a preoccupare sono le condizioni di tutta la Striscia dove la densità della popolazione è altissima e oltre due milioni di persone vivono in poche centinaia di chilometri quadrati. Il ministero della Salute si sta quindi preparando al peggio se la situazione epidemiologica dovesse restare quella attuale. Il numero di terapie intensive è molto limitato e l’approvvigionamento di medicinali è sempre più difficile a causa del blocco israeliano, sostenuto anche dall'Egitto. L’isolamento di Gaza, paradossalmente, aveva protetto l’area dalla prima ondata del virus, ma già ad agosto si erano cominciati a registrare i primi casi fuori dai centri di quarantena, aumentando così la preoccupazione della popolazione e spingendo le autorità ad imporre il coprifuoco.

Sempre più difficile lasciare la Striscia

 “Il coronavirus ha reso più grave la situazione umanitaria e la vita ordinaria”, conferma a Vatican News padre Gabriel Romanelli, parroco a Gaza, “non dimentichiamoci che da oltre dieci anni su Gaza pesa un embargo molto stretto e questo fa sì che quelli che hanno dei permessi e possono andare fuori sono pochissimi, soprattutto chi si dedica al commercio”. Nell’ultimo periodo, poi, le persone che hanno potuto lasciare la Striscia, spiega ancora, “è stato ridotto in maniera drastica”, anche perché a causa della pandemia, “in Israele è anche chiuso l’ufficio che si occupa di concedere visti e permessi”.

Ascolta l'intervista integrale di Alessandro Guarasci a padre Gabriel Romanelli

Il desiderio di una vita normale

In questi giorni è atteso un rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) sulle conseguenze economiche del blocco sulla Striscia di Gaza colpita dal virus, ma è chiaro che la popolazione affronta con fatica questo momento. “Siamo due milioni e duecentomila persone - ribadisce padre Romanelli - e la maggior parte della popolazione è giovane e ha dei desideri e l’ansia di vivere. Hanno lo smartphone e tutti i mezzi per vedere com’è la vita fuori dal muro. Quindi tanti anelano a partire o che almeno a Gaza si possa vivere in maniera normale”.

La speranza di un dialogo

La decisione della scorsa settimana dell’Autorita nazionale palestinese di riprendere i rapporti con Israele dopo l’interruzione di maggio, in questo senso, può essere considerata un primo passo per cercare di riavviare il processo di pace. “È vero che ci sono alcuni indizi che ci possa essere ancora del dialogo ed è un po’ una boccata d’aria, ma questo - sottolinea padre Gabriel - non ha effetti diretti sulla popolazione”. Purtroppo, infatti, “il popolo non ha tutta questa speranza, perché hanno visto tante ingiustizie e ascoltato tanti discorsi aggressivi, non solo quelli che incitano alla violenza, ma quelli che incitano ad un’ingiustizia continua”. Però “niente è impossibile, soprattutto nell’ordine delle cose umane e delle decisioni che, pur essendo dolorose, si devono prendere per raggiungere passi concreti verso la pace”

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25 novembre 2020, 12:00