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Il lavoro delle donne è stato messo in difficoltà dalla pandemia di coronavirus Il lavoro delle donne è stato messo in difficoltà dalla pandemia di coronavirus 

Covid-19: Italia impoverita e con profonde diseguaglianze. Il rapporto Istat

La Relazione annuale 2020 fa emergere la foto di un Paese nel quale la pandemia ha messo a rischio il futuro, condizionando il lavoro soprattutto delle donne, quasi azzerando la natalità, fermo pure l’ascensore sociale. Non mancano aspetti positivi come lo scoprire la ricchezza della famiglia

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Il coronavirus come un terremoto lascia segni profondi e colpisce le persone più vulnerabili tra queste gli anziani. L’85% dei decessi a causa della pandemia riguarda persone over 70, oltre il 56% quelle sopra agli 80. L’Italia, duramente provata, secondo la Relazione annuale 2020 dell’Istat, resta un Paese fragile, con una profonda crisi occupazionale che vede le donne, insieme ai giovani, protagoniste di una precarietà lavorativa, costrette ad un part -time involontario per le difficoltà di conciliare il lavoro e la famiglia: il 42,6% delle donne se con figli da 0 a 5 anni modificano orario o altri aspetti del lavoro per adattarli agli equilibri familiari. Disagi anche per il ricorso ad orari antisociali: più di due milioni e mezzo di occupati, di cui 767mila donne, dichiarano di lavorare di notte; quasi cinque milioni, di cui 2 milioni donne, prestano servizio la domenica; e oltre 3,8 milioni, 1 milione e 600mila donne, sono soggetti a turni.

Timori per i giovani

Un milione di famiglie vive di lavoro irregolare, ulteriore fattore di fragilità. Il 12% delle imprese pensa a tagliare i posti di lavoro anche a causa della difficoltà di reperire liquidità. E' aumentata la quota di chi lavora da casa, coinvolti più di 4 milioni di occupati, per l’Istat lo smartworking, bruscamente accelerato dall'emergenza sanitaria, “ha messo in evidenza le potenzialità di questo strumento, al netto delle criticità legate all'ampio divario digitale che caratterizza il Paese”. Proprio per questo, indietro ci sono i bambini e i ragazzi disagiati dal digital device, l’ascensore sociale – la possibilità di migliorare la propria posizione - per il 26,6% dei nati tra il 1972-1986, è verso il basso, mai cosi rispetto alle generazioni precedenti.

Gli italiani vorrebbero fare figli

La paura e l’incertezza provocate dal coronavirus porteranno entro il 2021 a un calo di 10mila nuovi nati; un rischio di tracollo demografico nonostante il desiderio di fare figli. Il modello ideale di famiglia contempla infatti due figli, per il 46% delle persone, il 21,9% ne indica tre o più. Sono 500 mila quanti tra i 18 e i 49 anni affermano che fare figli non rientra nel proprio progetto di vita. Note positive: la forte coesione sociale nel lockdown, il 62,9% ha sentito i propri parenti. Alta la fiducia verso le istituzioni, in particolare il personale medico e paramedico e la Protezione civile. Il 62,6% della popolazione si è dedicato alla lettura, il 42,8% ha pregato almeno una volta a settimana, il 22,2% tutti i giorni. Per il presidente dell’istituto di statistica, Gian Carlo Blangiardo, gli italiani hanno dimostrato una singolare resilienza e riscoperto valori importanti, mostrando anche la volontà di perseguire un maggiore equilibrio tra sviluppo e tutela dell’ambiente, “perché tutti, durante il lockdown, hanno vissuto la piacevole sensazione di abitare in luoghi meno inquinati e silenziosi”.

Caritas: la pandemia, opportunità per riscoprire il volontariato

Un’Italia che si sta impegnando per ripartire è quella che emerge da un monitoraggio di Caritas Italiana nei mesi della pandemia. L’indagine ha mostrato le fragilità di un Paese che riscopre però la voglia di aiutare. A sottolinearlo è la sociologa Federica De Lauso dell’Ufficio Studi di Caritas. La dottoressa rivela che nel corso dell’emergenza sono state aiutate circa 450mila persone che vivevano una fragilità di tipo economico ed occupazionale. “Ci sono comunque segnali positivi – afferma – soprattutto per chi viveva di lavoro in nero o piccoli lavoretti. Accanto a questo abbiamo registrato le fragilità delle famiglie che non sono state in grado di supportare i ragazzi rispetto alla didattica a distanza o hanno registrato difficoltà legate alla disabilità di un loro parente. C’è stato anche un forte incremento delle violenze, dei maltrattamenti familiari e un incremento dell’indebitamento con il ricorso agli usurai. Presenti poi i problemi legati alla solitudine, un forte incremento è stato registrato dalle nostre Caritas riguardo ai problemi di depressione, di ansia e colpisce anche il fenomeno della rinuncia e del rinvio di cure sanitarie”.

Da soli non si va da nessuna parte

E’ cambiato in questi mesi l’aiuto. La Caritas ha costituito anche dei fondi di solidarietà a supporto di circa 500 attività imprenditoriali. Una rimodulazione dei servizi offerti con l’ascolto al telefono invece che in presenza. “Alcuni – afferma la sociologa De Lauso - hanno predisposto e dei luoghi di ascolto in strada, all'aperto, le Caritas si sono attivate con la fornitura di pasti da asporto e consegna a domicilio. Ci siamo mobilitati per la fornitura di dispositivi di protezione individuale, ne abbiamo forniti circa quattromila, abbiamo sopportato le famiglie per la didattica a distanza, distribuendo tablet e pc, aiutando le famiglie con lo smartworking. Ci stiamo ancora mobilitando rispetto al supporto e l'orientamento per quel che riguarda le misure messe in atto dal governo. Quindi parliamo del reddito d'emergenza, il reddito di cittadinanza, i vari bonus che sono stati messi a disposizione. Sono fiorite tantissime iniziative anche di solidarietà in modo congiunto anche con altri soggetti, c'è stata un'esplosione del volontariato soprattutto quello giovanile. Se vogliamo evidenziare – ha concluso la sociologa - una lezione da questa emergenza è che da soli non si va da nessuna parte”.

Ascolta l'intervista a Federica De Lauso

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03 luglio 2020, 14:38