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La sostenibilità al centro del Recovery Plan La sostenibilità al centro del Recovery Plan 

Ue, per Asvis sì a sostenibilità ed economia green nel Recovery plan

Ambiente, economia e sviluppo: "Finora poco è stato fatto in termini di trasformazione del nostro sistema per renderlo più sostenibile. Servono transizione ecologica, infrastrutture, tutela dei bambini e sviluppo del sud" . La riflessione dell'economista Enrico Giovannini portavoce dell' Alleanza Sviluppo Sostenibile (Asvis)

Alessandro Guarasci - Città del Vaticano

Il Recovery Plan per superare la crisi continua ad essere al centro del confronto tra i leader europei. Il premier italiano Conte alla Camera, oggi, ha detto che “le posizioni degli Stati membri sono ancora distanti su più punti nonostante i progressi degli ultimi mesi". L’Italia presenterà le sue proposte a settembre, proposte che passano anche per gli Stati Generali in corso a Roma. Per l’economista Enrico Giovannini, portavoce dell'Asvis - Alleanza Sviluppo Sostenibile- “ci deve essere spazio per la sostenibilità semplicemente perché il documento della Commissione Europea su questo è chiarissimo". "La sostenibilità - rimarca - è la strategia europea: non solo sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale. Il Recovery Fund va orientato  - aggiunge - per la transizione green, la digitalizzazione, la lotta alle disuguaglianze. E quindi un piano italiano che non sia in linea con questi indirizzi, non verrebbe neanche finanziato”.

Ascolta l'intervista a Enrico Giovannini

Quali  filoni  si  possono  studiare in  questo momento per garantire appunto sostenibilità, rispetto  dei  diritti  e soprattutto  il welfare delle fasce sociali più deboli?

R. - Come Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile abbiamo mostrato che gran parte dei fondi stanziati finora sono andati a proteggere le persone, le imprese. Ma poco è stato fatto in termini di trasformazione del nostro sistema per renderlo più sostenibile da tutti i punti di vista, anche perché questa non sarà l'ultima crisi, purtroppo.

E questo cosa comporta?

R. - Abbiamo quattro filoni principali: la transizione ecologica, questo lo si fa con finanziamenti che magari riorientano anche incentivi che il governo italiano già paga. Ricordiamo i 19 miliardi all'anno di incentivi che il governo dà a imprese e  famiglie, dannosi per l’ambiente, che potrebbero essere riorientati. Secondo: un salto nelle infrastrutture verso il Green New  Deal. Le infrastrutture sono strategiche solo se aiutano la transizione verso questa economia più sostenibile. Terzo elemento, la lotta alle disuguaglianze che si fa in primo luogo sul capitale umano a partire dai più piccoli. La Commissione Europea propone la creazione del 'Child  guarantee', la garanzia bambini cioè un piano straordinario per i bambini da 0-6  anni per evitare che questa crisi li danneggi in modo permanente. Infine, il tema della lotta alle disuguaglianze territoriali: non possiamo tollerare un Sud che è così indietro rispetto alle regioni sviluppate, perché pagherà il prezzo  della crisi ancora più elevato. Quindi abbiamo bisogno di riequilibrare anche il nostro  territorio,  ma soprattutto  di considerare il Sud una grandissima opportunità di sviluppo per tutto il Paese.

Tutto  questo  sicuramente  passa  anche  per  un  forte  impegno  del  settore  industriale,  lei  in  questo  momento  lo  vede  preparato?

R. - I dati dell'Istat pubblicati la scorsa settimana mostrano come quasi  70% delle imprese italiane abbia avviato iniziative a  favore dello sviluppo sostenibile, questo vale soprattutto per le medie e grandi imprese, ma in parte anche per le piccole. Serve estendere l'obbligatorietà della rendicontazione non finanziaria come elemento proprio di accelerazione della cultura d'impresa verso lo sviluppo sostenibile, in coerenza con  quello che sta facendo la finanza internazionale. La finanza sta andando verso imprese che sono sostenibili.

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17 giugno 2020, 13:17