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Libia, un anno fa l'offensiva di Haftar su Tripoli. Nessuno stop anche in pandemia

Sono passati 12 mesi dall'inizio di una fase del conflitto che non conosce fine, neanche dinanzi all'emergenza della pandemia che questa settimana ha fatto registrare la prima vittima nel Paese. Il blocco degli oleodotti voluto da Haftar può aver causato una perdita di quasi 4 miliardi di dollari

Andrea De Angelis - Città del Vaticano

Era il 4 aprile 2019: il generale Haftar lanciava un'offensiva su Tripoli. Da allora legami sociali mutati, popolazione stremata, bombardamenti continui che hanno causato la morte di moltissimi civili. In un anno la Libia ha conosciuto una delle fasi del conflitto più difficili da combattere, ammesso che ne esistano di facile soluzione. Quella che vede le diverse fazioni in un evidente momento di stallo, dove la vittoria militare di Haftar appare decisamente meno probabile rispetto al recente passato, ma Tripoli resta comunque sotto minaccia e proseguono i bombardamenti, così come non muta la devastante situazione delle persone detenute nei campi profughi.

 

La comunità internazionale - vedi embargo e ripetuti appelli al cessate il fuoco - moltiplica le iniziative per porre fine al conflitto, ma di fatto non si vede ancora la luce in fondo al tunnel. La stessa Conferenza di Berlino tenutasi nel novembre del 2019 tutto può essere definita, tranne che un successo (a differenza di quanto auspicato alla vigilia). La resistenza delle milizie di Tripoli, formalmente fedeli al Governo di Accordo Nazionale (GNA) presieduto da Fayez Serraj, hanno comunque impedito ad Haftar di portare avanti l'offensiva finale su Tripoli. Tutto ciò in un momento in cui la pandemia sconvolge gli equilibri planetari ed anche la Libia, appena due giorni fa, ha annunciato il suo primo decesso per coronavirus: come riporta la pagina Facebook del Centro nazionale di lotta alle malattie libico, si tratta di una donna di 85 anni. Il centro sempre questa settimana ha segnalato la rilevazione di una decina di casi di Covid-19 nel Paese, ma si teme che possano essere molti di più.

Il blocco degli oleodotti

Sta sfiorando ormai i quattro miliardi di dollari la perdita economica stimata dalla Compagnia petrolifera libica Noc in seguito alle chiusure di oleodotti e terminal imposte dal generale Khalifa Haftar nella sua campagna per la conquista di Tripoli. La stima di 3,89 miliardi di dollari di perdite accumulatesi dal 17 gennaio ad oggi è stata pubblicata sulla pagina Facebook della Noc, ad un anno dall'offensiva di Haftar. In seguito al blocco, la produzione è scesa da 1,22 milioni a meno di 93 mila barili al giorno, come risulta da una tabella pubblicata della Compagnia petrolifera nazionale.

“Una situazione di stallo. Difficile l'embargo"

“Haftar un anno fa ha voluto ritagliarsi un ruolo importante in Libia, ma ora la situazione è di stallo e la scelta del blocco degli oleodotti rischia di essere una mossa suicida per il Paese”. Lo afferma nell'intervista a VaticanNews Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa, il quale ribadisce come l'effettivo embargo sulle armi in Libia sia di difficile attuazione, sia per motivi geografici che geopolitici. Venendo poi alla pandemia di Covid-19, Ardesi sottolinea come “la situazione del sistema sanitario sia già difficile nel Paese africano”, dunque se i numeri dovessero crescere in modo importante la Libia "sarebbe totalmente impreparata a gestire l'emergenza, visto il collasso legato alla guerra civile che non ha risparmiato di certo le infratrutture, compresi gli ospedali".

Ascolta l'intervista a Luciano Ardesi

La nuova missione europea 

Bruxelles ha fatto partire questo mese, esattamente da mercoledì 1 aprile, una nuova missione navale per le coste libiche. Si chiama Irini, "pace" in greco, e subentra alla missione Sophia. Il compito è di far rispettare l'embargo sulle armi nel Paese africano, una decisione presa dalle Nazioni Unite, ma difficile da concretizzare. Saranno utilizzate non solo navi, ma anche aerei e satelliti per bloccare l'arrivo di armi in Libia ad un anno dall'inizio del conflitto. Un compito arduo, visto che il generale Haftar riceve armi anche via aerea e via terra.

“I campi in Libia sono una vergogna” 

Lo scorso febbraio, alla terza giornata dell'incontro di Bari “Mediterraneo frontiera di pace” promosso dalla Cei, il Presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea, il cardinale Jean-Claude Hollerich, ha lanciato un forte monito. “Noi parliamo di diritti umani ma dimentichiamo tutto subito quando dobbiamo metterci all’opera per aiutare. Dobbiamo invece - ha detto - essere tutti impiegati per la pace, la libertà umana e religiosa”. Una missione che dovrebbe coinvolgere anche l’Unione Europea, come ha ribadito Hollerich: “Vediamo il dramma dei rifugiati, dei campi in Libia e a Lesbo. E questo è una vergogna per l’Europa. Ecco perché servono nuovi corridoi umanitari”. Per l’arcivescovo del Lussemburgo, l’impegno dell’Ue deve essere incisivo: “Le chiese possono utilizzare lo strumento dei corridoi umanitari, ma il mio appello è all’Ue affinché lo supporti. La politica deve allora impegnarsi anche a far sparire le cause dell’emigrazione perché l’uomo ha il diritto di vivere nel proprio Paese”.

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03 aprile 2020, 11:31